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Archivio storico dell'arte — 7.1894

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Fasc. III
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Ffoulkes, Constance Jocelyn: Le esposizioni d'arte Italiana a Londra, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.19206#0216

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174

COSTANZA JOCELYN FEOULKES

getto di poca attrattiva per l'arte pittorica. Secondo la leggenda, il prefetto romano tentò
di martirizzarla in una caldaia d'acqua bollente, ma la santa rimase affatto incolume; il
secondo martirio invece, quando fu condannata ad essere decapitata, era un motivo da
prestarsi a esser trattato di maniera del tutto poetica, e di fatto è incantevole oltre ogni
dire raffresco dove il Luini, con la sua consueta grazia e soavità, ha raffigurato quella
scena nella chiesa di San Maurizio in Milano.

Qui non dobbiamo tralasciare di far menzione d'un quadro dell' altra esposizione a
Burlington House, attribuito al principe degli artisti della Romagna, cioè a Melozzo da
Forlì, benché nello stato deplorevole nel quale trovasi ora il quadro è impossibile ravvi-
sarvi con certezza la sua mano. Vi sono effigiati il duca Federigo da Urbino col figlio
Guidobaldo, seduto a sentire con altre persone la spiegazione di un professore in cattedra.
E spesso indicato come appartenente a una serie di dipinti, già nel castello di Urbino,
ma da anni dispersi, due dei medesimi essendo stati conservati nella Galleria di Berlino
e due in quella di Londra. Però un distinto conoscitore italiano osserva nel suo dotto libro
" Arte italiana del Rinascimento „ (pag. 293, n. 1), che " non ha nulla a che fare con la
riferita serie nè pel soggetto uè per la forma. „ Non deve recar meraviglia lo stato mise-
rando del quadro se ricordiamo che durante molti anni fu esposto alle intemperie nel cor-
tile di una casa in Italia. Nel 1845 il biografo dei duchi d'Urbino, Mr. Dennistoun, lo
vide presso certo signor Tivoli, maestro di lingue a Firenze, il quale poi lo portò in
Inghilterra e lo vendette al principe consorte Alberto ; ora si trova in possesso di
S. M. la Regina a Windsor. Potrebbe darsi che il professore in cattedra rappresenti il
rinomato letterato di Padova, Lodovico d'Odasio, che fu il precettore del principe Guido-
baldo ; nel ritratto di quest'ultimo possiamo ravvisare le stesse fattezze d'un ritratto nella
Galleria Colonna di Roma, tenuto anche dal senatore Morelli per l'effigie di Guidobaldo,
di mano di Melozzo. Nell'esemplare di Burlington House il giovane principe pare dell'ap-
prossimativa età di otto anni, e l'esecuzione del quadro sarebbe dunque da attribuire al-
l'anno 1480, cioè a due anni prima della morte del padre, Federigo.

Nella scuola umbra viene annoverato anche Girolamo Genga, da Urbino, benché nelle
sue tendenze artistiche tenga più della maniera dei Toscani, se non altro per la sua sensi-
bile dipendenza dal cortonese Luca Signorelli. La piccola Sacra Famiglia (n. 220), a lui
attribuita, pare piuttosto, come già ebbe ad accennare un critico inglese, della scuola della
Romagna : a giudicare dal disegno e dai tipi sarebbe da collocare fra le opere dei pittori
di Cotignola. Quale buon' opera di Genga è invece da ritenere un' altra Sacra Famiglia,
di composizione quasi raffaellesca, appartenente al duca di Westminster, e falsamente
ascritta a Fra Bartolomeo (n. 229) ed il n. 125, proprietà di lord Leicester. Quest'ultimo,
attribuito, come si è già accennato, al Ghirlandaio, rappresenta la Madonna col Bambino
ritto sopra un parapetto, ed ai lati san Francesco e una santa con una croce in mano ;
nel pittoresco ed arioso paesaggio si vede la Fuga in Egitto ; sul parapetto poi il pittore
ha rappresentato in monocromato diversi episodi, tolti dalle storie dell'antico e del nuovo
Testamento.

In queste figure largamente pensate, e soprattutto in quei rilievi a chiaroscuro si
scorge 1' influenza di Luca Signorelli, del quale consta che il Genga fosse scolare e anche
garzone.

Il Perugino non ci si affaccia qui se non in modo assai debole; il Pinturicchio pure
non è rappresentato, le Madonne che si attribuiscono a lui essendo opere di bottega; il
n. 115 è però una composizione attraente per grazia e soavità di espressione. Il fiacco
quadro colla Pietà, che si attribuisce a quell'avvenente pittore che fu il primo maestro di
Raffaello, Timoteo Viti, non è certamente opera sua, ma appartiene a qualche pittore di
poco talento uscito dalla scuola di Lorenzo Costa.

Di mano di Matteo Balducci paiono le due interessanti e spiritose tavole " Le nozze
di Piritoo ed Ippodamia „ (n. 91) e " Un combattimento fra Centauri e Lapiti „ (n. 97),
 
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