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ADA RECCHI
ingiurie del pubbiieo, il vero talento, quali Corot
e Manet, la sua critica comprende troppi artisti
di dubbio o di nessun valore.
Se egli avesse applicato sistematicamente il
suo metodo di giudizio a qualche grande scuola
del passato, quali sorprese di grandi verità non
avremmo potuto leggere e quali gioie spirituali
non ci avrebbe procurato?
Allora, torse, egli avrebbe avuto un posto uf-
ficiale nella storia della critica d'arte. Ma Baude-
laire scrisse i resoconti dei Salon-s per vari giornali
e riviste, senza alcuna pretesa.
* * *
II, metodo critico di B. lo si desume dalle sue
stesse parole. « Varie volte, egli dice, ho cercato
di chiudermi in uri sistema, come tutti i miei
amici. Ma ogni sistema è una specie di dannazione
che ci spinge ad una abiura perpetua; ogni giorno
occorre trovarne un altro e questo ne è il crudele
castigo. E sempre il mio sistema era bello, sempre
vasto, comodo soprattutto. E sempre un prodotto
spontaneo, inatteso, della vitalità universale ve-
niva a dare una smentita alla mia scienza bam-
bina e vecchiotta, deplorevole figlia, dell'utopia.
Quantunque io cambiassi posto al criterio e lo
allargassi, tuttavia egli correva senza posa verso
il bello multiforme e versicolore che si muove
nelle infinite spirali della vita. Condannato senza
posa alla umiliazione d'una conversione continua,
per sfuggire all'orrore di queste apostasie filosofi-
che, io mi sono orgogliosamente rassegnato alla
modestia: mi sono contentato di sentire: e sono
venuto a cercare un asilo nell'impeccabile sempli-
cità n.1
E, in realtà, questa mancanza di sistema che
la grande, per noi , la critica del Baudelaire, poi-
ché nel sistema da cui rifugge egli vede il substrato
di idee preconcette e false che rendevano vuota e
gretta la critica dei contemporanei.
Sentire, è, infatti, la base del suo giudizio.
Lasciando ai dottrinari le discussioni pedanti e i
problemi insoluti egli trova il suo asilo nella sem-
plicità del sentimento che ci avvicina all'opera
d'arte e la fa rivivere in noi.
Se spesso nel poeta si rivela l'artista, evocando
l'eterno sogno di bellezza della materia immor-
tale, cercandone la fuggitiva impronta nelle cose,
dietro il critico noi possiamo sempre ritrovare
il poeta.
Così egli che si domanda «A quoi bon? », intra-
prèndendo il suo lavoro di critico., ci dimostra
che quésta disciplina, quando venga trattata da
uno spirito illuminato e comunicativo, non deve
davvero farsi piccina di fronte all'arte, ma anzi
farsi i' grande di fronte a lei grande, e, in certo
senso, sopra di lei ».*
* * *
« A quoi bon? », si domanda il Baudelaire da-
vanti al problema della legittimità della critica;
poiché essa non è mai stata utile ad alcuno, né
al pubblico a cui si rivolge e che non ne vuol sa-
pere, nè all'arte, poiché da essa stessa è sortita.
Voler dedurre dall'esame delle opere insegnamenti
di mezzi e di processi, è inutile e sciocco. Queste
cose si apprendono ncW atelier, e non interessano
il pubblico che si preoccupa solo del risultato.
Se tuttavia la critica vuol avere la.sua ragione
di esistere non deve essere fredda ed algebrica,
priva volontariamente di ogni temperamento, sotto
il pretesto di spiegare tutto.
La migliore critica sarà « un beau tableau étant
la nature réfléchie par un artiste, celle qui sera
ce tableau réfléchi par un esprit intclligent et
scnsible ».2 Più sopra ci ha' avvertito che la miglior
critica è, per lui, quella divertente e poetica: di
modo che resoconto di un quadro potrà anche es-
sere un sonetto o una elegia.
Senza rilevare l'evidente debolezza di questo
che è un vero paradosso, notiamo che il Baudelaire
tuttavia non si servì mai di tal mezzo per comuni-
carci le sue impressioni artistiche. Un solo sonetto,
ch'egli ha sul Tasso in prigione di Eugenio Dela-
croix, non è davvero fra i suoi migliori; vi si
nota un certo sforzo nella descrizione del quadro,
un pizzico di rettorica nella chiusa che paragona
il Tasso all'anima rinchiusa nella prigione del
reale.
Del resto Baudelaire stesso ci avverte che questa
specie di critica è destinata alle raccolte di poesia
ed ai lettori poetici. Quanto alla critica propria-
mente detta egli dice (e spera di non essere frain-
teso e che i filosofi comprendano il suo pensiero)
che per essere giusta, cioè per avere la sua ragione
di essere, essa deve essere parziale, passionata,
politica, cioè a . dire fatta da un punto di vista
assoluto.
Questi concetti, che a prima vista possono tur-
bare, racchiudono una profonda verità. Nessuno
è più imparziale del Baudelaire nei suoi giudizi:
nessuno meglio di lui sa spogliarsi d'ogni idea pre-
concetta nel valorizzare l'opera d'arte. È che nella
sua definizione della critica, parzialità e passione
1 Esposizione universale del 1855, in Curiosités esthèliques
p. 215.
