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MARY PITTALUGA
Ciò che è la nota peculiare della pittura del Robusti, trovasi, dunque, in germe,
già in questo prodotto dei giovani anni, di carattere tipicamente decorativo.
La seconda tela, di questa sorella, che ho visto a Firenze, presso il R. Ufficio di
esportazione, rappresenta, come il Boschini1 dice, «l'Eterno Padre quando proibisce
il pomo ad Adamo ed Eva ». È, dell'altra, meno ben conservata, ma, attraverso i ne-
fasti effetti di sovrapposte ridipinture e verniciature, serba palese il segno di Jacopo.
Come può indovinarsi anche dalla riproduzione (fig. 2), i due nudi poco ne dicono,
ormai: le forme di Adamo e di Eva, all'Accademia plasmate con tanto senso di colore,
si sono, sotto l'azione di mani profane, sgraziatamente allargate-, appesantite, snervate.
Ma la figura dell'Eterno, che, da un lato della composizione, s'allunga, ancor tutta
sana, dice a gran voce la gloriosa paternità. Il Tintoretto dovè schizzarla in gran fretta,
direttamente sulla tela, com'egli soleva, col suo grasso pennello intriso di bel colore;
e ne fece una di quelle tipiche immagini, che, prive d'ogni consistenza corporea, vi-
vendo soltanto in grazia d'un effetto di luce e di vuoto atmosferico, hanno aspetto di
apparizione irreale.
Del quadro solo questa parte, oggi, è veramente apprezzabile: tuttavia ancora vi
si sente l'originaria varietà pittorica della composizione, la quale dovè esser ben singo-
lare, con quell'alternarsi di motivo chiaro su fondo scuro, a sinistra, e di motivo scuro
su fondo chiaro, a destra.
Che l'opera, poi, appartenga proprio al ciclo dipinto dal Robusti per la Scuola della
Trinità,2 ce ne persuadono, e la testimonianza d'una tela di questo soggetto, in quella
2 Questo quadro era proprietà del conte Sernagiotto
(cfr. Thode, Repertorium, XXIV, 1901, p. 7).
MARY PITTALUGA
Ciò che è la nota peculiare della pittura del Robusti, trovasi, dunque, in germe,
già in questo prodotto dei giovani anni, di carattere tipicamente decorativo.
La seconda tela, di questa sorella, che ho visto a Firenze, presso il R. Ufficio di
esportazione, rappresenta, come il Boschini1 dice, «l'Eterno Padre quando proibisce
il pomo ad Adamo ed Eva ». È, dell'altra, meno ben conservata, ma, attraverso i ne-
fasti effetti di sovrapposte ridipinture e verniciature, serba palese il segno di Jacopo.
Come può indovinarsi anche dalla riproduzione (fig. 2), i due nudi poco ne dicono,
ormai: le forme di Adamo e di Eva, all'Accademia plasmate con tanto senso di colore,
si sono, sotto l'azione di mani profane, sgraziatamente allargate-, appesantite, snervate.
Ma la figura dell'Eterno, che, da un lato della composizione, s'allunga, ancor tutta
sana, dice a gran voce la gloriosa paternità. Il Tintoretto dovè schizzarla in gran fretta,
direttamente sulla tela, com'egli soleva, col suo grasso pennello intriso di bel colore;
e ne fece una di quelle tipiche immagini, che, prive d'ogni consistenza corporea, vi-
vendo soltanto in grazia d'un effetto di luce e di vuoto atmosferico, hanno aspetto di
apparizione irreale.
Del quadro solo questa parte, oggi, è veramente apprezzabile: tuttavia ancora vi
si sente l'originaria varietà pittorica della composizione, la quale dovè esser ben singo-
lare, con quell'alternarsi di motivo chiaro su fondo scuro, a sinistra, e di motivo scuro
su fondo chiaro, a destra.
Che l'opera, poi, appartenga proprio al ciclo dipinto dal Robusti per la Scuola della
Trinità,2 ce ne persuadono, e la testimonianza d'una tela di questo soggetto, in quella
2 Questo quadro era proprietà del conte Sernagiotto
(cfr. Thode, Repertorium, XXIV, 1901, p. 7).