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CAPITOLO DVODECIMO
cvltimo.
Della Virtù di ricusarel'fionore
delle Statue.
■ si r X i , S , j t ' : \ t » j t T |T ? j II IT 1 -I » . » i ■ ' ì T i J I * ì ( i ■' ^ * * * 1 i *4 iB
V altissima la conteraplationc dei Fi*
cino > allhorache si polè a conside»
rare attentamente la naturalezza»*
dell' huomo; la doue vn Socrate co-
tanto lauio peraltro,!! diede di così
nobis edere, per ignorante * e De- è* pìcoMì-
mocrito itette perpleilo , e dubbio*
so nel credere > di liauerla indouinata . Ma che dico i Fi*
losofi gentili» sé i più illuminati amatori della vera sa-
pienza ^quali surono vn Giob , e vn Dauid , andauano
dalla Verità iitessa cercando di esserne ragguagliati s
Quid e si homo \ (\uoà memor es eius s QuiàeHhomo ) quia thim. t.
magnisicai eutn fi come se rapiti ambidue dall'amore ine£ Ub*''
sabile del Diuino Artefice , di cui è si ammirabile strut-
tura, nonhauessero parole da poterla a bastanza rappre-
sentare. Purtuttauiadisse il medesimo Ficino,/** Amm*t
corpotessitroce contcmpLnda Pei sulgorem atttes, per met-
zodel quale splendore, vuol' egli, che da ciaseheduno si
adori s amore suiseerato di quel Dio, che ci creò , Per
quem, Diutnum amorem colasse «venertr$$ # L'amore dun-
que di Dio , su Io Scultore dell'huomo cola nel Campo
Damasceno,e l'amore parimente delshuomoiè flato sin-
uentore delle Statue, come leggcste nel principio del
libro


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