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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. VI
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Questioni d'arte
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0428

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396

per vigilare che non avvengano scambi del diritto di patronato con quello di proprietà, per far
sì che qualunque cosa destinata ad uso pubblico vi resti, perchè le intenzioni degli avi pietosi
sieno rispettate, occorre che il Governo sollecitamente conduca a fine l'opera del 'catalogo, la
statistica dell'arte italiana. E intanto vieti, assolutamente vieti, a chiese e ad Opere pie, di
disperdere la nobile parte del loro patrimonio, di alienare cosa alcuna senza sua licenza.

L'ultima classe di oggetti d'arte si è quella appartenente alle Gallerie, ai Musei, alle Biblio-
teche fidecommissarie romane, su cui grava una servitù pubblica, secolare per alcune di esse.
L'on. Martini nel suo « comprate o lasciate- vendere » non si cura dei diritti del pubblico. Quali
sieno essi lo studieremo in seguito, esponendo o discutendo le opinioni di altri che hanno trat-
tato anche più specialmente il problema. E intanto, riassumendo quanto si è detto sin qui, ci
sembra d' uopo :

1° che siano determinati quali fra gli oggetti delle collezioni e delle case private possono
tornare utili per l'incremento dei nostri Musei; e a quegli oggetti rivolgere la maggiore atten-
zione, e dedicare, prima tutti i mezzi di cui il Ministero della pubblica istruzione potrà disporre,
poi tenere pronti quelli che saranno giudicati necessari alla conquista dell'ultimo palmo di quella
proprietà privata;

2° che sia, nel caso di una nuova legge per l'arte, tenuta in sospeso l'affrancazione degli
oggetti vincolati a norma dell'editto Pacca o degli altri editti veglianti sin qui, per un periodo
tale che dia modo al Governo di esperire il suo diritto di prelazione;

3° che sia impedito la remozione di opere d'arte infisse in edifici, alla pubblica vista,
sì per conservare preziosi ricordi della storia patria, come per serbare dell' Italia artistica le carat-
teristiche che la rendono visitata e cara;

4° che sia impedito, quando non ostino ragioni di conservazione, il distacco di opere d'arte
infìsse entro a edifici di monumentale importanza e loro parte integrante ;

5° che sia impedita rigorosamente la vendita di opere d'arte a qualsiasi ente morale, senza
l'approvazione del Ministero della pubblica istruzione ;

6° che si tutelino dal Governo i diritti del pubblico sulle gallerie fidecommissarie romane.

Questo può essere un piano di attuazione possibile, forse il solo, se il Ministero dell'istru-
zione pubblica non trova modo di ottenere straordinari fondi dal Parlamento, per mandare ad
esecuzione altri piani più formidabili. Coi mezzi, di cui si può o potrà disporre, provenienti dai
redditi delle Gallerie e dei Musei, da tasse di esportazione, ecc., non si può che procedere per
la via determinata, accorrere là ove il pericolo è maggiore, ove non sono dighe sicure; poi, a
suo tempo, si penserà al resto. Se gli enti morali potessero vendere opere d'arte di loro arbi-
trio, le più ingenti somme non basterebbero a salvarle dalla dispersione. E se si avessero ad
acquistare le Gallerie romane, resterebbe ipotecata la vita delle Gallerie e dei Musei nazionali
(semprechò non si redimessero con mezzi particolari) per un lungo avvenire.

La Direzione.
 
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