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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 4.1901

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Fasc. 6
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Calzini, Egidio: La galleria annessa all' Istituto di belle arti di Urbino
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https://doi.org/10.11588/diglit.24146#0446
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386

EGIDIO CALZINI

Dell’artista la galleria possiede principalmente una tela che è tra le cose più belle della
collezione (fig. 20).

La scena si svolge all’aperto ; all’ombra d’alcune piante e sotto un rosso drappo vaga-
mente disposto a guisa di baldacchino sta la Vergine seduta, china sul Bimbo leggiadro
che tiene sulle ginocchia. Gesù guarda in dolce atto il libriccino che la Madre gli presenta
aperto, indicando con la manina un segno eh’ egli sembra intendere. Alla destra di lei il
giovine apostolo Simone, nella maschia sua bellezza agile e forte come un guerriero, si
appoggia ad un’alabarda — e ricorda nell’attitudine alcune figure del Correggio — in atto
di inginocchiarsi guardando avanti a sè. Dall’altra parte è San Taddeo : il capo venerando
volto a destra, contempla il Bambino Gesù e sorride nell’estasi d’amore. Librasi in alto un
angelo che incorona la Vergine. In basso, a destra, due ritratti; quelli degli ordinatori del
quadro: l’uno indica all’altro la visione gaudiosa.

Il quadro brevemente descritto è un capolavoro d’armonia e di pace, la più amabile opera
del nostro artista fra le numerose pitture di lui rimaste in Urbino e, forse, non inUrbino soltanto.

oscuro, di penna, nudi, vestiti, putti, donne, animali,
et altre assai, che sarebbe lungo a raccontarlo, il tutto
di mano di Rafaello ». Ancora: « Dissegni a mano
del Sor Barocci saranno da cento, fra questi ve ne sono
da dieci finiti che si possono mandar in stampa, altri
de l’opre fatte, e molti ritratti da Rafaello, et altri
valenthuomini fatti quando era giovane... acquar elle
ritratti dal naturale da vinti in circa ; altri paesi disse-
gnali di chiaro oscuro, di acquarella, di lapis tutti visti
dal vero, circa cento... ».

Del pregio e del valore di detti pastelli e disegni
non è mestieri dire qui, per chi sa quale fine osser-
vatore del vero fu il Barocci e con quanta grazia e
sicurezza ei lavorasse di chiaroscuro.

Nel 1560 il nostro artista si recò di nuovo in Roma,
ove lavorò in Vaticano con Federico Zuccari ed ove
ebbe la sventura di contrarre una malattia che lo tra-
vagliò per tutta la vita. Consigliato dai medici, il Ba-
rocci dovè far ritorno in Urbino, dove visse circa
quattro anni senza poter toccare i pennelli. Solo verso
il 1565 il male cominciò a dargli tregua e potè da
allora in poi dedicare un paio d’ore del giorno all’arte
prediletta. « Sentendosi però alquanto meglio, nota
il Bellori, fece un quadro con la Vergine, e ’l figlio
Gesù, che benedice San Giovanni fanciullo, e lo diede
in voto alli Padri Cappuccini di Crocicchio due miglia
fuori d’ Urbino, là dove egli soleva trattenersi in un
suo podere ; e ’l quadro ora per la partenza de’ frati,
si conserva nel Convento poco fuori di città. Era il
Barocci continuamente perturbato dal male, che lo
lasciava appena due ore del giorno all’applicazione
dell’arte. Con questo ristoro, dipinse il quadro per la
chiesa di San Francesco d’Urbino, la Vergine col
Bambino in braccio coronata dall’Angelo, da un lato
San Taddeo, dall’altro San Simone, ed a piedi li Pa-
droni della Cappella ». Peccato che la debole fotografia
della tela, qui riprodotta, non valga a darci un’ idea
chiara dell’opera magistrale.

Terminato l’insigne lavoro, esposto al culto verso

il 1566, il nome del giovane maestro corse glorioso
alla patria di Raffaello e nelle città vicine; alcuni si-
gnori di Perugia, capitati in Urbino con un pittore
in loro compagnia, tanto s’invaghirono dell’arte del
Barocci che vennero nella risoluzione di condurre seco
il nostro artista, il quale infatti, verso il 1568, si recò
a Perugia, dove stette alcuni anni, dipingendovi, tra
altro, la celebre Deposizione dalla Croce per la cat-
tedrale di San Lorenzo : la pittura che rese celebre
in que’ giorni il nome del Barocci, tenuto fra i più
grandi pittori del tempo.

Verso il 1574 incominciò il Barocci in Urbino il
quadro con la glorificazione del Perdono d’Assisi ; la
grandiosa composizione che si ammira sull'aitar mag-
giore della chiesa de’ Francescani.

Travagliato dal male, che non gli permetteva di
occuparsi che solo per qualche ora del giorno, il mae-
stro vi lavorò sette anni ; ma tanto infine si compiacque
della propria opera che volle lasciare della sua nobile
fatica una stampa all’acquafòrte, da lui stesso pubbli-
cata nel 1581.

Di questa mirabile tela possiede la galleria un
grande bozzetto a colori finamente condotto e che ben
può dirsi anch’esso un’opera d’arte. Poco lungi da
quello si ammira un bellissimo abbozzo della Depo-
sizione di Cristo, eseguita .per la Confraternita di Santa
Croce di Sinigaglia subito dopo la grande pala d’al-
tare pei Francescani di Urbino.

La bella tela della galleria, [rosta troppo in alto
per goderne i pregi singolari, la macchia del colore,
larga e senza ritocchi, la movenza delle figuie impron-
tate magistralmente, ha tutto il sapore e l'attrattiva
di un’opera superiore del maestro. Tecnicamente è
un abbozzo delizioso. Nel fondo, come nel grande
esemplare di Sinigaglia — la scena solenne in cui si
rivela tutta la passione del dolore umano — s’intrav-
vede la città natale con le torri del celebre palazzo
de’ Montefeltro.
 
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