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Bullettino archeologico Napoletano — N.S.5.1856-1857

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Nr. 118 (Giugno 1857)
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https://doi.org/10.11588/diglit.12304#0161
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BALLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.

NUOVA SERIE
fe lla (20. dell'anno V.) Giugno 1857.

Dichiarazione delle pitture di un inedito vaso fittile greco del Museo latta—Monete di Laodicea della Frigia
rappresentanti simbolicamente i suoi due fiumi Lieo e Capro.—Terracotta antica rappresentante le Parche.—■
La morte di Egisto e la festa degli oscilla, in vaso dipinto.

Dichiarazione delle pitture di un inedito vaso fittile
greco del Musco Jalta.

Tre separali dipinti adornano l'importante ed ine-
dito vaso fili ile ritratto nella tavola XIII (1).

Gajo è il soggetto della pittura ebe alle altre so-
vrasta. Sotto una pergola, carica di pampani e di uva,
siede mollemente Bacco, tenendo il tirso ed un an-
sato bicchiere ( xoCvÉxpos ). Innanzi a lui sta un tinel-
lo, nel quale un Satiro, o Sileno che dirsi voglia , è
in alto di vuotare un'anfora ben grande ed ornala di
ederacea ghirlanda.

Presso all'indicato seguace di Bacco e»vi un in-
cerniere (&viuxrr\piov) che brucia le odorose gomme
postevi da un' alala e giovane donna. Colali profumi
di soave fragranza furono pròpriamente usali nel cullo
Julia dea del piacere (2), ed oflronsi qui ad un nume
eh' è sempre in festa e in gioco ; onde può credersi
personificala in quella muliebre figura la voluttà (r^ovy))
eh' ebbesi da effigiare con le ali perchè ralla s'in-
vola (3).

Nella estremità opposta del quadro si osserva l'irna-
gine di un altro Salirò che porla un corno potorio
(pròv) ed un ampio boccale ( <*rpdx°°S )•

Di mezzo a questo personaggio del Tiasoeda Bacco
vi ha una Menade, ai cui piedi sene sia accoscialo un

(1) Di questo grandioso cratere, che conservasi nel Museo Jalta
in Ruvo, m' è slato gentilmente trasmesso un disegno dallo egre-
gio D. Teodoro Avellino.

(2) Siffatto modo di venerare Afrodite, abbencbè primitivo (Em-
pedocle, v. 373, Karsten ), non andò mai in disuso, come rilevasi
da Pindaro ( presso Ateneo, p. 573. Casaub. ), da Virgilio (Eneide,
ì, 416—17), da Filostrato, Imag. II, [.

(3) Welcker negli Armai, dello Inst. Arch, IV, 383-4, e nelle
sue Pitt. di vai gr , 320 e seg.

A««0 Y.

cerviatto che ben si addice a dionisiaca scena (1). L'ac-
cesa fiaccola , sollevata con la destra da questa Tia-
de, è chiaro indizio che siffatti tripudj avessero luogo
di notte; ed il (impano, ch'ella sostiene con l'altra
mano, fu simbolo orgiastico, ed anche in certo modo
erotico (2).

A tanti segni bensì di volullà e di gioja fa singo-
lare contrasto quel cippo sul quale si appoggia la no-
stra Baccante, giacché non possiamo non riconoscervi
una stele sepolcrale, che ci ricorda aver servito que-
sto cralere a funebri riti ed essere slato riposto in
una tomba.

Abbassando da questo punto lo sguardo al princi-
pale dipinto, s'incontra di colpo una figura che as-
somigliasi perfetlamente a quella dianzi descritta; se
non che, invece di bacchici emblemi, ha in mano lo
specchio attributo proprio di Venere (3); la quale dal
sorreggersi che fa sopra un funereo cippo vien chia-
ramente caratlerizzala per ìirirv^ia, ch'è come dire
sovrimposta a sepolcro (4).

Nè in ciò solo consiste il parallelismo fra i due
quadri ; poiché alla imagine , nel superiore dipinto,
che si è riguardata come personificazione della volut-
tà, risponde in quest'allro la figura dell'amore.

(1) È risaputo che di pelle di cerviatto , grecamente detta ne-
bride , solessero rivestirsi le menadi, ed il loro nume , a cui è
perciò dato l'epiteto ve/3p/Sów-ssrXos noli' Antol. palat-, IX, 524,
14. Ed è qui a ricordare la ceremonia del Tfebrismo, ossia la Ve-
stizione della nebride che faceasi dagli iniziati ai misteri di Bac-
co. V. Arpocrazione, v. Ns/3pjayò?.

(2) V. Welcker, Pitt. di vas. gr., 321 (30).

(3) Ho avuto occasione di far parola di questo distintivo di Ve-
nere negli Amai, dello Inst. arch., XV, 25, (4).

(4) Di Afrodite epilimbia, equivalente alla Venere Libilina dei
Lpzìo, fa menzione Plutarco nelle Quist. Rom.

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