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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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Fasc. 2
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0229

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MISCELLANEA

187

a giudizio di questo critico d’arte « l’affresco della
Trinità offre una imitazione ossia redazione libera e
semplificata, perchè adattata ai bisogni, all'indole del
tema speciale svolto in pittura e non scultura, del
tabernacolo d’Or San Michele ». Nel quale giudizio,
affatto generico, il criterio storico delle influenze, ri-
dotto a una specie di adattamento alquanto dottrinario,
sta, se io non m’inganno, non poco a disagio. Poiché
sia precipua norma di sana esegesi tenersi strettamente
alle relazioni dei fatti tra loro, per iscrutarne le intime
ragioni storiche.

Forte dell’autorità del Bode, il De Fabriczy non ci
dà per parte sua nessuna ragione specifica che abbia
efficacia di prova. Supplirò io, facendo un’analisi del-
l’affresco nei suoi peculiari caratteri architettonici in
relazione non solo col tabernacolo classico, ma anche
con opere architettoniche e scultorie coeve o non molto
posteriori.

Non vi ha dubbio che nel tabernacolo d’Or San
Michele e nell’affresco di Masaccio in Santa Maria
Novella è, quanto al concetto generico, lo stesso mo-
tivo architettonico, massime per quell’accoppiamento
di pilastri scanalati con capitelli corinzi a colonne con
capitelli ionici.1 Ma lo svolgimento di tale motivo è
nei suoi particolari non poco diverso e con siffatti
caratteri di forme evolutive nel tabernacolo che lo
fanno molto distanziare dall’affresco per ordine di
tempo.

Di pilastri scanalati, per quanto non di quella forma
precisa, si hanno già esempi anche in opere architet-
toniche e scultorie dello stile cosi detto gotico, che
si vede in esse di mano in mano trasformarsi per as-
sumere alcuni elementi dell’architettura classica fin dai
primordi del secolo xv. Ma è pur da riflettere che, se
non erano ancora, quando fu dipinta in Santa Maria
Novella la Trinità, costruiti nel portico degl’ Innocenti
i pilastri scanalati che vi si vedono, proprio della forma
precisa di quelli dell’affresco, è peraltro quanto mai
verosimile che il Brunelleschi li avesse già delineati.
E Masaccio, che sappiamo aver dal Brunelleschi im-
parato prospettiva e architettura,2 vedutone il disegno
per il portico degl’innocenti, è facile che abbia cer-
cato di renderne il motivo architettonico con bell’ef-
fetto di prospettiva. A ciò presupporre m’inducono
anche altre notevoli rassomiglianze tra l’affresco e il
portico degl’ Innocenti, rassomiglianze evidentissime
e da non potersi credere fortuite, delle quali dirò poi.

Per i capitelli ionici non citerò quelli della scala
nel pulpito di Santa Maria Novella e del parapetto
fra le colonne del portico della cappella Pazzi, che
potrebbero dar luogo a una questione di priorità, per
quanto al mio assunto basterebbe il fatto cfye in quel

1 Di un consimile accoppiamento si ha un beil’esempio nei raa-
tronei del battistero di San Giovanni.

2 Vasari, Vita di Malaccio, in fine.

torno di tempo i capitelli ionici cominciarono ad es-
sere usati ; ma posso recare l’esempio di quelli che
sono nella scala del palazzo dei Conti Guidi di Poppi.
In quella scala ai capitelli ionici del parapetto si ac-
coppiano archetti trilobi, indizio tale, mi pare, da non
lasciar dubbio che la scala è per lo meno dei pri-
mordi del secolo xv.

Ma per il confronto analogico dell’affresco col ta-
bernacolo è anche da por mente agli altri elementi
architettonici che in ambedue vanno congiunti ai pi-
lastri scanalati e ai capitelli ionici.

Or bene, se anche si voglia non tener conto della
forma alquanto diversa dei capitelli che sormontano i
pilastri scanalati nelle due opere, e prescindere altresì
dalla mancanza del frontespizio nell’affresco e dall’es-
servi invece della nicchia la volta a botte con lacu-
nari, per le quali differenze potrebbe essere invocata
la ragione dell’adattamento escogitato dal Bode, si
dovranno peraltro tenere a calcolo i seguenti affatto
opposti caratteri architettonici, che non si possono
menomamente attribuire al pensato adattamento, ma
sono invece da riferirsi a una più intima ragione sto-
rica, inerente all’evoluzione dell’arte:

i° Nell’affresco le colonne sono lisce, mentre nel
tabernacolo sono tortili, precisamente come nell’edi-
cola con identico motivo architettonico, attribuita al
Michelozzi, che è nella chiesa dell’ Impruneta, opera
eseguita intorno alla metà del secolo xv, col primo
esempio di grosse colonne tortili di quella forma ;

2° Nell’affresco l’arco a tutto sesto s’ imposta
sui capitelli ionici coll’interposizione di una semplice
cornice, mentre nel tabernacolo fra l’arco e i capitelli
è una spiccata trabeazione, che ricorre tutto all’intorno
nel fondo della nicchia. E un’identica trabeazione, per
citare fra i molti un esempio che torna qui più a pro-
posito, non solo è fra l’arco e i capitelli nel tabernacolo
del Sacramento in San Lorenzo, opera di Desiderio da
Settignano, ma ricorre tutto intorno nella volta a botte
con lacunari, la quale ha pur tanta rassomiglianza con
quella dell’affresco, salvo che in questa ricorre una
semplice cornice, prolungamento di quella che sor-
monta i capitelli.

Per tali sue precipue e caratteristiche differenze dal
tabernacolo, nel quale le colonne tortili e la trabea-
zione fra l’arco e i capitelli, di quelle forme, sono
elementi architettonici di più tarda evoluzione, pare
a me che il fondo dell’affresco di Masaccio invece di
essere « una imitazióne, ossia redazione libera e sem-
plificata, perchè adattata ai bisogni, all’indole del
tema speciale svolto in pittura e non scultura, del
tabernacolo d’Or San Michele», offra invece segni ma-
nifesti che nessuna relazione artistica, nè storica si
possa fra le due opere stabilire, per dedurne la con-
temporaneità, e tanto meno l’influenza dell’una sul-
l’altra. La quale influenza, ad ogni modo, non po-
trebbe essere stata che dell’opera di minor perfezione
 
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