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CAPITOLO II. 0

DELLA SCULTURA

vel secondo periodo della noslra scultura d’ allro non ei ò fallo parlare se non del modo
con cui fuvvi esercitala prima che Giulio Romano, Francesco Primalicio e Giovanni Battista Scul-
tori riproducessero gli eroici concetti imitanti le statue Greche e Romane, quelle convenzioni ma-
nierate e quel classicismo imparati dai monumenli erelti assai prima che fosse abbracciata la
religione Crisliana.

Dal poco rimastoci apparisce, e forse più chiaramente di quauto si è vedulo nella pittura la
influenza esercitalavi da AndreaMantegna. Perlocchè come altrove abbiamo scrilto (1) ora ripetiamo
essere stata mancanza degli annotatorial Vasari(2) di non parlare della maniera c.on cui ebbe Andrea
ad operare in scultura (il quale da loro stessi si disse aver trattata la plastica), ed ancora piu di non
aver ricercalo quale polesse essere la influenza esercitatavi dallo stesso Mantegna. Pcrchè se anche
avessero giudicato di nessun conlo ciò che scrisse Gaetano Giordani (3) e quanto noi concordemente
con lui (4), pure dovevano esserc indotti a sospetto che Andrea fosse stato abilissimo nel lavorare di
scultura da quanto scrissero Giulio Cesare Scaligcro (5) e Giovanni Battista Spagnuoli. Sia pure che
lo Spagnuoli peccasse di sfrontatezza dicendo il Mantegna nel trattare il marmo emulatore di Li-
sìppo, di Fidia, di Policleto (6), non perciòera naturale checostui dotto e sapiente, amico e, come
vogliono alcuni, perfino discepolo al Mantegna, potesse allribuire lodi tanto magnifiche a chi fosse
stalo scultore imperito. Del resto ai tempi di cui ragioniamo gli arlefici furono soliti ad applicarsi
eontemporaneamente ai varii rami delfarti; e coloro che riuscivano più valorosi nei diversi esercizii
erano prescelti dai principi a dirigere i negozii dell’arti, attribuendo loro tali poteri, pei quali tutti
gli arlisti dovevano essere soggelti alla loro volontà. Questo largo potere concesso ai capi-scuola
esercitò anziuna viziala influenza sugli artefici loro soggelti, per cui nelle opcrc di questi appa-
riscono quasi sempre le impronle di timida imitazione e di pedantesca scolastica servilità.

Scrisse già ilCicognara (7) che in qualche basso-rilievo operato da un incognito perla chiesa
di San Protasio in Yenezia: » alcune delle più grandi fra le figure ricordano i modi di Mantegna
nell’ alto che 1’ esecuzione dello scalpello richiamano alla mente la scuola di Donatello » ; ed egual-
mente parlando di Andrea Riccio daPadovanotò che: » a molta ragione può tenersi per il Lisippo
» dei bronzi Veneziani, e che ove non prese direttamente di mira l’antico si modellò sul fare del
Mantegna. » Queste osservazioni di storico conscienzioso e sapiente, e più ancora le stesse opere

(1) — Si vegga nella Gazzetta di Manlova ai numeri 21, 23, 27, 37 e 38 dell’anno 1855.

(2) — Nell’opera citata.

(3) — Cenni intorno a dodici medaglie operate da Sperandio Mantovano. Bologna. 1841.

(4) — Nella Gazzetta di Mantova, al numero 21 dell’anno 1842.

(5) — Epitaph. Andrece Mantegnce pictoris et plaslce. Lugduni. 1696.

(6) — Così gli stessi annotatori al Vasari.

(7) — Op. cit. Tomo VII, a pag, 116,
 
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