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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

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Fasc. 1
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Longhi, Roberto: "Battistello", [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0100

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ROBERTO BONGHI

ma quasi soltanto per affinità di quesito, ai Bolognesi, al loro correggismo travasato nelle
forme un po’ statuarie, prassiteliche ingrassate, di Annibaie Carracci.

E per convincersi meglio di ciò,1 giunge perfettamente opportuno l’esame dell’opera acu-
tamente avvicinata dal Voss alla Coronazione di spine di Vienna, VAndata al Calvario (n. 476)
dello stesso Museo, soltanto, per non conoscere alcuna produzione intermedia dell’artista non
abbastanza distanziata da quella, anzi tanto avvicinata da supporla dubbiosamente un pendant.

Eppure un esame attento di questa « Andata al Calvario » (fig. 3) ci rivela un accosta-
mento di elementi caravaggeschi ad altri, per intenderci, caracceschi, i quali spiegano, almeno
fino a un certo segno, l’attribuzione a Tiarini.

Le parti caravaggesche son certo quelle che hanno il maggior peso nell’opera: v’è ancora
un senso ben forte di pose arretrate battute di luce, sebbene esse non s’addentrino più nella
tela per intersezioni vivide con la potente costruzione di piani luminosi che impressionava
nella Coronazione di spine. Il vecchio boia di sinistra fa pensare con certa tristezza che tutte
le qualità caravaggesche potevano esser recuperate da Battistello nel momento ch’egli lo vo-
lesse: chè nella testa — la quale ripete il tipo del San Pietro liberato dal carcere — v’è tutta
la costruzione serrata di Caravaggio, nella manica bianca tutta la sua voluttà improvvisa di
trasfigurazione serica, tutto il ressort improvviso dei panneggi rabescati vividamente d’ombre
che Caravaggio aveva appreso da Savoldo, e il braccio, prima spianato poi plasticato improv-
visamente dalla mano gnoccosa strinata d’ombre, è Caravaggio assoluto. Il giovine manigoldo
che si scianca fulmineo nel suo movimento scorciato, ci ricorda quello che fugge, a destra,
nel Martirio di San Matteo dipinto dal maestro, e il motivo mirabile di puro panneggio che
adombra gravemente Maria, è anch’esso degno di Merisi. Ma ritornando sul primo piano
le cose cambiano. La figura della Maddalena ci offre infatti un esempio di schematizzazione
formale, quale soltanto Battistello poteva ideare, secondo quelle tendenze all’astrazione tondeg-
giante della forma che abbiam già notato in altre opere. Gli scorci eccezionali delle due
mani fermate in posa con una fissità da voluminista del Quattrocento, la placca ovale di luce
che, posandosi sur una glabra superficie di guancia, mira a suggerirci un’ integrazione totale
di forma in tondo, dovrebbero far comprendere quello che io comprendo. E se infine ci vol-
giamo al Cristo, che cosa più di caravaggesco in esso? a che serve il partito forte di luce
laterale se deve ridursi a commentare lo scavo elegante, complicato di questo panneggio che
s’aggira grave tortuosamente in chiave - di violoncello? se deve ridursi a chiaroscurare senza
intoppo un viso di tale pallida classicità da aspettarci di vedere su di esso le piccole vene
del calco? e il peggio si è che la luce butta sulla forma tale potente convinzione di esistenza
da farcela sembrare realismo — già: la riproduzione realistica di un calco da un pezzo d’arte
altrui. Ecco come sorge per Battistello il pericolo di passare da Caravaggio — a Ingres, per
esempio. E qui bisognerebbe spiegare perchè Caravaggio usasse tanto raramente e riservata
mente della rotondità e le ponesse dappresso un grumo di plasticità per ridarle vita: basterà
dire che l’ideale di Caravaggio non era precisamente l’ideale di Ingres, mentre con Ingres
poteva in fondo intendersi Caracciolo, seguitando per questa via, come seguitò. Lungi coni’ io
sono, intendiamoci, dal disprezzare Ingres.

Ed ora, dopo l’esame del Calvario di Vienna, che si ricongiunge per alcune parti diret-
tamente all’opera di circa cinque anni anteriore, la Coronazione di spine, gli anelli intermedi
della catena che lega le due opere vengono ad essere più francamente ribaditi, senza eh’ io
ci spenda altre parole.

jjt

Le deviazioni iniziali che Caracciolo imprime allo stile caravaggesco, ci fanno ricordare
che il Calvario di Vienna fu comperato a Roma nel 1800 dalla raccolta Albani, e, questo a

1 La Visitazione, forse di questo periodo, citata in
Santa Maria d’Ognibene, non v’è più ; e la dubbia
paternità di un’altr’opera che De D, inclinerebbe ad

assegnare ai primordi del Caracciolo — il Rosario a
San Giuseppe Maggiore — va invece risolta senza al-
cuna esitazione in favore del Vaccaro.
 
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