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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 27.1924

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Fasc. 4
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Venturi, Adolfo: Antonello da Messina: un ritratto della Galleria Bachstitz - L'Ecce Homo del Museo di Novara
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https://doi.org/10.11588/diglit.17344#0216

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ADOLFO VENTURI

studio di allontanare i particolarismi della forma perchè più chiara emerga la regola-
rità del volume. Invece, sorprendente è l'affinità del Cristo di Novara con quello del
Museo civico di Piacenza: modulo di testa ovoidale, volto molto reclinato sopra la
spalla destra, corpo girato a sinistra come in lenta rotazione, parapetto di marmo:
sola differenza esteriore, il nodo della corda disceso più in basso, e i lembi penduli
dal parapetto, nel quadro di Novara. Replica, dunque, quest'ultima, della pittura
piacentina, anteriore certo di qualche anno, come dimostrano la minor determinazione
volumetrica, la cura particolaristica d'illuminare i cincinni delle chiome, le labbra non
prive di morbidezza. Il Cristo di Novara, probabilmente vicino di tempo all'Annun-
ciata di Monaco, è superiore a quello di Piacenza: rappresenta l'arte di Antonello in
una forma più matura, architettata sopra schemi più sintetici, sopra un criterio plastico
sviluppato e deciso. Basti confrontare, appunto, la bocca: chiusa, corrucciata in entrambi
i quadri, si arcua con violenza, ma ecco che mentre nel quadro di Piacenza il labbro infe-
riore ha una divisione mediana spiccata, nel quadro di Novara s'arrotonda in una sola
massa, cilindrata con mirabile senso volumetrico, con una potenza di rilievo e una
finezza di tornitura marmorea che basterebbero ad affermare il nome di Antonello;
anche la fessura tra labbro e labbro, sottile, cruda, accentua il valore plastico delle
labbra marmoree, e, ad un tempo, la violenza espressiva della bocca angosciata, tesa
in basso così che il labbro superiore si disegni come punte di freccia. Quest'accen-
tuazione e determinazione dei volumi singoli entro il volume totale, si nota in tutta
la marmorea forma: il rilievo degli zigomi, ammorbidito dal chiaroscuro nel Cristo di
Piacenza, qui s'ingloba; il naso rilevato alla base da un riflesso luminoso, nella imma-
gine più antica, è costruito ora con regolarità perfetta di prisma; la fronte, piatta nel quadro
di Piacenza sotto il rilievo ammirabile della corona di spine, completa, a Novara, con
la sua convessità, l'ovoide della testa, staccata, a tutto tondo, dalla base unita nera,
dal pilastro disposto per angolo dietro la figura del martire. E la maggiore energia pla-
stica del Cristo di Novara si manifesta ancora nei tendini del collo tesi sino allo spa-
simo, sul cavo profondo della gola; nella corda, che scavalca il parapetto per ripetere,
al primo piano nel quadro, il volume cilindrico prediletto da Antonello, in pieno risalto
sulla liscia parete marmorea; nel nodo superbamente eostruito dal triplice anello
della fune sul turgido petto; nei globi possenti degli omeri. Questa accentuazione
del valore plastico si accompagna a una intensità duplicata di espressione: il declivio più
ripido delle sopracciglia, che si disegnano a spiccato accento circonflesso, ripete il
declivio delle labbra, infondendo al volto, con pochi tratti sintetici, un'espressione for-
midabile di tormento e di sdegno, consona alla potenza caratterizzatrice del ritrat-
tista del Condottiero. Le ciocche cadenti a lambire la spalla del Cristo di Piacenza
in anella metalliche mosse e illuminate con minuziosa cura, allontanate dal volto, qui
si attorcono in spire sanguigne, cadono aderenti al collo, in masse raccolte e torpide,
come bagnate di sangue: l'iride vitrea, a raggi, s'intorbida, annebbiata da tortura.
Alle rare opere di Antonello aggiungiamo dunque questa gemma, corrosa in parte da
feroci ripuliture, ignorata in un piccolo museo, lieti di segnare ancora una linea per
la ricostruzione dell'attività del genio siciliano, col Mantegna e con Piero della Fran-
cesca, ispiratore della grande vita artistica di Venezia.

Adolfo Venturi.
 
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