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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 11.1908

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Fasc. 2
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D'Ancona, Paolo: Un ignotto collaboratore del Beato Angelico (Zanobi Strozzi)
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https://doi.org/10.11588/diglit.24153#0136

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PAOLO D'ANCONA

vato nei magazzini della guardaroba generale, e, come abbiamo già detto, vedesi oggi esposto
nel primo corridoio della Galleria degli Uffizi. Tutti conoscono quella mezza figura in cappa
rossa, dipinta sopra una tavola che fu poi ridotta a forma di lunetta, quando venne ricoperto
il fondo di una tinta verdastra ad olio per uniformare il ritratto cogli altri della serie Me*
dicea. E siccome nella serie non aveva a che fare Bartolomeo Valori, così si pensò allora
di segare la tavola e isolare il ritratto del Medici. Quanto a noi, malgrado l’esplicita indi-
cazione vasariana, non abbiamo potuto assolutamente riconoscere in quest’opera la maniera del
nostro Zanobi. Sebbene il dipinto sia in condizioni miserrime per restauri e rifacimenti, tanto
il disegno fermo e sicuro, quanto il colorito rivelano se non la mano di Masaccio, 1 cui fu
attribuito, certo intendimenti d’arte ben differenti da quelli che ci siamo indugiati a notare
nelle miniature di San Marco e nelle tavolette dell’Accademia.

Maggior considerazione merita certo la grande tavola contenente la figura di San Lorenzo,
esposta pure agli Uffizi come opera di Zanobi. Infatti qui la tonalità del colore richiama
all’arte dell’Angelico, e certe lumeggiature biaccose delle carni son tutte peculiari al fare
dello Strozzi. Basta del resto paragonare la testa di San Lorenzo con quella del Santo
Agostino dell’Antifonario G, che un documento, da noi riportato in appendice, dimostra opera
sicura dello Strozzi, per constatare l’assoluta identità di fattura che esiste fra la miniatura
e la tavola.

Il Douglas 1 2 finamente già ebbe a sospettare che lo Strozzi avesse aiutato l’ Angelico
negli affreschi di San Marco. Dopo un attento esame noi crediamo di aver ritrovate anche
qui traccie sicure della sua operosità ; non già nelle meschinette composizioni ove vedesi
il Crocifisso adorato per lo più dalla Vergine e da un Santo domenicano, che il catalogo
attribuisce tuttora al mitico Fra’ Benedetto del Mugello, e che sono opera di un anonimo
guastamestieri, ma in alcune delle scene maggiori che quasi tutti concordi attribuiscono
all’Angelico. Però, come già abbiamo notato a proposito delle tavolette dell’Accademia, a
Fra’ Giovanni ne spetta certo il disegno, non già l’esecuzione.

Questi affreschi che formano nella grande opera come un gruppo a sè, facile a rico-
noscersi per peculiari caratteri, sono quelli rappresentanti Cristo al limbo, la Predica nel
deserto, il Bacio di Giuda, la Preghiera nell’orto, la Cena eucaristica, e si trovano rispet-
tivamente nelle celle segnate coi numeri 31, 32, 33, 34 e 35. Quando si paragonino,
ponendo mente alla tecnica, cogli altri affreschi luminosi e precisi, opere sicure dell’Angelico,
del corridoio contiguo, non si tarderà a riconoscervi l’opera di un maestro che lavorava
in sott’ordine. E le solite caratteristiche già notate nelle tavolette dell’Accademia e nelle
pergamene dei codici, cioè l’aspetto piagnucoloso dei volti, i profili angolosi, le carni talora
di un color terreo sporco, talora rese a lumeggiature biaccose, i capelli a masse confuse e,
per tacer d’altro, il modo tutto speciale di segnare l’occhio, fan nascere spontaneo alla mente
il nome dell’artista che qui abbiamo preso a studiare.

Ultimo frutto della sua operosità furono alcuni pochi mini a lui allogati dagli operai
della Cattedrale fiorentina il 4 luglio 1463, come apprende un documento pubblicato dal
Milanesi. 3 Scorrendo le pagine dei grandiosi Antifonari oggi conservati alla Mediceo-Lau-
renziana, non è difficile distinguere le sobrie scene del nostro maestro, da quelle fastose
ed esuberanti di vita, dovute al pennello di Francesco d’Antonio del Cherico che gli fu
collaboratore. Nell’Antifonario, segnato di n. 149, eseguito nel 1470, opera sua è la Incre-
dulità di San Tommaso (c. 48), i Sacerdoti e chierici che cantano dinanzi a un leggìo (c. 61),
l’A.scensione di Cristo (c. 80), e infine un Santo, forse re David, pregante in mezzo a una
campagna che rammenta le alture di Fiesole (c. 85). In queste scene, come anche nella
Adorazione dei Magi (c. 87) dell’Antifonario segnato n. 150, pure dello stesso anno, nella
Invenzione della Santa Croce (c. 23), nel Papa fra’Vescovi (c. 9ÓV) e nel San Pietro fra

1 Vedi l’articolo già citato di Emil Schacffer. 5 Milanesi, Storia della miniatura italiana citata

2 Douglas, op. cit., pag. 177. a pag. 252-260 e 327.
 
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