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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. IV
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0340

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808

MISCELLANEA

tronio (1494) e dei cori intarsiati delle certose di Pavia
(1492-94) e di Bologna (1539). Agostino fornisce ai
5 di marzo 1468 al prezzo di lire 100 gli stalli del coro;
agli 11 di marzo 1474 « uno candelabro triangulato causa
ponendi ante altare in septimana sancta », cioè un can-
deliere del cero pasquale; e nel 1476 compie la canto-
ria e la cassa dell'organo verso la sacrestia, lavorate
la prima « di mattoni fini, levigati e intagliati», la se-
conda, « di legno intagliato a trafori di stile acuto con
cima in forma d1 archivolto, tutto a dorature e tinta az-
zurra » (numeri 98, 102, 103 e 106).

Rincontriamo pure uno dei più rinomati medagli-
sti del Quattrocento, e questa volta in un lavoro di
architettura: Ai 5 di gennaio 1490 si pagano lire 3 a
« maestro Sperandeo, per sua mercede, quia fecit mo-
dellum sumitatis turris novae dictae ecclesiae (n. 122) ».
La cima del campanile di già finita nei due anni an-
tecedenti, sembra che risultasse non soddisfacente, op-
pure che fosse distrutta da un incendio del quale si ha
notizia confusa nei documenti. Tuttavia è fuori di dub-
bio che fu rifatta secondo il modello dello Sperandio,
ed esiste tuttora.

Finalmente troviamo adoperato nelle sculture del-
l'archivolto della porta di mezzo, lasciata incompiuta
da Iacopo della Quercia, ed i cui lavori non furono
riassunti se non sul principio del Cinquecento, lo scul-
tore Antonio Minello da Padova col suo compagno Anto-
nio da Ostiglia. Mentre quest' ultimo è del tutto scono-
sciuto, del primo si sa che collaborava nel 1503-1506
con Lorenzo Bregno al monumento di Benedetto Pesaro
ai Frari in Yenezia, che fu autore di quello dell'eru-
dito padovano Calfurnio (f 1503), oggi da San Giovanni
Yerdara traslocato nel primo chiostro del Santo in Pa-
dova, e di una delle grandi storie in rilievo nella cap-
pella di San Antonio nella stessa chiesa (compiuto prima
del 1510).

In quanto ai suoi lavori in San Petronio, egli col
suo compagno, ai 15 di maggio 1510 si obbliga di fare
quindici bassorilievi di marmo su proprio disegno per
la porta maggiore, promettendo di- consegnarli tutti en-
tro 1' agosto prossimo (n. 150). Infatti si trovano regi-
strati diversi pagamenti nel corso di quest' anno per
1' opera in discorso, 1' ultimo però non prima del 7 lu-
glio 1516, nella somma di lire 34, « et hoc prò pro-
phetis marmoreis adquae per operibus factis in porta
magna ecclesiae » (numeri 151, 153, 158, 161, 183 e
187). A tale lavoro prese parte anche Amico Aspertini,
il quale scolpì uno dei profeti (n. 165), e fra parecchi
scultori di minor conto per i lavori d' ornato un certo
Paolo Fiorini Griffoni, che viene pagato pel fregio a
fogliami - « prò foiaminibus incissis prò porta magna »
(numeri 164 e 170).

C. de Fabriczy.

Un quadro di Mariotto Albertinelli distrutto. —

Un rubinetto, lasciato per distrazione aperto in una

stanza da bagno, produsse una vera inondazione all'ap-
partamento inferiore abitato dal signor Guglielmo Guer-
rini in Roma. Esisteva in esso un quadro su tavola circo-
lare, rappresentante la Vergine nel mezzo, col Bambino
che le cingeva il collo e la mirava con tenerezza. Il piccolo
san Giovanni additava allo spettatore la scena affettuosa,
mentre due angioli tenevano sollevata la cortina, che
doveva ricoprire il gruppo divino. La cortina è a damasco
verde allucciolato e a fiorami, con il rovescio o la fodera-
tura dorata. Oggi lo stato del quadro non permette però di
godere della nobile composizione del pittore, perchè due
goccioloni caduti sul lungo del volto della Vergine sem-
brano aver bruciato, arso il colore, e i goccioloni sem-
brano essersi raccolti al disotto del volto della Madonna,
e commisti ad altri, e allargati, così che la distruzione
è avvenuta per metà del dipinto, anzi per tutte le parti
più importanti di esso. A mano a mano che l'acqua
batteva a furia 1' antica tavola, la vernice era distrutta,
le velature venivano meno, spariva il colore, e infine
l'acqua arrivava all' imprimitura, allo stucco della tavola,
da cui ha levato i segni primi impressivi dal pittore.
Ma 1' acqua, infiltrando dal soffitto superiore, non poteva
cadere in modo uguale sul dipinto ; e perciò si hanno
parti della tavola in cui l'imprimitura è a nudo, altre
in cui si vedono le traccie del disegno primitivo, altre
col colore senza velature. Il danno però è senza rimedio,
perchè l'arte del restauro non può fare il miracolo di
far risorgere ciò che è del tutto perito ; e la tavola
devesi considerare una larva di un' opera d' arte.

L' opera d'arte era di Mariotto Albertinelli, come
dichiarò il senatore Giovanni Morelli nel libro Die Ga-
lerien Borghese und Boria in Rom (Lepzig, Brockhaus,
1890), e prima di lui Crowe e Cavalcasene nella loro
Geschichte der italienischen Molerei (Leipzig, 1872). Il
primo, a p. 154, classifica fra le opere eseguite da
Mariotto Albertinelli nel periodo 1510-12, in associa-
zione con Fra Bartolomeo da San Marco, e col con-
trassegno della crocetta rossa interposta fra due anelli,
il dipinto esistente nella casa Guerrini-Antinori in Roma;
il secondo nel volume IY (parte II, p. 140) nota pure,
come contraddistinto dal segno della bottega di S. Marco,
un quadro nel palazzo Antinori a San Gaetano in Fi-
renze, e lo descrive così che non cade dubbio sull' iden-
tità di esso con quello ora esistente nella casa Guerrini,
poiché lo descrive come rappresentante la Madonna col
Bambino e San Giovanni, e accenna all'angiolo a sinistra
di altra mano del resto. Invero l'angiolo a sinistra è
modellato debolmente, e non ha la vivacità dell'altro
a destra, purtroppo quasi scomparso, che ripiega all'in-
dietro la sua bella testina in una mossa gentile ed ele-
gante. Crowe e Cavalcasene accennano pure alla gran-
dezza delle figure quasi al naturale, così che la identità
è sicura. E che il quadro appartenga a Mariotto Alber-
tinelli, nel periodo in cui questi era associato a Fra
Bartolomeo, appare evidente dai frammenti della pittura
disfatta, per il roseo colorito, per la forma della A er-
 
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