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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 13.1910

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Fasc. 4
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24136#0332

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290

MISCELLANEA

desolazione di Sodoma incendiata (fotografia Gargiolli
C. 3113) si ritrovano più che in ogni altra, le teste,
disegnate in bistro e 1 umeggiante di biacca su carta
rosacea, del foglio degli Uffizi. Non solo le teste più
grandi dei due fanciulli ma la stessa testa di adole-
scente adagiata sui cuscini, hanno un perfetto riscon-
tro in questo affresco: le une si ritrovano facilmente
fra i fanciulli straziati dal fuoco nel primo piano del
quadro, l’altra ha grande analogia con uno dei mori-
bondi che giacciono sulla terra riarsa. Così il fan-
ciullo benedicente altro non è se non uno studio per
il quadro della stessa parete rappresentante l’adora-
zione dei Magi (fot. Gargiolli, C. 3085) in cui il putto
seduto sulle ginocchia della Madre ha la stessa posi-
zione di quello ritratto nel disegno ; se si eccettua la
mano destra posata sulla coscia e una maggiore in-
fantilità e grassezza di tutto il corpo, anche questa
figura degli affreschi gozzoliaui ha un perfetto riscon-
tro con quella del disegno degli Uffizi e può legitti-
mamente supporsi che la testa di bimbo disegnata a
sinistra del fanciullo benedicente abbia servito di pas-
saggio fra il tipo del disegno e quello della pittura
murale.

Di più nel verso di questo foglio conservato agli
Uffìzi è la figura di un uomo avvolto in ampio pan-
neggiamento ed in atto di benedire, talché parve al
Berenson la figura di un Santo. Essa è invece lo studio
per una delle tante figure di Mosè o d’altri patriarchi
benedicenti che si trovano nelle storie del Vecchio
Testamento sulle pareti del Campo Santo di Pisa.

È certo quindi che le figure del disegno trovano
un perfetto riscontro con quelle delle pitture del Campo
Santo pisano ; potrebbe da ciò sorgere anche il dub-
bio che esse fossero copie di discepoli dall’opera del
maestro. Se non che prima il carattere degli abbozzi,
evidentemente tratti dal vero, e poi la tecnica seguita
nel farli dimostrano a sufficienza la mano del Goz-
zoli. Quanto alle scorrettezze del disegno ed oltre alla
grossolanità del modellato, già apparsa anche al Be-
renson, si noti anche in questo disegno l’abitudine
costante nel Gozzoli di porre alle sue teste l’orecchio
molto in alto e molto indietro, con padiglione grasso
e carnoso ; si noti l’ombra che egli accentua sempre
eccessivamente sotto alla palpebra inferiore dell’occhio,
la bocca con le labbra leggermente tumide e con la
fossetta fortemente incavata sotto al setto nasale si
notino infine lo sguardo delle teste, la scorrettezza
del disegno nelle mani, il modo d’arricciolare i ca-
pelli a chiocciolette od a serpentelli. E quasi tutto
ciò non bastasse si confronti il disegno con il fram-
mento di predella, certamente di Benozzo, nella stessa
Galleria degli Uffizi: vi si troverà l’identico modo di
tratteggiare le ombre e le luci, di segnare una linea
scura dalla parte dell’ombra, di lineare le luci con
tanti lievi tratti quasi paralleli di biacca o di tinta
chiara.

Stabilita così in modo sicuro l’attribuzione al Goz-
zoli del disegno della Galleria fiorentina si passi a
considerare ed a confrontare con questo l’altro dise-
gno (Windsor 163) che il Berenson assegna nell’An-
gelico e che è condotto pure a bistro con lumi di
biacca su carta preparata di colore rosaceo.

La testa che si vede sul recto del foglio è descritta
dal Berenson come un busto di San Lorenzo, pensoso
e severo, così largamente, così delicatamente model-
lato da combinare la plastica espressività di Donatello
con la semplicità dell’antico.

Veramente non si può a rigor di critica parteci-
pare dell’entusiasmo del critico inglese e nè pure ve-
dere in questa testa, come egli vede, i caratteri pe-
culiari dell’arte di Fra Giovanni da Fiesole.

Anche limitandoci soltanto ad un esame superfi-
ciale noi non sappiamo trovare in questa testa l’espres-
sione dolcemente estatica che l’Angelico sapeva pro-
digiosamente infondere nei volti che creava : vi ve-
diamo invece una espressione di ebetudine e di fissità
che, specie nelle prime opere di Benozzo dobbiamo
notare e che serve appunto, insieme con la torbidezza
del colore e con la grossolanità del modellato, a di-
stinguere l’opera dello scolare da quello del maestro
nelle pitture della Cappella Niccolina.

Un esame dei particolari contribuirà, del resto, a
confermare l’attribuzione a Benozzo del disegno di
Windsor. Vi ritroveremo infatti lo stesso modo di far
l’orecchio e di collocarlo molto in alto ed indietro
come abbiamo osservato nelle sue pitture e nel disegno
degli Uffizi ; vi vedremo la stessa maniera di fare la
bocca, la pupilla e l’occhio, con la palpebra inferiore
gonfia e fortemente ombreggiata : vedremo il disegno
mancare nella spalla destra ed il collo infossarsi, le
stesse luci bianche dare il risalto necessario con pen-
nellate grasse e con linee tracciate quasi parallelamente.

Se si guarda poi il verso dello stesso foglio con-
servato nel castello di Windsor e lo si confronta col
disegno certo di Benozzo (Uffizi 1358) per San Fran-
cesco di Montefalco, si troverà grande analogia di
forme e di tecnica fra i due. Condotti entrambi a poca
distanza di tempo, l’uno a Roma, l’altro a Monte-
falco, essi mostrano lo stesso modo di ombreggiare
con tratti brevi e vicini, che abbiamo visto caratte-
rizzare anche i disegni pubblicati dalla Vasari Society,
lo stesso modo di panneggiare le vesti, la stessa scor-
rettezza delle mani che le rende deformi, specie la si-
nistra della donna col putto, nel disegno di Windsor.
E non solo appare questa analogia, ma se si confron-
tano le figure di questo disegno con quelle dipinte nella
Cappella Niccolina si trova che esse corrispondono
appunto a tre delle figure che cou maggior probabilità
debbono assegnarsi alla collaborazione di Benozzo, ve-
nendo così ad escludere la possibilità che il disegno
possa esser creduto uno studio fatto da Benozzo dalle
figure dell’Angelico.
 
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