1 B. Croce: Breviario d'estetica, ed. Laterza, 1913, p. 110.
3 Salon 1846, in Curiosités, p. 81.
ADA RECCHI
ingiurie del pubbiieo, il vero talento, quali Corot
e Manet, la sua critica comprende troppi artisti
di dubbio o di nessun valore.
Se egli avesse applicato sistematicamente il
suo metodo di giudizio a qualche grande scuola
del passato, quali sorprese di grandi verità non
avremmo potuto leggere e quali gioie spirituali
non ci avrebbe procurato?
Allora, torse, egli avrebbe avuto un posto uf-
ficiale nella storia della critica d'arte. Ma Baude-
laire scrisse i resoconti dei Salon-s per vari giornali
e riviste, senza alcuna pretesa.
* * *
II, metodo critico di B. lo si desume dalle sue
stesse parole. « Varie volte, egli dice, ho cercato
di chiudermi in uri sistema, come tutti i miei
amici. Ma ogni sistema è una specie di dannazione
che ci spinge ad una abiura perpetua; ogni giorno
occorre trovarne un altro e questo ne è il crudele
castigo. E sempre il mio sistema era bello, sempre
vasto, comodo soprattutto. E sempre un prodotto
spontaneo, inatteso, della vitalità universale ve-
niva a dare una smentita alla mia scienza bam-
bina e vecchiotta, deplorevole figlia, dell'utopia.
Quantunque io cambiassi posto al criterio e lo
allargassi, tuttavia egli correva senza posa verso
il bello multiforme e versicolore che si muove
nelle infinite spirali della vita. Condannato senza
posa alla umiliazione d'una conversione continua,
per sfuggire all'orrore di queste apostasie filosofi-
che, io mi sono orgogliosamente rassegnato alla
modestia: mi sono contentato di sentire: e sono
venuto a cercare un asilo nell'impeccabile sempli-
cità n.1
E, in realtà, questa mancanza di sistema che
la grande, per noi , la critica del Baudelaire, poi-
ché nel sistema da cui rifugge egli vede il substrato
di idee preconcette e false che rendevano vuota e
gretta la critica dei contemporanei.
Sentire, è, infatti, la base del suo giudizio.
Lasciando ai dottrinari le discussioni pedanti e i
problemi insoluti egli trova il suo asilo nella sem-
plicità del sentimento che ci avvicina all'opera
d'arte e la fa rivivere in noi.
Se spesso nel poeta si rivela l'artista, evocando
l'eterno sogno di bellezza della materia immor-
tale, cercandone la fuggitiva impronta nelle cose,
dietro il critico noi possiamo sempre ritrovare
il poeta.
Così egli che si domanda «A quoi bon? », intra-
prèndendo il suo lavoro di critico., ci dimostra
che quésta disciplina, quando venga trattata da
uno spirito illuminato e comunicativo, non deve
davvero farsi piccina di fronte all'arte, ma anzi
farsi i' grande di fronte a lei grande, e, in certo
senso, sopra di lei ».*
* * *
« A quoi bon? », si domanda il Baudelaire da-
vanti al problema della legittimità della critica;
poiché essa non è mai stata utile ad alcuno, né
al pubblico a cui si rivolge e che non ne vuol sa-
pere, nè all'arte, poiché da essa stessa è sortita.
Voler dedurre dall'esame delle opere insegnamenti
di mezzi e di processi, è inutile e sciocco. Queste
cose si apprendono ncW atelier, e non interessano
il pubblico che si preoccupa solo del risultato.
Se tuttavia la critica vuol avere la.sua ragione
di esistere non deve essere fredda ed algebrica,
priva volontariamente di ogni temperamento, sotto
il pretesto di spiegare tutto.
La migliore critica sarà « un beau tableau étant
la nature réfléchie par un artiste, celle qui sera
ce tableau réfléchi par un esprit intclligent et
scnsible ».2 Più sopra ci ha' avvertito che la miglior
critica è, per lui, quella divertente e poetica: di
modo che resoconto di un quadro potrà anche es-
sere un sonetto o una elegia.
Senza rilevare l'evidente debolezza di questo
che è un vero paradosso, notiamo che il Baudelaire
tuttavia non si servì mai di tal mezzo per comuni-
carci le sue impressioni artistiche. Un solo sonetto,
ch'egli ha sul Tasso in prigione di Eugenio Dela-
croix, non è davvero fra i suoi migliori; vi si
nota un certo sforzo nella descrizione del quadro,
un pizzico di rettorica nella chiusa che paragona
il Tasso all'anima rinchiusa nella prigione del
reale.
Del resto Baudelaire stesso ci avverte che questa
specie di critica è destinata alle raccolte di poesia
ed ai lettori poetici. Quanto alla critica propria-
mente detta egli dice (e spera di non essere frain-
teso e che i filosofi comprendano il suo pensiero)
che per essere giusta, cioè per avere la sua ragione
di essere, essa deve essere parziale, passionata,
politica, cioè a . dire fatta da un punto di vista
assoluto.
Questi concetti, che a prima vista possono tur-
bare, racchiudono una profonda verità. Nessuno
è più imparziale del Baudelaire nei suoi giudizi:
nessuno meglio di lui sa spogliarsi d'ogni idea pre-
concetta nel valorizzare l'opera d'arte. È che nella
sua definizione della critica, parzialità e passione
1 Esposizione universale del 1855, in Curiosités esthèliques
p. 215.
1 B. Croce: Breviario d'estetica, ed. Laterza, 1913, p. 110.
3 Salon 1846, in Curiosités, p. 81.