104
CAPITOLO n.°
DELLA VITA E DELLE OPERE DI PAOLO POZZO
Carlo e Marta ambidue della famiglia Dal Dozzo, originati da Puria in Isvizzera, furono i
genitori di Paolo, il quale nacque in Verona all’otto di marzo del 1741. Ancora giovinetto mostrò
egli forte e svegliato ingegno, e mise tanto amore allo studio che a questo si dedicò interamente
avendolo per unica e gradita occupazione. In patria quindi apprese dai Padri Somaschi i rudi-
menti delle lettere umane; da Stefano Mariotti le lingue greca e latina; e da Francesco Ventretti
e da Giuseppe Torelli le severe e diffìcili scienze del calcolo. Di tali studii tanto bene approfittò
onde il Volta (1) scrisse che: » a dieciotto anni egli era già pratico non solamente delle due lin-
» gue greca e latina, ma ancora de’ principii della fisica e della matematica. » Quasi poi a solle-
vare l’ animo da occupazioni si gravi Paolo si diede a disegnare d’architettura coi precetti di
Adriano Cristofolri, non tralasciando ad un tempo di leggere i migliori autori che hanno scritto in•
torno al hello di quest’ arte liberale. (2) Pérlocchè noi riguardando alla natura degli studii ed al-
l’ordine con cui Paolo li ebbe percorsi, questi fin sulle prime appajono bene accomodati alla riu-
scita di buon architetto. Infatti coltivato l’ingegno per le lettere umane e fdosofiche, intese dip-
poi pei migliori dettati intorno alle regole architettoniche di farsi capace di trascegliere il bello ed
il buono ; ed infine imparò dalle scienze del calcolo quelle leggi che sole insegnano a procurare
vera solidità ed economia nel fabbricare. Ma tutte queste cose se potevano valere a mezzi utilis-
simi e ad aiuti indispensabili per formare un artefice, ne erano impotenti per sè quando non fos-
sero sussidiati dalla scintilla del genio, per la quale solo s’infonde vita alle opere e spirito aìla
parola. Nè tutte queste doti mancarono al Pozzo, il quale, per forza d’ingegno, poichè conobbc
che l’architettura era insozzata da ogni maniera di strani capricci ne studiò le cagioni che vizian-
dola avevano condotta l’arte sì al basso, e di animo indipendente e di generosi pensieri ebbe
forza di commettersi arditamente a combaltere gli errori ed a tentare colla voce e cogli esempii
di introdurre in Italia un gusto migliore. A tanto alta intrapresa gli valsero di sprone e di aiuto
due uomini illustri, allora viventi in Verona, i quali devono perciò essere qui ricordati.
II primo fu Alessandro Pompei nobile ed agiato signore, quegli che, come scrisse il Mi-
lizia (3), rispose a chi lui consigliava godere i beni donatigli dalla fortuna e non più : Perchè sono
nobile e ricco devo dunque marcire nell’ozio.ì Quindi datosi a tutt’uomo allo studio dell’arte ebbe
mente e cuore di opporsi ai delirii del secolo e ne diede prova al 1735 nel libro che scrisse in-
torno; Ai cinque ordini dett’architettura civile di Michele Sanmicheli; del quale uno de’suoi non
(1) — Àbbiamo tolte queste parole dall’Elogio d* Paolo Pozzo che non fu mai pubbìicato, ed altre ne trascriveremo
in seguito quando ce ne venga opportunità.
(2) — Così leggiamo in alcune memorie manoscritte del Pozzo, dalle quali ci cadrà di trarre altre notizie di lui
che noi riferiremo mano mano in questo capitolo.
(3) — Op. cit. al Tom. II, a pag. 282.
CAPITOLO n.°
DELLA VITA E DELLE OPERE DI PAOLO POZZO
Carlo e Marta ambidue della famiglia Dal Dozzo, originati da Puria in Isvizzera, furono i
genitori di Paolo, il quale nacque in Verona all’otto di marzo del 1741. Ancora giovinetto mostrò
egli forte e svegliato ingegno, e mise tanto amore allo studio che a questo si dedicò interamente
avendolo per unica e gradita occupazione. In patria quindi apprese dai Padri Somaschi i rudi-
menti delle lettere umane; da Stefano Mariotti le lingue greca e latina; e da Francesco Ventretti
e da Giuseppe Torelli le severe e diffìcili scienze del calcolo. Di tali studii tanto bene approfittò
onde il Volta (1) scrisse che: » a dieciotto anni egli era già pratico non solamente delle due lin-
» gue greca e latina, ma ancora de’ principii della fisica e della matematica. » Quasi poi a solle-
vare l’ animo da occupazioni si gravi Paolo si diede a disegnare d’architettura coi precetti di
Adriano Cristofolri, non tralasciando ad un tempo di leggere i migliori autori che hanno scritto in•
torno al hello di quest’ arte liberale. (2) Pérlocchè noi riguardando alla natura degli studii ed al-
l’ordine con cui Paolo li ebbe percorsi, questi fin sulle prime appajono bene accomodati alla riu-
scita di buon architetto. Infatti coltivato l’ingegno per le lettere umane e fdosofiche, intese dip-
poi pei migliori dettati intorno alle regole architettoniche di farsi capace di trascegliere il bello ed
il buono ; ed infine imparò dalle scienze del calcolo quelle leggi che sole insegnano a procurare
vera solidità ed economia nel fabbricare. Ma tutte queste cose se potevano valere a mezzi utilis-
simi e ad aiuti indispensabili per formare un artefice, ne erano impotenti per sè quando non fos-
sero sussidiati dalla scintilla del genio, per la quale solo s’infonde vita alle opere e spirito aìla
parola. Nè tutte queste doti mancarono al Pozzo, il quale, per forza d’ingegno, poichè conobbc
che l’architettura era insozzata da ogni maniera di strani capricci ne studiò le cagioni che vizian-
dola avevano condotta l’arte sì al basso, e di animo indipendente e di generosi pensieri ebbe
forza di commettersi arditamente a combaltere gli errori ed a tentare colla voce e cogli esempii
di introdurre in Italia un gusto migliore. A tanto alta intrapresa gli valsero di sprone e di aiuto
due uomini illustri, allora viventi in Verona, i quali devono perciò essere qui ricordati.
II primo fu Alessandro Pompei nobile ed agiato signore, quegli che, come scrisse il Mi-
lizia (3), rispose a chi lui consigliava godere i beni donatigli dalla fortuna e non più : Perchè sono
nobile e ricco devo dunque marcire nell’ozio.ì Quindi datosi a tutt’uomo allo studio dell’arte ebbe
mente e cuore di opporsi ai delirii del secolo e ne diede prova al 1735 nel libro che scrisse in-
torno; Ai cinque ordini dett’architettura civile di Michele Sanmicheli; del quale uno de’suoi non
(1) — Àbbiamo tolte queste parole dall’Elogio d* Paolo Pozzo che non fu mai pubbìicato, ed altre ne trascriveremo
in seguito quando ce ne venga opportunità.
(2) — Così leggiamo in alcune memorie manoscritte del Pozzo, dalle quali ci cadrà di trarre altre notizie di lui
che noi riferiremo mano mano in questo capitolo.
(3) — Op. cit. al Tom. II, a pag. 282.