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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 25.1922

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Fasc. 1
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Ortolani, Sergio: Pietro Aretino e Michelangelo
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https://doi.org/10.11588/diglit.17342#0048
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SERGIO ORTOLANI

cui per onorarmi con la gloria del vostro nome, mi sono in molti propositi di lui valuto"
e qui vorremmo vedere la prova del nostro accenno precedente); viene al concreto:
■ ma non debbo la devotion mia ritrare dal principe de la scultura e de la pittura un pezzo
di quei cartoni che solete donare fino al fuoco, acciò che in vita me lo goda e in morte !"
porti con esso meco nel sepolcro? » Ove il sincero sentimento di ammirazione si me-
scola con l'enfasi della lode accaparratrice, formando un piccolo capolavoro d'astuzia inteso
a lisciare l'ispido orgoglio del grande conterraneo. Egli doveva davvero sentir sempre
di lui un certo rispettoso timore: come il presentimento di dovere « far fiasco »; troppo
pesa le parole e lucida gli spigoli delle frasi! Molto gli dovettero costare!

Michelangelo, gelosissimo dei suoi disegni, non gli badò neppure e l'Aretino pa-
zientò, in mancanza di meglio; ma l'ira gli gonfiava a poco a poco il cuore, pensando
che l'altro non lo degnava pur di una lettera, non che dei cartoni, quando si vide co-
stretto a conoscere e per di più a lodare — secondo il vecchio impegno così poco red-
ditizio! — l'arte dello pseudo-amico, per mezzo delle copie « dei due ritratti di capi-
tani», disegnate a lapis per lui dal Vasari, o, come questi gli scriveva, "tratti da me
a petition vostra dalle sepolture del Duca Giuliano e del Duca Lorenzo »,' « opere de
lo Iddio della scultura »; o per mezzo d'uno schizzo che come reliquia a tutti andò
mostrando, rappresentante Santa Caterina, di mano di M. « sendo fanciullo.), ove cerca
di scorgere • in sì alto principio, tutto pieno di maestà e di sapere » la forza nascente del-
l'artista, deliziandosi della orecchia » così minutamente Imita di lapis »; o per mezzo ancóra
» de la testa di uno degli avocati della gloriosa casa dei Medici », mandatagli in una cas-
setta, al cui aprirsi « lo stupore lo tenne lunga pezza immobile »; e che gli fa scrivere al Va-
sari: « Io ho paura a guardarla e a lodarla sì è ella venerabile e mirabile. Che berli di barba!
che ciocche di capegli! che maniera di fronte! (die archi di ciglia! che incassatura d'occhi!
che contorno di orecchie! che profilo di naso e che sfenditura di bocca! non si può dire in
che modo accordi i sentimenti, (die la fanno viva: non si può immaginare con che atto
ella mostri di guardare, di tacere e ascoltare. Il decoro della sacrosanta vecchiezza si
scinge nel sembiante suo e pur è creta scolpita con le dita della pratica in pochi tratti...
uè solo io ho superbia di aver ciò che di suo (Michelangelo) mi avete con volontà del
signor vostro (il Duca Alessandro dei Medici) mandato, ma se ne vanta tutta questa
inclita citta (Venezia)».2

Così ha modo ancora di esaltare « il grande il mirabile il singulare Buonarroti »
nei cartoni della Leda e della Venere, (die il Vasari aveva dipinto per il duca d'Ur-
bino;' dove egli non sa se più ammirare la prima «vaga di membra e svelta di persona
e talmente dolce piana e soave di attitudine e con tanta grazia ignuda da tutti' fé parti»,
col suo (dgno che « par le voglia esalare in bocca lo spirito della sua divinità >; ola seconda
« contornata con maravigliosa rotondità di linee », cui il « prudente uomo ha fatto nel
corpo di femmina i muscoli di maschio, talché è mossa da sentimenti virili e donneschi
con elegante vivacità di artifizio».

Pure lo sdegnoso elogiato non risponde e l'Aretino, (die di questo ancora più che dei
non ottenuti disegni si adira, par dimetta ogni speranza e per sci anni interi più non lo
nomina nelle lettere.

Finalmente Jacopo Cellini, amico di ambedue, gli dà una gran gioia, scrivendogli
che certi suoi saluti a Michelangelo sono stati accolti e « accetti ». Le speranze risorgono.4
NTè ci stupisca la costanza del Nostro: è una delle sue grandi forze. È vero però che il
suo orgoglio di dittatori' delle arti figurative contemporanee è in gioco ed egli non vuol
perdere o compromettere a nessun patto quel titolo di gloria che gli aggiungeva autorità

J / ettere, 11, DCCCI, Laterza.

i Lettere, MI. j>. 15, Parigi (aprili' 1544).
 
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