HENRI BOUCHOT
nella pittura. Se i Milanesi si risolsero a chia-
marlo, con grande spesa, nella propria città,
occorre credere che la fama di Jacques Còne
avesse costretto gli Italiani a riconoscere, cosa
allora non comune, la sua superiorità. Qualora
il calendario delle Très riches Ileures sia vera-
mente opera di Jacques Còne, è verosimile che
causa determinante di tanta fama sia stato il
modo nel quale l’artista trattava il paesaggio.
Jean Mignot poi, « Companiosus » o « nor-
mannus » come vien designato dallo Aucher e
dalla Fabbriceria di Milano, strinse relazioni con
gli artisti lombardi. Nel 1411, secondo le notizie
date dallo Aucher nel manoscritto di Lebè-
gue, 1 egli stava con Pietro da Verona, presso
il quale Jean Aucher andò a richiedergli la
ricetta di un mirabile azzurro oltramarino che
egli conosceva. Non forse l’azzurro, sì meravi-
gliosamente bello, delle Très riches Heuresf
Nè si dimentichi che Pietro da Verona, pel
quale lavorano Jacques Còne e Jean Mignot,
era il custode dei libri del duca di Berry, che
egli trovavasi in Francia già da più che ven-
titré anni nel 1415, quando ebbe molestie e
fu coinvolto in un affare di spionaggio. 2 Se
non ci rimane notizia delle somme ch’egli
pagò a nome del duca, ciò si può spiegare cól
fatto che i registri siano rimasti a lui e poi
siansi perduti.
Confessiamo che tutte le osservazioni qui rac-
colte ed indicate rendono diffìcile l’ammettere
senza discussione che i fratelli Limbourg pos-
sano aver eseguite le Très riches Heures di
Chantilly. La fama e l’autorità di Jacques Còne
e di Jean Mignot, il loro passaggio a Mi-
lano, il loro soggiorno a Parigi presso Pietro
da Verona, le loro doti di artefici emeriti, di
tecnici perfetti, ed insieme, la nota di un ma-
noscritto composto da Jacques Còne nel 1404,
quando ritornò d’Italia, e che in parte può
essere di sua mano: tutte queste considerazioni
dànno valore all’opinione suesposta che le Très
riches Ileures siano probabilmente dovute a
lui ed al Mignot. Costoro dovettero importare presso il duca di Berry e consacrare quella
maniera tra franca e lombarda che viene indicata come « ouvrarge de Lombardie » per desi-
gnare non già la provenienza, ma lo stile delle opere.
Quando Jacques Còne fece ritorno a Bruges, dopo il 1415, egli potè insegnare ai van
Eyck certi segreti, certi metodi nuovi, l’arte della prospettiva aerea, per esempio, che il
ìillomnpoit:
yj^lflUSiftAU
grias galatei a
meuiiramn
(falilct. fluitomeli na
$ ùfltrii.ao wnpiteth
Defpmfaram turami
nomea fiat tofepli De
* Domo fumO.ee noim
San Matteo. Très riches Heures
Biblioteca di Chantilly
1 Biblioteca Nazionale, ms. lat. 6741, folio 39
2 De Champkaux et Gauchery, Les travaux d'ari,
cit., pag. 133.
verso.
nella pittura. Se i Milanesi si risolsero a chia-
marlo, con grande spesa, nella propria città,
occorre credere che la fama di Jacques Còne
avesse costretto gli Italiani a riconoscere, cosa
allora non comune, la sua superiorità. Qualora
il calendario delle Très riches Ileures sia vera-
mente opera di Jacques Còne, è verosimile che
causa determinante di tanta fama sia stato il
modo nel quale l’artista trattava il paesaggio.
Jean Mignot poi, « Companiosus » o « nor-
mannus » come vien designato dallo Aucher e
dalla Fabbriceria di Milano, strinse relazioni con
gli artisti lombardi. Nel 1411, secondo le notizie
date dallo Aucher nel manoscritto di Lebè-
gue, 1 egli stava con Pietro da Verona, presso
il quale Jean Aucher andò a richiedergli la
ricetta di un mirabile azzurro oltramarino che
egli conosceva. Non forse l’azzurro, sì meravi-
gliosamente bello, delle Très riches Heuresf
Nè si dimentichi che Pietro da Verona, pel
quale lavorano Jacques Còne e Jean Mignot,
era il custode dei libri del duca di Berry, che
egli trovavasi in Francia già da più che ven-
titré anni nel 1415, quando ebbe molestie e
fu coinvolto in un affare di spionaggio. 2 Se
non ci rimane notizia delle somme ch’egli
pagò a nome del duca, ciò si può spiegare cól
fatto che i registri siano rimasti a lui e poi
siansi perduti.
Confessiamo che tutte le osservazioni qui rac-
colte ed indicate rendono diffìcile l’ammettere
senza discussione che i fratelli Limbourg pos-
sano aver eseguite le Très riches Heures di
Chantilly. La fama e l’autorità di Jacques Còne
e di Jean Mignot, il loro passaggio a Mi-
lano, il loro soggiorno a Parigi presso Pietro
da Verona, le loro doti di artefici emeriti, di
tecnici perfetti, ed insieme, la nota di un ma-
noscritto composto da Jacques Còne nel 1404,
quando ritornò d’Italia, e che in parte può
essere di sua mano: tutte queste considerazioni
dànno valore all’opinione suesposta che le Très
riches Ileures siano probabilmente dovute a
lui ed al Mignot. Costoro dovettero importare presso il duca di Berry e consacrare quella
maniera tra franca e lombarda che viene indicata come « ouvrarge de Lombardie » per desi-
gnare non già la provenienza, ma lo stile delle opere.
Quando Jacques Còne fece ritorno a Bruges, dopo il 1415, egli potè insegnare ai van
Eyck certi segreti, certi metodi nuovi, l’arte della prospettiva aerea, per esempio, che il
ìillomnpoit:
yj^lflUSiftAU
grias galatei a
meuiiramn
(falilct. fluitomeli na
$ ùfltrii.ao wnpiteth
Defpmfaram turami
nomea fiat tofepli De
* Domo fumO.ee noim
San Matteo. Très riches Heures
Biblioteca di Chantilly
1 Biblioteca Nazionale, ms. lat. 6741, folio 39
2 De Champkaux et Gauchery, Les travaux d'ari,
cit., pag. 133.
verso.