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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 21.1918

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Fasc. 2
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Tea, Eva: De dignitate artis morientis, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17338#0161
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DE DIGN1TATE ARTIS MORIENTIS

135

Plinio — lo sappiamo per sua confessione1 —
non era uno spirito lento. Mancò alla sua coltura
quel riposo per cui dal sapere bene assimilato bal-
zano le intuizioni originali. Aveva una chiara edu-
cazione ellenistica e ragiona come un Mengs del
secolo 1.

L'intendimento supremo della sua critica è
per l'arte lineare: « picturae summa subtilitas ».2

Per la celebre definizione della linea si appoggia
all'autorità di Antigono e Senocrate, « praedicantes
quoque non solum confìtentes », ma egli stesso sa
prenderne originale godimento.

A lungo — ei scrive — ammirai la tabula
ove Apelle e Protogene avevano condotto le loro
linee a gara, « summae tenuitatis » — « nihil aliud
continentem quam lineas visum effugientes inter
egregia multorum opera inani similem et eo ipso
allicientem omnique opere nobiliorem ».3

Come la gioia del critico dinanzi al tesoro pit-
torico, così s'esalta la nostra ammirazione per
questo giudizio che avanza la più raffinata sensi-
bilità moderna.

In altri apprezzamenti ancora, o parli da sè, o
ripeta, rivela artistica ragionevolezza. È proba-
bile, ad esempio, che se Aristide Tebano rendeva
sommamente le espressioni dei volti, fosse « durior
paulo in coloribus »: 4 e che Protogene fosse poco
fecondo per « summa intentio » 5 si può conce-
dere, pensando a Leonardo.

Athenion di Maroneia « austerior in colore
et in austeritate incundior, ut in ipsa pictura
eruditio eluceat » 6 fa pensare al colore di Miche-
langelo nella volta della cappella Sistina: e la sot-
tigliezza fra artem e ingenium ? alla felice com-
parazione fra i due Lippi nel protocollo fiorentino
al Duca di Milano.8

Ma, a differenza del Mengs, Plinio non posse-
deva l'arte « per pratica » e ne abbiamo abbon-
danti le prove dove il suo stile, toccando di que-
stioni tecniche, si fa oscuro, o ambiguo, o riser-
vato.

La storiella dei quattro strati di Protogene 9
nasce per certo da un equivoco che avrebbe fatto
ripetere ad Apelle il suo sorridente «ne sutor »...
E quanto gli saremmo grati se ci avesse raccolto
più esatte notizie sull'atramentum di questo pit-

1 Plin., Prefazione alla JV. H., 17-19.

2 Plin., JV. H., XXXV, 36.

3 Id., 1. c.

4 Id., 1. c. ."
A'.TdT, h e.

6 Id., 1. e, 40.

7 Id., Ì. C.

8 Lionello Venturi.

9 Plin., JV. H., XXXV, 36-

tore, o su quelle diligentiae di Nicofane 1 che solo
gli artefici potevan capire; o sulla prospettiva di
Polignoto Tasio,2 in cui il critico non pare più
scaltrito d'un advena qual sia giunto d'Aquitania
nel portico di Pompeo!

Pervaso da un ideale che radduceva lo spirito
deluso e nostalgico addietro nei secoli, verso un
passato non rinnovabile, più erudito che ima-
ginoso, squisito ma unilaterale nella sensibilità,
Plinio era l'uomo più degno a parlarci dell'arte
già per quei giorni antica, ma anche il meno atto
a comprendere e spiegare l'arte del tempo suo.

Egli è l'esponente di uno stato d'animo critico
simile di molto a quello che da noi si vive. Ancor
oggi il pubblico estraneo all'iniziazione artistica
guarda a Raffaello come al paradiso perduto della
pittura; e pur accettando nuove forme nei pro-
dotti industriali, è riluttante a considerare vera
arte quanto non si conforma ai modelli consacrati
dai musei e dalle esposizioni.

La critica pliniana è caratterizzata da due pre-
giudizi: contro l'affresco e contro il colore.

« Nulla gloria artificum est nisi qui tabulas
pinxere » 3 è detto chiaramente a proposito di
Ludio, e in più luoghi si deplora l'inanità della
pittura a fresco, che solo pochi possono gustare
nell'intimità delle case, dove un incendio può
distruggerla.

Oltre che nel gusto, affatto romano, per le
forme durature, quest'avversione riposa forse in
una tradizione ellenica, risaliente al miglior se-
colo della pittura.

Protogene — dice Plinio — se ne stava con-
tento in hortulo suo e Apelle non avèa, freschi per
casa: « pictor res communis erat ».4

Ma condannare il fresco significava per quel
tempo condannare quasi totalmente l'arte ed
esporsi a non comprendere l'avvenire: che fu ve-
ramente la sorte dei critici romani e di Plinio.

Più duro giudizio tenevasi, come s'è visto,
contro il colore.

I grandi maestri della Grecia avevano eseguito
opere immortali con soli quattro colori: « Nunc
et purpuris in parietes migrantibus et India con-
ferente fluminum suorum lumina, draconum
elephantorum saniem nulla nobilis pictura est.
Omnia ergo meliora tunc fuere, cum minor copia.
Ita est quoniam ut supra diximus rerum non
animi pretiis excubatur ».s

Se il nostro animo è abbastanza puro per go-

1 Id., 1. c.

2 Id., 1. e, 35.

3 Id., 1. e., 37.

4 Id., 1. c.

5 Id., 1. e, 32.
 
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