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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 28.1925

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Fasc. 1
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Golzio, Vincenzo: Walter Pater critico d'arte
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https://doi.org/10.11588/diglit.17345#0087

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WALTER PATER CRITICO D'ARTE

^5

I.a scultura è l'arte su cui il Pater più larga-
mente ha teorizzato, e la scultura è appunto l'arte
classica per eccellenza, come quella in cui l'Idea
ha la sua più perfetta incarnazione.

Queste sono le premesse teoriche della critica
del Pater, in parte poste da lui stesso, in parte
ricavate dalla sua pratica critica. Ma è quest'ultima
appunto che desta in noi maggior interesse, poiché
è in essa che potremo saggiare la squisita sensi-
bilità del Pater, il suo finissimo intuito di fronte
alle concrete opere d'arte. E poiché la sua critica
ha principalmente per oggetto opere delle arti
figurative e di queste sole noi ci occuperemo, è
necessario stabilire la posizione del nostro in tale
genere di critica.

Rileviamo subito come il Pater prenda decisa-
mente posizione contro quella che si suo! chiamare
« critica letteraria ». Egli invero sostiene la neces-
sità di considerare la pittura con criteri affatto
diversi da quelli con cui si considera la poesia, e
di tener conto dei mezzi specia'i coi qua'i la pit-
tura parla a! nostro spirito. In una pittura si deve
notare « quel vero fascino pittorico, che non è sol-
tanto pensiero o sentimento poetico, e né pur
semplice risultato di comunicabile maestria tec-
nica in colore e disegno ». Il Pater sente il pericolo
che un ta'e principio conduca alla confusione del-
l'arte con la tecnica, e vuol prevenire ogni obie-
zione con l'affermare che non si tratta di maestria
tecnica, la quale, a differenza dell'arte, è comu-
nicabile, cioè insegnabile e apprendibile.

La confusione tra arte e tecnica e tra pittura
e poesia, continua egli ancora, può esser fatta solo
da quei critici, i quali credono che « nella deli-
neazione e nel tocco tutto sia semplice conquista
della tecnica, preparatasi nell'intelletto e all'in-
telletto rivolgentesi, o d'altra parte che tutto
sia di un interesse semplicemente poetico o
letterario, anch'esso rivolto alla pura intelligenza».
Ciò perchè «essi non ebbero mai visione di quella
verace qualità pittorica che sta di mezzo fra
l'interesse poetico e il semplice fatto tecnico, e
che è l'indice unico del dono pittorico, di quella
inventiva o creativa trattazione della pura linea
e del colore, la quale (come quasi sempre nel-
la pittura neerlandese, come anche spesso nelle
opere di Tiziano e del Veronese) è tutta indipen-
dente da qualsiasi cosa di precisamente poetico
nel soggetto cui è connessa».1

Affermando che la pittura è « inventiva o crea-
tiva trattazione della pura linea e del colore », il
Pater non solo supera la tanto comune concezione

1 Tutti i passi citati sono tolti da La scuola di Gior-
gione (Il Rinascimento, p. 121, e scg.)

dell'arte come imitazione della natura, ma anche
previene l'accusa di sensualismo che si fa alla cri-
tica degli elementi figurativi, spiritualizzando gli
elementi stessi. Inoltre considerare la pittura come
indipendente dal soggetto, è enunciare un principio
seguito da tutta l'attuale critica. Qui non si tratta
soltanto di accenni o di presentimenti, ma di affer-
mazioni coscientemente e chiaramente espresse.

11 colore è per il Pater mezzo di espressione
dello spirito dell'artista; egli lo chiama perciò
« imaginativo » e afferma che « ciascun colore non
è una semplice qualità di bellezza delle cose natu-
rali, ma uno spirito che le rende eloquenti al nostro
spirito».1 «Cadaveroso o per lo meno freddo»,
sia pure a causa dell'incompiutezza della tecnica
del tempo, nella Nascila dì Venere botticelliana
insieme a'ia luce di alba senza sole ci manifesta
la melanconia che corre per tutte le opere del fio-
rentino; nella scuola di Giorgione divenuto robu-
sto e squillante, ci esalta con meravigliose sinfo-
nie cromatiche. Tutto in Italia è colore; in Ita-
lia «le cose naturali son tessute di fili d'oro sì che
anche i cipressi ne rivelano la trama attraverso
le sinuosità della loro negrezza »; in Italia sorge
la pittura veneziana che mai dimenticò che « la
pittura è innanzi tutto cosa decorativa, fatta
per g'i occhi, spazio di colore sopra una parete,
ma so'o più destramente fuso del marezzo della
preziosa pietra murale o delle variazioni che l'om-
bra e il sole vi producono e che tale è il principio
e il fine della pittura, pur potendovi trovar libero
campo ogni più alta materia di pensiero o di poesia

0 di sogno religioso».2

Ma oltre che al colore il Pater è sensibile al
valore espressivo della luce.

Un paesaggio è simile a un quadro in quanto
« i particolari materiali vengon facilmente assor-
biti da quella espressione informativa di luce che
passa, ed elevati in tutto il loro sviluppo da un
effetto delizioso e nuovo».3Così laluce spiritualizza
il paesaggio che altrimenti rimarrebbe materia
bruta, estranea all'arte.

Luce e ombra ritornano spesso avanti la fan-
tasia del Pater: « la sola luce e l'ombra » possono
facilmente « modulare » un paesaggio « secondo
un tono dominante », e una pittura « non ha nel
suo primo aspetto, linguaggio più definito per
noi che un accidentale giuoco di sole e di ombra...
ed essa non è in verità che uno spazio di luce ove

1 colori si accolgono come nei tappeti d'Oriente ».4

1 // Rinascimento, p. 59.

2 Op. cit., p. 141 e 130.

3 Op. cit., p. 126.

4 Op. cit., La scuola di Giordane, p. 126 e 123.

L'Arte. XXVIII, 9.
 
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