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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 28.1925

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Fasc. 3
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Venturi, Adolfo: Un prezioso frammento sconosciuto di Filippo Lippi
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https://doi.org/10.11588/diglit.17345#0203

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ADOLFO VENTURI

175

ancora memore dell'arte delicata del Domenicano nella gentilezza timida degli aspetti, rida
vita al gusto antico di Lorenzo Monaco per la sinuosità dei contorni gotici, delle falcate
archeggiature: le pieghe s'aggirano serpentine sul giovane monaco prostrato e sui diaconi
che fiancheggiano il sacerdote. Ma le immagini che Lorenzo Monaco disegnava esili,
coniche, a fragile vertice gotico, hanno in quest'opera di Filippo, pur insolitamente volta
a ricerca di ritmi lineari propri del gotico fiorito, ampiezza di forme, rotondità di rilievo,
le proporzioni misurate del rinascimento: Masaccio, Beato Angelico, il Pesellino insegnano.
E in tutto è un profondo equilibrio.

L'architettura chiara, semplice, non ancora tronca per dare alle immagini giusto
rapporto di proporzioni rispetto all'ambiente, come avverrà poi nella predella con
l'Annuncio della Morte alla Vergine (Galleria dell'Accademia fiorentina), trae illusione
d'altezza dalla profondità della volta. Dietro la gotica cornice lobata, vediamo aprirsi con
sorpresa uno spazio nitido, riquadrato secondo gli schemi del primo rinascimento, limitato
da colonnine esili come ceri, ma di tipo classico, da una semplice trabeazione, da lisce
pareti, su cui gli stipiti delle porte e l'architrave accennano appena a un insensibile distacco
di rilievo.

Ancora le mensolette gotiche smussano gli angoli delle porte aperte verso altre celle e
verso l'ombrosa profondità di un chiostro, dove attende, nera, la fossa marmorea del
Santo. Masaccio, contemporaneo del Brunellesco, dava all'arcone del Crocefisso di Santa
Maria Novella, alle muraglie degli edifici negli affreschi della Cappella Brancaccio, l'impo-
nenza delle statuarie immagini: Filippo Lippi rispecchia in questo nudo angolo di mona-
stero un rinascimento ingenuo, timido, che ha paura del volume, di ogni risalto di masse,
e dalla sua esitanza trae l'incanto della fanciullezza. I vuoti dominano: le muraglie son
tramezzi sottili; il Santo vescovo sul cataletto coperto della coltre fiorita sembra un rilievo
di pietra terragna, staccato dal pavimento di qualche cattedrale, tanto esile, spianata, è la
forma. Le due colonnine dividono il campo come in parti di trittico e servono mirabilmente
all'architettonica misura della composizione; il gruppo dei piangenti equilibra, da un lato,
la sporgenza del muro in cui si apre la cella, dalla parte opposta; il gruppo dei monaci
s'incurva a nicchia, e il turiferario e il diaconocon l'acqua benedetta, in ugual modo tagliati
dalla linea delle colonnine, in uguale sinuoso atteggiamento disposti, chiudono tra simme-
trici archi d'ala il sacerdote. L'armonia delle curve, la grazia dei panneggi fluenti prelu-
diano, in questo giovanile e rarissimo saggio dell'arte di Filippo Lippi, ai ritmi botticelliani:
degno di qualunque grande maestro è il piviale spiovente dalle spalle del sacerdote, nella
calcolata misura delle pieghe ampie, aderenti alla forma, commento ritmico alla intenta
posa. L'ingenuità dell'architettura si rispecchia anche nella costruzione del gruppo, che
non distanzia e ci mostra negli intervalli tra spalla e spalla volti di monaci affacciati come
a finestrelle; ma la cui va che abbraccia il gruppo tra le due oblunghe porticine, l'armonia
sommessa dei bigi e dei rosei sull'ombra del chiostro interno, l'infantile dolcezza del mo-
naco curvo a baciare il piede del Santo, pongono il minuscolo quadro tra i fiori più eletti
del primo rinascimento in Firenze.

A Prato, quando Filippo Lippi vuol narrare la morte di San Girolamo e il lutto dei frati,
ricorre a una mimica popolaresca e loquace, a uno scenario affollato: la bara è all'aperto,
e le rupi dell'eremo s'innalzano nello sfondo sino a raggiungere la mandorla dell'Eterno
frecciata da ali d'angeli : intorno al cataletto, i monaci fanno a gara a dimostrar il proprio
dolore: chi piange e grida, chi piagnucola sommesso, chi apre costernato le braccia; e il
santo giace sul cataletto, gonfio nella veste ondeggiante, sulla coltre anch'essa riccamente
fiorita; uno storpio e un divoto completano la chiassosa e vivida scena.
 
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