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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 31.1928

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Bollettino bibliografico
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https://doi.org/10.11588/diglit.55191#0302

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BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

I. - Teoria Sull’Arte, sulla Storia e Critica
artistica, sulla Pedagogia artistica, ecc.
S. Vitale, L’estetica dell’architettura. Saggio sullo
sviluppo dello spirito costruttivo, Bari, Laterza,
1928, pp. 154 con ili. L. io.
Il titolo del libro, e ancor più il sottotitolo, è certo molto
seducente, e chiunque senta l’attrazione che esercitano quelli
che ben possiamo chiamare i massimi problemi dell’arte
aprirà con grande aspettazione il nitido volume.
Certo il Vitale dev’essere un innamorato del suo argo-
mento, e ben spesso riesce a comunicare il suo calore ai let-
tori, ma se questi saranno attenti a non lasciarsi trasportare
cjall’interesse per la materia, si accorgeranno come il presente
saggio sia viziato da concezioni che troppo da vicino ricor-
dano quelle di certe estetiche ormai sorpassate. E pur
ammettendo che il Vitale non voglia ritenerle tali, è certo
un male che egli non abbia tenuto conto, come doveva, anche
per combatterle, dell’esistenza di altre dottrine, pur tanto
moderne e vive.
Così il Vitale tiene sostanzialmente fede alla trita distin-
zione tra arti che imitano la realtà e arti che non la imitano;
e ammette una differenza tra arti che rispondono immedia-
tamente all’idea e arti che hanno bisogno d’un modello
che faccia da intermediario.
Accenniamo poi solamente a certe affermazioni, che sa-
rebbe fuori luogo discutere qui: nell’architettura, per l’au-
tore, il Bello assume un carattere specialissimo, assoluta-
mente diverso da quello di tutte le altre forme d’arte, poiché
in essa si rivela in modo specifico come proporzione e ar-
monia; perciò l’architettura ci appare come il simbolo stesso
della creazione.
Ci limitiamo a osservare che tutte queste considerazioni
presuppongono una distinzione essenziale tra architettura,
pittura e scultura. Ora se è certo che questa distinzione
sussiste nella pratica, è pure altrettanto certo che ,essa è
empirica, tanto vero che non sono pochi i critici d’arte che
parlano di architettura a proposito di una pittura (ad esem-
pio di Piero delia Francesca) o anche di scultura (per un
dipinto ad esempio di Michelangelo o di Masaccio), come è
notissimo a chi s’occupa di critica,
E ciò ci induce a dire, per negarla, dell’inattualità dell’ar-
chitettura, sostenuta dall’autore. È giusto che lo spirito
moderno rifugge dal concreto e dal definito, ma a noi sem-
bra che un edificio sia concreto e definito così come lo è
un quadro, una volta che sia stato dipinto. E l’architettura,

in quanto è libera da ogni rapporto col reale, come la musica,
è più moderna della pittura, che da tanti si vuol ridurre a
puri elementi visivi, prescindendo dalla realtà (futurismo,
cubismo, espressionismo, ecc.)>
V. G.
IV. - Arte gotica.
E. Cecchi, Trecentisti Senesi, ed. Valori Plastici,
Roma, 1928.
Trovo che dobbiamo essere grati a Emilio Cecchi sovra-
tutto quando, nelle pagine di questo suo recente volume,
egli s’è lasciato al pendìo dei propri gusti di smaliziato e
sensibile scrittore, gettando alle spine la tonaca di tanto
volenterosa modestia, qual’è quella di indursi a mettere nervi
e fronde nei frusti schemi dello storicismo consueto. Questa,
sarebbe già vera superbia, a voler pretenderla dai molti
filologi delle arti figurative; ma nella fortunata occasione
di dover ospitare il Cecchi — dirò — in casa nostra, è
pur obbligo farci cari assai, se vogliamo rendergli un pari
onore.
Mi pare, infatti, che egli, indossata con sincera contrizione
la sua cappa d’istorico, non abbia potuto il più delle volte
restarsene serio davanti ai capziosi raggiri e ai sofistici con-
gegni dei se, dei ma e dei forse, dai quali i nostri archeologi
sperano alle loro invenzioni quell’aria meticolósa e « scien-
tifica » eh’essi prediligono; e rimango avvertito che, anche
quando il Cecchi s’è accorto d’esser riuscito ad aggirare
quel suo scanzonato sorriso nelle più oneste e schermite
parole, egli ci aggiusta una punta d’occhio in tralice, perchè
non ci accada di lodare proprio la sua innocenza. Non vorrei,
per l’appunto, cascarci io stesso, assumendo indistinta-
mente la lettera di questo suo libro, senz£ discernervi la
calorosa libertà delle sintesi critiche: ch<Mo adornano e il
compiuto apparato delle attribuzioni, delle "citazioni e dei
documenti cronistici e iconografici, nonché della minuta ese-
gesi che vi s’è andata via via esercitando.
È ben vero che il Cecchi ha insaporito questa fitta ana-
litica con gli umori felici della sua penna; e molte sono le
delizie e le acuità che vi ha sparso; nè sarebbe giusto che,
per lodare il meglio, si volesse poi deprimere o pur trascu-
rare una qualità che farebbe sola il pregio d’un libro del
genere, qualora lo si accolga come la più informata e av-
veduta delle compilazioni: e intendo il buon senso della siste-
mazione espositiva dei fatti, e della sottintesa esautorazione
dei tanti incidenti che il gusto sofistico degli eruditi ha dap-
 
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