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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 19.1916

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Fasc. 2
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Sacchetti Sassetti, Angelo: Antonazzo Marcantonio e Giulio Aquili a Rieti
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https://doi.org/10.11588/diglit.17336#0134

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ANTONAZZO MARCANTONIO E GIULIO AQUILI A RIETI

NOTIZIE E DOCUMENTI.

Antonio Aquili, più noto ormai sotto il nome
di Antonazzo Romano, 1 da circa mezzo secolo
a questa parte ha ripreso quel posto che gli com-
pete nella storia della pittura italiana, ma varie
cause cospirano ancora a scemarne la fama. Come
infatti, prima che fosse ben conosciuta e deter-
minata la sua personalità artistica, le sue più belle
opere non firmate erano senz'altro attribuite a
questo o a quel pittore di grido, segnatamente al
Perugino, così oggi in alcune gallerie portano il
suo nome molti lavori mediocri, certamente in-
degni di lui. Da questa sventura, a mio giudizio,
non si è salvato neppure in un recente studio
di Umberto Gnoli,2 ed è proprio strano che egli,
il quale per primo ha pubblicato ed illustrato il
trìttico firmato e datato di Marcantonio, figlio
di Antonazzo, non abbia neppure lontanamente
sospettato che molti dei dipinti, da lui attribuiti
al padre, poessano invece darsi al figlio, tanto
lontano dalla eccellenza paterna. Vero è che,
quando si studiano artisti minori, come Marcan-
tonio, di cui poche cose ci restano, l'esame diretto

1 Scrivo anch'io Antonazzo, secondo l'uso ormai invalso,
sebbene creda che debbasi scrivere Antonaccio per le seguenti
ragioni: i) la forma latina Antonatius, che si legge a pie di
alcune sue tavole, è la elegante traduzione del volgare Anto-
naccio, come Carpatius di Carpaccio, Boccatius di Boccaccio;
2) in due documenti reatini Marcantonio è detto figlio mri
Antonacii; dunque il poco colto notaio, che rogò gli atti,
dovette sentire sonare tal forma sulla bocca di una delle parti
contraenti e forse dello stesso Marcantonio; 3) in un docu-
mento volgare del 12 febbraio 1452 si legge «Da Antonaccio
de Benedetto pentore » (cfr. A. Bertolotti, II pittore Romano
Antonazzo e la sua famiglia in Archivio Storico Artistico Archeo-
logico e Letterario della Città e Provincia di Roma, anno IX,
voi. V, fase. 1; gennaio-marzo 1883); 4) a Roma e in genere
nell'Italia centrale il nome, con senso dispregiativo, suole al-
terarsi in -accio; abbiamo infatti il cognome Antonucci e non
Antonazzi che è invece proprio del Veneto. Il Vasari, nel noto
passo in cui parla di questo pittore, scrive Antonasso; ma egli,
che non sempre fu bene informato sull'esatto nome degli
artisti, non può avere alcuna autorità nel caso nostro. Forse
il primo a propagare l'errore fu Costantino Corvisieri, An-
tonazzo Aquilio Romano, nella riv. Il Buonarroti, s. II, voi. IV.

2 Umberto Gnoli, La quadreria civica di Rieti, in Bollet-
tino d'Arte del Ministero della P. Istruzione, Anno V, n. 9,
settembre 1911.

delie opere deve andar di conserva con le ricerche
d'archivio, se si vuole giungere a buoni risulta-
menti, non potendo i dati stilistici bastar sempre
nella attribuzione delle opere, sopratutto nel caso
in cui un figlio lavora in compagnia o coi cartoni
del padre. Ma lo Gnoli, anche senza fare le oppor-
tune indagini d'archivio, doveva senza molta
difficoltà considerare che Antonazzo non poteva
esser venuto tante volte a Rieti, quante è costretto
a farvelo venire, per potergli attribuire tutti quei
lavori che nel suo scritto e nel Museo Civico di
Rieti portano il nome dell'egregio artista romano-
Pubblico pertanto alcuni documenti, estratti
dagli archivi reatini, nella speranza che giovino
ad illustrare in qualche modo l'opera artistica
della famiglia Aquili e siano di qualche utilità
a chi un giorno vorrà darcene uno studio com-
pleto e, per quanto è possibile, esauriente.
*

* *

Nessun documento contemporaneo mi fu dato
di scovare nelle mie lunghe e metodiche ricerche
d'archivio sulla notissima pala d'altare, già esi-
stente nella sagrestia di S. Antonio del Monte
ed ora conservata nel Museo Civico di Rieti. Essa,
come si sa, rappresenta la Vergine col Putto
nella tavola centrale e i Santi Antonio da Padova
e Francesco d'Assisi nei due sportelli, reca la
scritta: ANTONI US DE ROMA DEPINXIT
1464, ed è dagli storici dell'arte considerata come
la più antica opera autentica del maestro romano.
Che poi l'atto d'allogazione di questa tavola non
siasi rinvenuto negli archivi reatini, non deve
punto far meraviglia. Essa fu eseguita da Anto-
nazzo parecchi anni prima che fosse incominciata
a costruire la chiesa,1 in cui fu collocata; si deve

1 Cade dunque l'affermazione (cfr. Rassegna d'Arte Umbra
diretta da Umberto Gnoli, anno II, n. II-III, p. 70), che le
figure abbozzate a seppia dietro la tavola centrale del trittico
siano delle persone che circondavano il pittore mentre lavo-
rava pel convento; giacché, secondo quest'affermazione, il
pittore avrebbe ritratti quei curiosi oltre 10 anni prima che
il convento e la chiesa cominciassero ad edificarsi (1479).
 
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