IL CLASSICISMO DI GIAN LORENZO BERNINI E L'ARTE FRANCESE 247
come non si peritasse di criticare la statua di Cristo che è in S. Maria sopra Minerva:
dunque Annibale Carracci vuol dire — così l'intende il Bernini — rispetto per Miche-
langelo, ma, soprattutto, culto per la tradizione dell'arte classica. Nella sobrietà del-
l'arte carraccesca e nella studiata sua correttezza formale egli ravvisa certamente un
notevole valore educativo, poiché ne loda i disegni e li trova diffìcilmente imitabili:
ciò che implica il riconoscimento di una perfezione che merita studio. Per la Galleria
Farnese manifesta il maggiore entusiasmo, e non lascia passare alcuna occasione
senza lodare il maestro prediletto o ricordarne aneddoti e massime; dice che, se
Annibale Carracci fosse vissuto ai tempi di Raffaeli^), questi avrebbe dovuto esserne ge-
loso, e che, a più forte ragione, avrebbero dovuto esserne gelosi Paolo Veronese, Ti-
ziano, persino il Correggio. l:na preziosa conferma del valore educativo, anzi addi-
rittura didattico, che il Bernini ravvisa nel Carracci si ha là dove ne esalta l'arte
fatta di sapiente eclettismo. Narra, dunque, lo Chantelou: <> ...il a loué extrémement
« Annibal Carrache, et a dit qu'il avait ramasse en lui la gràce et le dessin de Raphael
« la science et l'anatomie de Michel-Ange, la noblesse et la facon de peindre du Corrège,
« le coloris du Titien, l'invention de Jules Romain et d'André Mantègne: et de la ma-
nière des dix ou douze plus grands peintres, qu'il en avait formé la sienne, romme si,
« passant par une cuisine, où ellcs fussent chacune dans un pot à part, il en avait mis
« dans le sien, qu'il aurait sous le bras, une cuiller de chacune ».
Accanto al maestro, ricorda e loda i pittori della scuola bolognese, soprattutto
Guido Reni, e poi l'Albani, il Lanfranco, e, alquanto meno, il Domenichino. Così an-
cora ha parole di approvazione per Pietro da Cortona e per Carlo Maratti, mentre
— e questo è assai interessante notare — si m< stra indifferente per il Guerrino, ed
approva il biasimo che è rivolto a Michelangelo da Caravaggio. Il Bernini stesso ha
cura di far notare allo Chantelou che loda le opere dei francesi al di là del merito, per
politica : non bisognerà perciò dar troppo peso agli elogi, piuttosto frequenti nel suo
discorso, per un'arte che non apprezzava troppo, e che in qualche parte, dal suo
punto di vista creativo, non era forse neppure in grado di apprezzare del tutto giusta-
mente. Bisognerà solo fare un'eccezione nei riguardi del Poussin, le cui opere rico
nosco a tutta, prima avendo già a Roma potuto apprezzarlo, con tanto entusiasmo, egli
stesso narra, da giungere a procurargli l'ordinazione del quadro per la Basilica Vati-
cana, e da inimicarsi Guido Reni. Del resto anche a Parigi ha lodi assai superiori per
il Poussin che non per il Domenichino, e in ogni occasione fa del grande pittore fran-
cese i più schietti elogi, riconoscendo che è riescito ad assimilarsi il disegno di Raffaello
e il colorito di Tiziano. Nel Poussin, come già in Annibale Carracci, il Bernini loda
l'eclettismo pittorico che assicura il permanere nella linea della tradizione, ma di più
— ed è per noi dichiarazione preziosa — aggiunge che nel Poussin la perfezione è dovuta
al profitto che ha saputo trarre dallo studio dell'antico. Anche (piando loda Migliarci
e Le Brun nella sua valutazione ha peso un carattere classico, quello della ricchezza
che non genera confusione.
Capacità artistica veramente creativa, e perciò assai superiore ad Annibale Car-
racci, il Bernini vede nondimeno la salute Soprattutto nella correttezza del disegno,
la quale deve apprendersi attraverso lo studio degli antichi, e quindi conferma il troppo
esclusivistico giudizio sfavorevole di Michelangelo per i pittori veneti, e, da parte sua,
giudica severamente gl'innovatori.
* * *
Se passiamo all'esame dell'opera berniniana, troviamo intera la conferma del suo
temperamento classico, plasmatosi attraverso lo studio degli antichi e l'appassionata
ammirazione per la grandiosità michelangiolesca.
