l8o IL CULTO DEGLI ALBERI
meno di quest’ultimo maraviglioso, piantò pure
Zoroastro a Kirshmer, villaggio del Khorasàn,
presso di un rinomatissimo tempio. Sopra i suoi
larghi e foltissimi rami era costruito un amplis-
sime palazzo, contenente due immense sale, di
cui il tetto era d’oro, il pavimento d’argento e
le mura d’ambra constellate di pietre preziose.
In esso, come porta la leggenda, si ritirò il re
Gustasp per appressarsi al cielo e più facilmente
salirvi quando fosse giunta la sua ora (*).
E poiché non avrò forse più occasione a di-
scorrere di tale specie di alberi, che chiameremo
leggendari, cosi mi sia permesso l’accennar qui
di passaggio a due platani di prodigiosa gran-
dezza, che ci vengon descritti da Plinio. L’uno,
esistente nella Licia, dove era senza dubbio te-
nuto per sacro, sorgeva sul margine di una lim-
pida fonte. La cavità del tronco misurava oltre
a ottanta piedi di circonferenza, e la chioma ver-
deggiante della sua cima gittava un’ombra im-
penetrabile fino sui campi circonvicini. Il con-
sole Licinio Muciano, avendovi dentro banchet-
tato con diciotto commensali e comodamente ri-
posato dopo il pasto, affermò che quell’albero
gli aveva fornito una sala da convito assai più
bella e piacevole dei sontuosi triclini marmorei
ornati di dipinti, di dorature e di statue. L’altro
platano, di cui pure parla Plinio, stava nel terri-
(r) Ann. Inst. 1847, pp. 81-82.
meno di quest’ultimo maraviglioso, piantò pure
Zoroastro a Kirshmer, villaggio del Khorasàn,
presso di un rinomatissimo tempio. Sopra i suoi
larghi e foltissimi rami era costruito un amplis-
sime palazzo, contenente due immense sale, di
cui il tetto era d’oro, il pavimento d’argento e
le mura d’ambra constellate di pietre preziose.
In esso, come porta la leggenda, si ritirò il re
Gustasp per appressarsi al cielo e più facilmente
salirvi quando fosse giunta la sua ora (*).
E poiché non avrò forse più occasione a di-
scorrere di tale specie di alberi, che chiameremo
leggendari, cosi mi sia permesso l’accennar qui
di passaggio a due platani di prodigiosa gran-
dezza, che ci vengon descritti da Plinio. L’uno,
esistente nella Licia, dove era senza dubbio te-
nuto per sacro, sorgeva sul margine di una lim-
pida fonte. La cavità del tronco misurava oltre
a ottanta piedi di circonferenza, e la chioma ver-
deggiante della sua cima gittava un’ombra im-
penetrabile fino sui campi circonvicini. Il con-
sole Licinio Muciano, avendovi dentro banchet-
tato con diciotto commensali e comodamente ri-
posato dopo il pasto, affermò che quell’albero
gli aveva fornito una sala da convito assai più
bella e piacevole dei sontuosi triclini marmorei
ornati di dipinti, di dorature e di statue. L’altro
platano, di cui pure parla Plinio, stava nel terri-
(r) Ann. Inst. 1847, pp. 81-82.