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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. VI
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Questioni d'arte
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0426

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394 LA DIREZIONE

fuga. Se non si tratterà che di varcare i confini degli ex Stati italiani, non i territoriali d'Italia,
il male sarà poco grave. Ma quando quelli si voglia varcare, converrà impedirlo per qualche
tempo, in modo che il Governo, appena pubblicata la legge, non si trovi nella condizione di non
potere esperire il diritto di prelazione: un bel diritto, quando vi sono mezzi a dovizia; un diritto
che si risolve in vano desiderio quando i mezzi sono scarsi. Ora lo Stato non si può trovare
nel caso di mirare impotente la fuga di opere d'arte, necessarie a noi, nostro vanto, pezzi di
patria. E giuocoforza quindi per questo escogitare misure restrittive, temporanee, ad evitare un
ingorgo alla frontiera di opere d'arte. E tanto più che, oltre le opere d'arte per cui fu divietata
l'esportazione, molte altre aspettano di trovare spianata la via dell'estero da una nuova legge
più liberale delle antiche, ispirata ai principi moderni del diritto di proprietà. Le leggi ancora
veglianti furono dettate da uomini, alla cui autorità non vedevano freno ; le leggi del domani
saranno bandite da chi vorrà che l'interesse privato si subordini all'interesse pubblico. Noi ci
troviamo in una via di mezzo, non autoritari come gli uomini del passato e dell'avvenire, non
forti come un cardinal Doria e un cardinal Pacca, non arditi come un socialista dell'anno duemila.
E poiché noi dobbiamo patteggiare coi privati, patteggiamo cosi da produrre il minor danno pos-
sibile ad essi e il maggior profitto alla cosa pubblica. Alcuno potrà giudicar vani questi sforzi,
perchè le comunicazioni facilitate ci permettono di studiare un'opera d'arte a Monaco, a Berlino,
a Parigi, a Londra, ovunque si trovi, con qualche sacrifizio di tempo e di denaro. Ma, a parte
le ragioni educative di cui abbiamo discorso, ragioni che altamente interessano la produzione
artistica e industriale, dobbiamo tener conto del danno che ne deriva dallo strappare dai luoghi
d'origine le opere d'arte, dal trasportare là ove difficilmente tradizioni, documenti, notizie storiche
possono esservi applicate. Come frondi portate via dal vento, che non recano con se ricordo dei
rami e del tronco ove ondoleggiavano, e perdono del loro verde e della loro freschezza, così
quelle opere d'arte perdono del loro valore scientifico, a viva forza separate dal campo della
storia patria, nomadi pel mondo.

Lina terza classe di oggetti d'arte di proprietà privata si è quella di immobili per destina-
zione esposti alla pubblica vista, che possono diventar mobili quandochessia : bassorilievi, infìssi
ad edifici; .ornamenti di palazzi, portali, fregi, ecc.; tabernacoli, campanelle di bronzo, statue
e busti entro nicchie : tutto ciò che dà un aspetto decoroso alle vie delle nostre città, che segna
una delle loro caratteristiche. Il Ministero della pubblica istruzione, valendosi delle provvide leggi
Leopoldine in Toscana, stiracchiando l'editto Pacca per le provincie romane, ricorrendo finanche
alle disposizioni consolari, tribunizie e edilizie romane, per le provincie ove non è alcuna mo-
derna disposizione speciale di legge, è riuscito spesso a impedire la remozione e la conseguente
esportazione di quelle opere d'arte. Ora la promessa nuova legge sanzionerà il principio che
quelle debbano considerarsi dedicate ad patriam, non removersi senza necessità riconosciute, rima-
nere a decoro e a lustro cittadino ? Se non vogliamo che le case d'Italia diventino caserme imbian-
cate, semplici alveari umani, dobbiamo invocare quella sanzione. Se riteniamo che quelle opere
d'arte, quegli ornamenti esteriori di pubblici edifici, servano a formare il gusto, più che ogni
sistema di pedagogia artistica, e concorrano a tener vive le nostre tradizioni, a distinguere l'Italia
artistica dalle altre nazioni d'Europa, noi dobbiamo opporci alla furia di smantellare le facciate
dei pubblici edifici e porre un freno alla barbarie dei demolitori. Che importerà a noi di avere
Musei anche organizzati a dovere, di vedere in essi i frammenti di edifici rifatti o distrutti, quando
i maggiori e i più completi esempi dell'arte del nostro passato venissero meno ? Come entrando
in un Museo di paleontologia osserviamo con semplice curiosità i resti fossili di età primitive,
così guarderemo quasi indifferenti alle traccie di epoche che non lasciano la loro impronta più
in mezzo alla nostra vita. Non sapremo più spiegarcene bene la loro natura, non ne intenderemo
il significato, non ne sentiremo gli effetti.

I n'altra classe di oggetti d'arte privati si ò quella che difficilmente si presta a una tutela
per parte del Governo, e riguarda le opere d'arte infisse entro edifìci di monumentale impor-
 
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