Ancor giovanetto, egli certamente ha atteso, per il magnifico cardinale Scipione
Borghese, al restauro eli sculture antiche, sull'esempio di suo padre, Pietro Bernini,
come non si peritasse di criticare la statua di Cristo che è in S. Maria sopra Minerva:
dunque Annibale Carracci vuol dire — così l'intende il Bernini — rispetto per Miche-
langelo, ma, soprattutto, culto per la tradizione dell'arte classica. Nella sobrietà del-
l'arte carraccesca e nella studiata sua correttezza formale egli ravvisa certamente un
notevole valore educativo, poiché ne loda i disegni e li trova diffìcilmente imitabili:
ciò che implica il riconoscimento di una perfezione che merita studio. Per la Galleria
Farnese manifesta il maggiore entusiasmo, e non lascia passare alcuna occasione
senza lodare il maestro prediletto o ricordarne aneddoti e massime; dice che, se
Annibale Carracci fosse vissuto ai tempi di Raffaeli^), questi avrebbe dovuto esserne ge-
loso, e che, a più forte ragione, avrebbero dovuto esserne gelosi Paolo Veronese, Ti-
ziano, persino il Correggio. l:na preziosa conferma del valore educativo, anzi addi-
rittura didattico, che il Bernini ravvisa nel Carracci si ha là dove ne esalta l'arte
fatta di sapiente eclettismo. Narra, dunque, lo Chantelou: <> ...il a loué extrémement
« Annibal Carrache, et a dit qu'il avait ramasse en lui la gràce et le dessin de Raphael
« la science et l'anatomie de Michel-Ange, la noblesse et la facon de peindre du Corrège,
« le coloris du Titien, l'invention de Jules Romain et d'André Mantègne: et de la ma-
nière des dix ou douze plus grands peintres, qu'il en avait formé la sienne, romme si,
« passant par une cuisine, où ellcs fussent chacune dans un pot à part, il en avait mis
« dans le sien, qu'il aurait sous le bras, une cuiller de chacune ».
Accanto al maestro, ricorda e loda i pittori della scuola bolognese, soprattutto
Guido Reni, e poi l'Albani, il Lanfranco, e, alquanto meno, il Domenichino. Così an-
cora ha parole di approvazione per Pietro da Cortona e per Carlo Maratti, mentre
— e questo è assai interessante notare — si m< stra indifferente per il Guerrino, ed
approva il biasimo che è rivolto a Michelangelo da Caravaggio. Il Bernini stesso ha
cura di far notare allo Chantelou che loda le opere dei francesi al di là del merito, per
politica : non bisognerà perciò dar troppo peso agli elogi, piuttosto frequenti nel suo
discorso, per un'arte che non apprezzava troppo, e che in qualche parte, dal suo
punto di vista creativo, non era forse neppure in grado di apprezzare del tutto giusta-
mente. Bisognerà solo fare un'eccezione nei riguardi del Poussin, le cui opere rico
nosco a tutta, prima avendo già a Roma potuto apprezzarlo, con tanto entusiasmo, egli
stesso narra, da giungere a procurargli l'ordinazione del quadro per la Basilica Vati-
cana, e da inimicarsi Guido Reni. Del resto anche a Parigi ha lodi assai superiori per
il Poussin che non per il Domenichino, e in ogni occasione fa del grande pittore fran-
cese i più schietti elogi, riconoscendo che è riescito ad assimilarsi il disegno di Raffaello
e il colorito di Tiziano. Nel Poussin, come già in Annibale Carracci, il Bernini loda
l'eclettismo pittorico che assicura il permanere nella linea della tradizione, ma di più
— ed è per noi dichiarazione preziosa — aggiunge che nel Poussin la perfezione è dovuta
al profitto che ha saputo trarre dallo studio dell'antico. Anche (piando loda Migliarci
e Le Brun nella sua valutazione ha peso un carattere classico, quello della ricchezza
che non genera confusione.
Capacità artistica veramente creativa, e perciò assai superiore ad Annibale Car-
racci, il Bernini vede nondimeno la salute Soprattutto nella correttezza del disegno,
la quale deve apprendersi attraverso lo studio degli antichi, e quindi conferma il troppo
esclusivistico giudizio sfavorevole di Michelangelo per i pittori veneti, e, da parte sua,
giudica severamente gl'innovatori.
* * *
Se passiamo all'esame dell'opera berniniana, troviamo intera la conferma del suo
temperamento classico, plasmatosi attraverso lo studio degli antichi e l'appassionata
ammirazione per la grandiosità michelangiolesca.
Ancor giovanetto, egli certamente ha atteso, per il magnifico cardinale Scipione
Borghese, al restauro eli sculture antiche, sull'esempio di suo padre, Pietro Bernini,