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Archivio storico dell'arte — 5.1892

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Fasc. III
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Gnoli, Domenico: La cancelleria ed altri palazzi di Roma attribuiti a Bramante
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https://doi.org/10.11588/diglit.18091#0212
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LA CANCELLERIA ED ALTRI PALAZZI DI ROMA

ATTRIBUITI A BRAMANTE

[.

HA i palazzi di Roma, tre sugli altri primeggiano, non tanto
per mole e sontuosità, quanto perchè espressione di tre di-
versi stadi dell'arte: quelli di San Marco o di Venezia, del
cardinal Riario, oggi della Cancelleria, e il Farnese. Il
primo e I' ultimo incominciati da due cardinali che li conti-
nuarono con più magnificenza e li ampliarono dopo esser
divenuti papi; il secondo costruito da un cardinale che
giunse più volte ai gradini del Papato senza potervi mai
salir su, ma che fu nipote di due pontefici. In essi si com-
pendia, per così dire, la storia del palazzo romano ; dal
primo che, munito ancora di merli e nella sua severità
sospettosa, rappresenta il castello medievale che tenta e
non osa ancora tramutarsi nel palazzo del Rinascimento,
al terzo che pone definitivamente il tipo del palazzo romano, come la nuova basilica Vaticana
fissava quello della chiesa. Tutti i palazzi posteriori, salvo qualche novità capricciosa, sono imi-
tazioni e varianti di quello. In mezzo fra i due sta il palazzo del cardinal Riario, il tentativo
di una forma timida ed elegante che si svolge per qualche tempo e poi cessa, come una famiglia
che alle prime generazioni si estingua.

E noto che alla famiglia Della Rovere, da Sisto IV a Giulio II, Roma va principalmente
debitrice del suo rinnovamento edilizio, non solo per le fabbriche fatte erigere da' due pontefici
e da' loro nipoti, ma anche per aver coll'esempio suscitato una gara edifìcatrice in tutta la Curia.
Quest'opera di rinnovamento doveva giungere all'apice e aver compimento dal genio di Giulio II,
che, sempre grande e smisurato nei suoi concetti, ebbe la fortuna di trovare in Bramante, Mi-
chelangelo e Raffaello interpreti ed esecutori degni di lui. Nelle tre forme principali che pigliava
in quell'età il monumento, cioè la chiesa, il palazzo e il sepolcro, egli ebbe in animo di dare
a Roma la più grande e magnifica delle chiese in San Pietro ; ridurre il Vaticano la più splen-
dida delle reggie, colle pitture delle sale, colle loggie, colla corte di Belvedere; fabbricare dai
fondamenti nella via del suo nome, in via Giulia, il maggiore dei palazzi dove riunire tutti gli
uffici governativi, e finalmente erigere a sè stesso un mausoleo che non avesse pari al mondo.
Se la morte non avesse troncato la vita di quel vecchio iroso prima ch'egli potesse compiere
l'opera sua, egli avrebbe, per così dire, piantato le colonne d'Ercole in tutte le vie della gran-
dezza e della magnificenza, e impresso alla città eterna il suo stampo tanto che si sarebbe po-
tuto chiamarla la città di Giulio IL Disgraziatamente egli lasciò tutto incompiuto; e il palazzo
 
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