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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 3.1900

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Fasc. 10-12
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24145#0449

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MISCELLANEA

SPIGOLATURE.

Le pitture della cupola "di San Vitale in Ra-
venna. — Chi si fidasse, ad occhi ciechi, di certi libri
recenti e di certe oleografie od acquerelli, non solo
crederebbe che un giorno la cupola e i nicchioni della
chiesa di San Vitale in Ravenna fossero stati coperti
di musaico, ma conoscerebbe pure ciò che vi si ve-
deva; perchè, mentre i fantasiosi pittori v'hanno nelle
loro riproduzioni dipinti segni e figure d'ogni genere,
gli scrittori non sempre si sono limitati, come il Tar-
lazzi,1 a dirla semplicemente « in origine messa a mu-
saico », ma talora hanno pensato che vi fossero espresse
« una gran croce gemmata in cielo stellato e sotto, in
un'ampia zona, le figure degli apostoli e di altri santi.
Probabilmente anche i sette nicchioni fregiavansi nei
catini di monogrammi e di altre analoghe decorazioni
musive su fondo d'oro ».2

Ma questa opinione, anzi questa certezza è antica?
è soccorsa da notizie autentiche indiscutibili? o non è
piuttosto una delle solite facili asserzioni, cui si sono
abbandonati storici ed archeologi di facile contentatura?

Vediamo un poco.

Essi s'attaccano a due passi di scrittori cinquecen-
tisti. L'uno dice: « La cupida... già era celata di finis-
sime pietre et minute, e vogliam dire alla mosaica,
insieme con le volte che intorno vi sono».5 Ma ve-
dremo come queste parole di Leandro Alberti, bolo-
gnese, siano perfettamente contrarie alla tesi da loro
sostenuta. L'altro passo, cui si attribuisce grande va-
lore, è di Giovanni Ferretti, che, nel 1525 circa, dettò
una descrizione di San Vitale: « Recedunt tamen qttam
longissime ab oculis in ipsa testudinis convexura, grae-
canìci operis vetustissimae imagines, moesta quadam ve-
nerabìlìque praesentia horrorem cum religione mixtum
spectantium animis incuti ente s ì> . « Figure antichissime

1 Memorie sacre di Ravenna. Ravenna, 1852, pag. 440.

2 Filippo Lanciani, Cenni intorno ai monumenti di Ravenna.
Ravenna, 1871, pag. 18. — Cfr. anche la Guida breve per Ravenna
antica e moderna. Ravenna, 1888, pag. 75.

5 Lhandro Alberti, Descrittione di tutta Italia. Venezia, 1596,
c. 302 v.

— è da tradursi — di stile greco compaiono alla mas-
sima distanza nella curva della volta, le quali, con
severa e veneranda maestà, incutono negli animi de' ri-
guardanti orrore misto a sacra riverenza».1

Ora si vuol vedere in ciò allusione a musaici,2 men-
tre queir'opus graecanicum null'altro significa che « fat-
tura od artificio greco», e può attribuirsi a musaici
come a pitture. Infatti le pitture della decadenza bi-
zantina o romaniche, sino a Cimabue, sono state sem-
pre chiamate, e si chiamano da molti ancora, greche

0 greco-bizantine, e nessuno, per quanto riguarda la
maniera, le ha storicamente divise dai musaici.

Il Ferretti adopera pure la frase generica opus bar-
baricum, alludendo del pari allo stile ; mentre quando
si voleva assolutamente specificare il musaico, e dal-
l'Agnello (secolo ix) e dallo Spreti (secolo xv) e dal
Ferretti stesso (secolo xvi) e da cento altri, si usavano
le frasi opere vermiculato, opere tessellato e simili.3

Le grandi figure, non liete e luminose come quelle
dell'abside, ma quasi tristi e paurose, erano senza
dubbio fosche imagini di santi, lassù dipinte fra il mille
e il secolo xiv, quando in Ravenna s'ebbe un certo
risveglio di vita e d'arte, come provano i musaici del
Duomo operati nel 1112 e distrutti nel secolo scorso,

1 musaici pavimentali di San Giovanni Evangelista fatti
nel 1213, le pitture di Santa Maria in Porto Fuori com-
messe con un rogito del 1246,4 e finalmente (ciò eh'è
di grande importanza nel caso nostro) le pitture greco-

1 De constructione aedis Divi Vitalis in civitate Raveunae, ms.
nella Bibl. naz. di Parigi, n. 5916, e nella Vaticana, n. 5S36.

2 D. P. S., Piccola Guida ai principali monumenti di Ravenna.
Ravenna, 1899, pag. 20.

3 Nel brano citato, il Ferretti sembra proprio che contrapponga
le pitture della volta alla descritta incrostazione marmorea. Dopo
aver detto che tutto il tempio è come rivestito di marmo, fa una
eccezione per la cupola: Recedimi tamen, ecc., come se appunto
volesse mostrare che essa non è incrostata di marmi o di musaico,
come il resto.

4 C. Ricci, La pittura romanica n eli' Emilia, in Atti e meni, della
Deputazione di storia patria per le Provincie di Romagna, serie III,
voi. IV. Bologna, 18S5-86, pag. 42-43.
 
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