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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 15.1912

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Fasc. 2
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Schmarsow, August: Domenico Veneziano, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24139#0126

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AUGUST SCHMARSO W

un abaco in forma di base, sopportanti una trabeazione classicamente disposta con un fregio
di marmi variegati, una cornice fortemente sporgente e un semplice tetto conico la cui
lanterna è subito tagliata dall’incorniciatura del quadro. Per raggiungere l’effetto d’insieme che
deve appunto accentuare l’unità plastica dell’edifizio in prospettiva, le proporzioni sono più
piccole di quel che dovremmo aspettarci, specialmente molto basse a confronto del palazzo a
sinistra il cui pianterreno s’inalza in grandi blocchi rustici sino al cornicione del tempio e mostra
appena una finestra del primo piano sin dove è necessario perchè possa trovarvi posto una
donnicciola curiosa per guardare. Eppure questo tempietto sarebbe simile a Santo Stefano su
le rive del Tevere (a suo tempo chiamato anche Santa Maria del Sole), il quale avesse un
palazzo romano all’angolo vicino: e chi è abituato a tali contrasti, ha l’impressione di aver
qui di fronte una copia dal vero. A quest’ impressione convincente contribuisce non poco la
magnifica luce e la evidente rotondità di tutte le forme che appaiono veramente rilevate. Ed
ecco su gli assi anteriori della ringhiera novamente le palle che abbiamo veduto sul trono
della Madonna di Londra e sul balcone del tiranno nel Martirio di Santa Lucia a Berlino.

Con passo affrettato, come spinta da un interno impulso verso la meta, la fanciulla salisce
con le mani congiunte in atto di preghiera, ricevuta come una piccola regina. Sotto il portico
del tempio attende il gran sacerdote vestito de’suoi indumenti, con la lunga barba bianca,
circondato da altri sacerdoti e dai maggiorenti della comunità. Sul podio dietro il taber-
nacolo stanno altri bambini che dovranno anch’essi essere educati all’ombra del tempio ed
aspettano, già posti in fila, la nuova venuta, guardando attentamente tra le colonne. Anche
questa disposizione di figure è un forte ardimento per rendere più perfetta l'illusione dello
spazio: ardimento che allora non avrebbe potuto tentare se non l’autore del doppio portico
nel quadro di Santa Lucia. A sinistra, mesti e pur devoti stanno i genitori e, dietro a loro,
la nutrice. Gioacchino ed Anna giungono le mani in atto di preghiera, e la testa veneranda
del vecchio ricorda quella di San Paolo nell’arco d’ingresso della cappella, mentre l’inclinazione
del corpo in avanti e la fattura dei tratti fanno pensare appunto all’eremita dalla lunga barba
nel tabernacolo al Canto de’ Carnesecchi : solo qui il vecchio guarda la bambina e vede, quasi
smarrito, sparire la consolazione della sua vecchiaia. Dinanzi alla scalinata due bambini fanno
dei cenni alla piccola amica che si separa da essi. A destra nell’angolo sta inginocchiato un
giovane donatore e dietro di lui, in piedi, due signori più anziani, anch’essi nel costume del
tempo, uno dei quali in profilo, come l’uomo in ginocchio, osserva maravigliato la piccola
Maria, mentre l’altro in berretto guarda a qualche cosa che è fuori del quadro. Sono questi
sicuramente tre ritratti appartenenti alla famiglia dei commissionari, come sono ritratti di
famiglia le dame nel Natalizio di Maria. Queste figure non hanno tutta l’ampiezza e la forza
di quelle di Masaccio, eppure s’accostano ai donatori oranti, nell’affresco della Trinità a Santa
Maria Novella e della cattedra di San Pietro alla cappella Brancacci, inginocchiati direttamente
dinanzi allo spettatore. Solo il giovane che sta innanzi, delicato quasi come un fanciullo, dai tratti
fini, la cui figura è più naturalmente agile, e il cittadino di Prato che gli sta dietro, probabilmente
un suo zio, appartengono alla stessa famiglia di figure dalle ossa fine. Il terzo, in berretto a turbante,
è stato, a quanto pare, da noi osservato nella Disputa di Santo Stefano, di fronte, in cui era
uno de’testimoni della scena, e ci si presenta una terza volta nel fregio che divide la Pre-
sentazione dallo Sposalizio. Accanto a questi ritratti dei donatori, nel medaglione del fregio,
è la testa in profilo d’una dama, così vicina da esser quasi a loro unita, la quale rassomiglia
spiccatamente alle visitatrici della Nascita. In faccia a questa testa ne vediamo un’altra di tre
quarti a destra che guarda dal medaglione a qualcosa fuori, e un’altra di fanciulla, nel mezzo
del fregio superiore, con i capelli riccamente inanellati e il collo nudo, vista di prospetto.
Queste tre figure hanno i lineamenti affatto simili. La testa velata dell’angolo inferiore a sinistra
sopra lo sposalizio rassomiglia a quella di prospetto nel mezzo del fregio inferiore della Di-
sputa. Gli altri medaglioni della Disputa sono quasi distrutti dall’umidità e non possono offrire
materia di confronto, tanto son cancellati. Nella cornice della Lapidazione ricorre invece la
testa in profilo di un ragazzo che ci ricorda il giovane Malatesta di Paolo Uccello nella bat-
 
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