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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 28.1925

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Fasc. 3
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Nicco Fasola, Giusta: Ravenna e i principi compositivi dell'arte bizantina, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17345#0230

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202

GIUSTA NICCO

come « un melange de libre fantaisie et d'immobi-
litè solennelle » ripetendo forse il Millet che ugual-
mente la dichiara: « melange de fantaisie et
d'immobilitò ». 1

Del resto la preoccupazione maggiore è per il
primo collegarla alle sue duplici origini, specie
a quella orientale; per il secondo scomporla se-
condo il compito iconografico. Nè l'uno nè l'altro
svolgono di più quell'accenno, che non manca
d'importanza.

Invece O. M. Dalton si estende maggiormente
nelle considerazioni stilistiche; ma per una inspie-
gabile noncuranza di mettere a confronto le sue
successive affermazioni, è ben lungi dal persua-
dere. Di più, il suo pensiero è chiaramente con-
tradditorio. 2

E questo è dovuto all'aver sezionato le sue
riflessioni, notando prima, manchevolezze, e poi,
pregi dell'arte bizantina; anzi al fatto stesso di
pensare che si possa parlare di qualità positive
o negative senza ricavarne il criterio dall'arte
bizantina stessa, ma riferendosi a idee già fatte
di perfezione, circa questo o quell'aspetto.

Comincia notando che l'arte bizantina, come gli
altri sistemi eclettici (se si accettasse questa
parola sarebbe bell'e pronunciato il giudizio) ebbe
poco entusiasmo, e mancherebbe al suo scopo
senza la bellezza del colore. Le mancava « una
idea nazionale di bellezza »; e mentre una bella
statua greca o un vaso, sotto quasiasi cielo e in
qualsiasi epoca, costringe a subitanea ammira-
zione per la « assoluta inevitabile bellezza indi-
pendente da credo o da moda », un'opera bizan-
tina può essere ammirata « per il colore, per
l'effetto sontuoso, per le particolari qualità tec-
niche; ma non per la suprema armonia, il ritmo,
la perfezione di forma che sola comanda un
omaggio universale ». 3

Strana forma di rispetto: se non si giudicasse
l'arte bizantina col criterio dell'arte ellenica, egli
dice, sarebbe « ritenerla un'arte indegna d'es-
sere misurata coi più alti canoni che noi posse-
diamo ».

La forma è dunque manchevole; ma come deco-
razione quest'arte è spesso di un'inarrivabile
maestà, come interpretazione della natura umana
e animata è « troppo imitativa, per raggiungere
il supremo successo ». Ma come si può leggere
subito dopo senza stupire: « la sua forma evoca

1 Charles Dhiel, Manuel d'art byxantin, Paris, ioio,
pag. 815; Millet, L'Art byzaniin, nel i° voi. dell'Histoire de
l'art del Michel, pag. 130.

2 D. M. Dalton, Hyzantinc art and archaeology, Oxford,
ìgil.

3 Dalton, op. cit., pag. 32.

e ravviva il senso della vita ma è una vita — elect
and spiritual and not the tumultuous flow of
human existence —»?

Passando alle qualità, dice cose giuste: « il
freno di una legge sempre presente può impove-
rire l'immaginazione, ma impedisce la retorica,
e presta al linguaggio artistico la maestosa gran-
dezza di una liturgia. I casi minuti e frivoli della
vita non si intromettono nella sfera di queste
alte astrazioni... ()uest'arte evita il falso pathos,
la falsa unzione, il sentimento debole ».* E final-
mente, con grande penetrazione: « E grandissima,
è più se stessa quando rinuncia francamente alla
natura; il suo più alto livello è forse raggiunto dove
(come nei migliori musaici) è imposta una grave
trattazione schematica, dove non è tollerata
nessuna illusione di piani indietreggianti, nes-
suna preoccupazione di anatomia che distragga
l'occhio dal mistero centrale del simbolo ».

Evidentemente il Dalton non s'è domandato se
questi aspetti di cui intende così bene il valore
erano compatibili con la forma greca, se il colore
e l'effetto decorativo potessero mostrarsi da
figure ben modellate. Se ciò non è, bisogna sce-
gliere: o rinunciare a tutto quel che esorbita
dalla tradizione ellenica, e allora non è il caso di
parlare di pregi artistici di colore e di solennità;
o credere che questi e molti altri son valori effet-
tivi, ed è inutile, erroneo, fare confronti con
altre espressioni artistiche.

Ma la cosa si complica quando il Dalton conclude
« l'assoluta grandezza dell'arte bizantina sarà af-
fermata o negata secondo che la parentela dell'arte
coll'etica è considerata vicina o remota ».2 Piut-
tosto che confutare una volta di più questa propo-
sizione, la indichiamo come misura dell'incoerenza
dell'autore.

Per Arduino Colasanti3 l'arte bizantina è un fascio
di volontà che non stanno bene assieme: « ...la pit-
tura non solo apriva agli occhi degli uomini mera-
vigliati immagini di sovrumana bellezza... ma ten-
tava le vie del naturalismo nelle rare icone, ricche
di un profondo senso di vita e soddisfaceva il suo
sfrenato desiderio di lusso con numerosissimi mano-
scritti miniati ».

Ln'opera accurata sull'arte bizantina è quella
del dottor Oscar W'ulti; ' il suo difetto è di vedere
parte per parte e di non cercare, ad esempio,
se c'è, il fondo comune del Monumentalstil (che

1 Op. cit., pag. 45.

2 Op. cit., pag. 37.

3 A. Colasanti, L'arte bizantina in Italia, pag. IV, Be-
stetti e Tnmminelli, Milano.

4 Oscar Wulff, Altchristlicke und byzantinische Kunst,
Berlin.
 
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