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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 28.1925

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Fasc. 1
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Longhi, Roberto: Giunte a Tiziano
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https://doi.org/10.11588/diglit.17345#0070
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48

ROBERTO L0NGH1

scitore degli impasti Tizianeschi potrebbe aver preteso a tanto, senza poi in qualche parte
tradirsi.

Ma osserviamo, infine, il quadro dove appare alla prima una tale estremità dramma-
tica nella interpretazione, da procedere oltre l'esemplare più celebre.

Un dilaniato, un rilassato più atroce è nel corpo del Cristo che in luogo di reclinare
con degnità e sussiego il capo sulla spalla, lo arretra rovescio, e per tal modo offerto al
più rapido disfacimento sempre insito nella illuminazione di sotto in su che naturalmente
ne risulta. Tutta la grana del corpo e di ogni corpo del quadro è più rada, più medusea;
nella Maddalena che apre le braccia, direi le ali come una grande farfalla nivea, nell'Ari-
mataico dove la calvizie non appare che come un barbaglio di ostensorio riflesso, e dove
sulla tunica, dolce come un terreno bruno, appaiono rapide quali malori autunnali,
quelle triadi di bolle nere, quasi ombre projette di funghi velenosi.

È infine la stessa materia estenue della Pietà dell'Accademia; senza che per questo
ci vogliamo spingere a credere tanto inoltrato nel tempo questo secondo Deposto di Ma-
drid. Altri potrebbe domandarsi se non si trattasse della prima redazione fatta da Tiziano
per il Re Cattolico, e primamente smarrita nel viaggio per la Spagna. Ma, per quanto ci
tenti, questa supposizione urta contro gli spiriti dell'opera che sono più estatici, più ideali
che nel Deposto del '59, e che, ripetiamo, ci pajono collimare all'incirca con il settan-
tesimo anno del secolo.1

* * *

Illustro per ultima un'opera di Tiziano, non completamente dimenticata come le pre-
cedenti dacché è citata dal Cavalcaseli2 e intravisibile in una pessima riproduzione nel-
l'ampio articolo del Clausse,3 ma che tuttavia è praticamente sconosciuta al pubblico
anche di studiosi, che non sian specialisti dell'argomento, e son pochi.

Parlo del ritratto di Pier Luigi Farnese in abito civile di gala che si conserva nel
Palazzo Reale di Napoli, e di provenienza, s'intende, Farnesiana4 (fig. àt).

In confronto con l'altro del Museo dove Pier Luigi appare in arnese, si dimostra
alquanto più antico per ragioni di pittura, come per induzioni esterne apparve al Clausse
che lo datò, ci sembra giustamente, verso il 1543.5

F di fatto ancora una di quelle prepotenti individuazioni dove la placida umana
fioritura ch'è proprio dello sboccio parato, stoffato, orientale di Venezia fino al 1520 e che
comprende nell'attività di Tiziano ritratti come quello del cosiddetto Ariosto a Londra
e fra i contemporanei la ricca serie dei ritratti giorgioneschi e palmeschi, cede grado a
grado a una nuova forma potente con fulgore, che Sebastiano, io penso, ha insegnato al
mondo immettendo nel croma, in forma atrocemente drammatica, frammenti insolubili
di umanica plasticità; si pensino a paradigma le mani abnormi del Clemente VII che
vivono di peso immane sotto il rocchetto lampeggiato a distesa. Qui stesso, in questo
inumano e quasi messicano Farnese nessuno avrebbe previsto che di sotto la fiumana
della guarnacca dove le sete ancora discendono in rapidi squillanti scrosci di bellezza
alpestre, che ci rammentano le mattine nitide del giovine Tiziano, emergerebbe una testa
così potente e ineluttabile, e che le mani peserebbero tanto di sotto la martora.

Arrogi, un'elsa che sebbene favoleggiata dal tocco incantatore appartiene troppo
chiaramente pc la sua fisionomia a quei mirabili monstrua dell'oreficeria toscana che con

1 Non ci occupiamo qui del tentativo del Ri-
chetts per riportare più tardi, verso il '06, la
Deposizione del '59; poiché non ci pare plausibile.
(Titian, Londra, 1910, p. 148).

2 Cavalcaselle, op. cit., 1t, 1 I' .

' Clausse, Les Farnése peints par Titien, in
Gaz. d. B. A., 1905, p. 121-123.

t Campori, Race, ili cataloghi, ctc., Modena,
1870, p. 230.

5 Clausse, art. cit., p. 124.
 
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