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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 27.1924

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Fasc. 3
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Venturi, Adolfo: Lorenzo Lotto: nuove ricerche
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https://doi.org/10.11588/diglit.17344#0172

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LORENZO LOTTO

NUOVE RICERCHE

Alla cara memoria di Gustavo Frizzoni.

Lorenzo Lotto — a cui Tiziano mandava saluti da Augsburg, con le parole: « 0 Lotto
come la bontà buono e come la virtù virtuoso » — uscì a Venezia, nella prima decade
del Cinquecento, con una folla multicolore di maestri e di geni nella pittura. Egli fu caro
alla critica moderna; e i rimpianti Giovanni Morelli e Gustavo Frizzoni, che lo ebbero, nei
soggiorni a Bergamo, di frequente sotto gli occhi, e, può dirsi, familiare, promossero
intorno al pittore veneziano studi e ricerche, importante fra tutte la ricostruzione critica
di Bernard Berenson. Però una parte dell'architettura di questo fine critico fu modifi-
cata, e cioè quanto riguarda l'educazione e il primo svolgimento del pittore. In seguito,
si lavorò e si lavora a disporre, nella variata molteplice attività del nobilissimo artista,
ogni opera a suo posto, per veder lui tutt'intero, compiuto, nella sua grandezza.

Tra i capolavori, non numerosi, del Quattrocento italiano nella Galleria del Louvre, è un
Ritratto di géntiluomo (fig. i), attribuito a Vincenzo Catena, opera indubbia di Lorenzo Lotto
nel suo ammirabile periodo giovanile, contemporanea al Ritratto del vescovo Rossi nella
(ialleria Nazionale di Napoli. Il colore fluido e ricco, la gamma del rosso vinoso nella seta
marezzata del corsetto, del rosso lacca nel cappello, della fulva pelliccia, la fredda luce
degli occhi grigioverdi, subito volgono il nostro pensiero al grande scolaro di Alvise Vi-
varini; e il taglio dei piani, crudo affilato, gli spigoli irregolari e acuti del naso, che danno
alla luce uno sviluppo spezzato e nervoso, le labbra intagliate come in agata, il portamento
sostenuto e altiero, lo sguardo acuto e dominatore, pongono il ritratto del Louvre a
parallelo evidente col ritratto di Napoli, culmine dell'arte primitiva di Lorenzo Lotto.

Alla piena maturità del grande maestro, e cioè circa il 1515, ci conduce invece un
minuscolo quadro, probabile frammento d'ancona, attribuito al Correggio, sino a quando,
dopo la rivendicazione da noi fatta a Lorenzo Lotto, entrò nella superba raccolta di
R. H. Benson (fig. 2). La linea increspata e volante, la pennellata corsiva e rapida, ci
mostrano il pittore veneziano già libero dai vincoli del segno quattrocentesco: con estrema
spontaneità, la mano dell'artista traduce i deliziosi capricci di una fantasia volubile e
delicata, avvolgendo il Cristo in un fruscio di ali e di stoffe, imprimendo alle forme
degli angeli i brividi del vento di primavera. Le composizioni di Giambellino (Cristo
seduto sul sarcofago con gli angeli dolenti a lui intorno), diedero forse un lontano spunto
alla squisita pittura lottesca, ma invece del silenzio religioso, che il soave pittore veneziano
infonde alle sue forme composte, alle sue calme luci, Lorenzo Lotto, in ogni linea delle
due immagini che cingono il Cristo come fresca ghirlanda di fiori, esprime l'affrettato
vibrar dell'aria e della luce, slancio e tenerezza: l'angelo a sinistra, con la persona pun-
tellata a terra per sollevarsi all'altezza di Cristo, con la femminea testa ansiosa, tutto
proteso nel gesto soccorrevole della mano che sorregge la fronte del Redentore, lam-
bisce il tronco inerte con fremiti d'edera al vento, con leggerezza di fiamma. In questo
motivo, e nell'incrocio delle acute ali sul capo di Cristo, e nella sorprendente freschezza
delle tinte lievi, azzurro, lilla e rosa di petali, verde di foglia tenera che lascia trasparire il
raggio del sole, sorriso di fiori e di erbe primaverili attorno al giallo cereo della morte,
Lorenzo Lotto rivela al massimo grado la grazia capricciosa della sua fantasia.
 
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