DONATELLO
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Testimonianza di un bene speso soggiorno in Roma è il Tabernacolo ricordato,
per la Cappella dei Cavalcanti, che racchiude l’Annunziazione della Vergine scolpita
m alto rilievo in pietra (V. Tav. I). La forma architettonica di quello, nuovissima
allora, mostra che Donatello, a cui il Manetti nega gli occhi per l’arte della sesta, aveva
gli occhi per discernere il bello e il desiderio di artista, non architetto, di mostrare
quanto avesse appreso rispetto all’ architettura decorativa in compagnia dell’ amico
Brunellesco. Non vi è una parte, una modinatura in cui Donatello non abbia pro-
lusi, quanto più poteva, motivi ornamentali tolti dall’antico. Maschere, imbricazioni,
pulvini, dischi, ovoli, borchie, dentelli, glifi, mensoline, lupiniere, festoni, ghirlande,
scolpiti con bel garbo e lumeggiati d’oro, rendono quella incorniciatura, benché
sopraccarica, elegante e leggiera. Dei sei pattini, ricordati dal Vasari « che reg-
gono alcuni festoni, i quali pare che per paura dell’altezza, tenendosi abbracciati
l’un l’altro, si assicurino » ne rimangono soltanto quattro ai lati del frontispizio, nè
conosciamo la sorte degli altri due che avranno coronato la parte superiore di quello.
Peccato che la incuria, la poca stima in cui si tennero un tempo opere, sotto ogni
rispetto preziose, abbia reso monco un finale in cui Donatello prelude felicemente
alla Putteide della Cantoria del Duomo e del Pergamo di Prato.
Due anni dopo, gli Operai di S. Maria del Fiore allogavano a Donatello una statua,
raffigurante David, la quale doveva porsi sopra uno sprone della tribunetta, dal lato
di via de’Servi. Nell’anno appresso, il David (V. Tav. II) era finito e con sodisfazione
degli Operai, i quali allogarono al giovane maestro lo scolpimento dell’evangelista
S. Giovanni, figura seduta, di grandezza maggiore del vero, destinata per ornamento
della fronte della chiesa. Compiuta nel 1415, fu posta dal lato sinistro della porta
di mezzo, a riscontro dell’evangelista S. Matteo, scolpito da Bernardo di Piero Ciuf-
fagni, compagno di Donatello nella officina del Ghiberti, ed a lui maggiore di età
circa otto anni. Il San Giovanni segna un gran passo verso la maniera che distinse
Donatello fra i suoi contemporanei, ponendolo a capo delli scultori italiani e stranieri.
Quantunque nella composizione presenti, per ragioni euritmiche, un assieme di linee
generali, consimile a quello delle altre scolpite da Niccolò di Piero, da Nanni d’An-
tonio di Banco e dal Ciuflagni, e non vi apparisca sotto questo rispetto la originalità
che si potrebbe richiedere ad un’opera libera da vincoli decorativi, è da osservare
tuttavia che le tendenze di Donatello al realismo lo hanno richiamato alla verità
storica dell’ argomento, sì che l’apostolo prediletto da Cristo veste le sembianze di
giovane nella trentina, oppostamente agli altri, raffigurati in età prossima alla vec-
chiaia, con folta barba, ricciuta o fluente. Ma se nelle linee generali non apparisce
singolarità, questa apparisce schietta, e Donatellesca, nel moto pronto e risoluto,
nella testa, nel collo, nelle mani (che sembrano gettate sul vero) ; nella corrispondenza
perfetta, non dirò delle parti col tutto, ma in quella, spesso trascurata, del carattere,
della età delle parti, con il carattere e 1’ età della figura scolpita. La singolarità
Donatellesca continua a manifestarsi nella fronte pensosa, nello sguardo, profonda-
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Testimonianza di un bene speso soggiorno in Roma è il Tabernacolo ricordato,
per la Cappella dei Cavalcanti, che racchiude l’Annunziazione della Vergine scolpita
m alto rilievo in pietra (V. Tav. I). La forma architettonica di quello, nuovissima
allora, mostra che Donatello, a cui il Manetti nega gli occhi per l’arte della sesta, aveva
gli occhi per discernere il bello e il desiderio di artista, non architetto, di mostrare
quanto avesse appreso rispetto all’ architettura decorativa in compagnia dell’ amico
Brunellesco. Non vi è una parte, una modinatura in cui Donatello non abbia pro-
lusi, quanto più poteva, motivi ornamentali tolti dall’antico. Maschere, imbricazioni,
pulvini, dischi, ovoli, borchie, dentelli, glifi, mensoline, lupiniere, festoni, ghirlande,
scolpiti con bel garbo e lumeggiati d’oro, rendono quella incorniciatura, benché
sopraccarica, elegante e leggiera. Dei sei pattini, ricordati dal Vasari « che reg-
gono alcuni festoni, i quali pare che per paura dell’altezza, tenendosi abbracciati
l’un l’altro, si assicurino » ne rimangono soltanto quattro ai lati del frontispizio, nè
conosciamo la sorte degli altri due che avranno coronato la parte superiore di quello.
Peccato che la incuria, la poca stima in cui si tennero un tempo opere, sotto ogni
rispetto preziose, abbia reso monco un finale in cui Donatello prelude felicemente
alla Putteide della Cantoria del Duomo e del Pergamo di Prato.
Due anni dopo, gli Operai di S. Maria del Fiore allogavano a Donatello una statua,
raffigurante David, la quale doveva porsi sopra uno sprone della tribunetta, dal lato
di via de’Servi. Nell’anno appresso, il David (V. Tav. II) era finito e con sodisfazione
degli Operai, i quali allogarono al giovane maestro lo scolpimento dell’evangelista
S. Giovanni, figura seduta, di grandezza maggiore del vero, destinata per ornamento
della fronte della chiesa. Compiuta nel 1415, fu posta dal lato sinistro della porta
di mezzo, a riscontro dell’evangelista S. Matteo, scolpito da Bernardo di Piero Ciuf-
fagni, compagno di Donatello nella officina del Ghiberti, ed a lui maggiore di età
circa otto anni. Il San Giovanni segna un gran passo verso la maniera che distinse
Donatello fra i suoi contemporanei, ponendolo a capo delli scultori italiani e stranieri.
Quantunque nella composizione presenti, per ragioni euritmiche, un assieme di linee
generali, consimile a quello delle altre scolpite da Niccolò di Piero, da Nanni d’An-
tonio di Banco e dal Ciuflagni, e non vi apparisca sotto questo rispetto la originalità
che si potrebbe richiedere ad un’opera libera da vincoli decorativi, è da osservare
tuttavia che le tendenze di Donatello al realismo lo hanno richiamato alla verità
storica dell’ argomento, sì che l’apostolo prediletto da Cristo veste le sembianze di
giovane nella trentina, oppostamente agli altri, raffigurati in età prossima alla vec-
chiaia, con folta barba, ricciuta o fluente. Ma se nelle linee generali non apparisce
singolarità, questa apparisce schietta, e Donatellesca, nel moto pronto e risoluto,
nella testa, nel collo, nelle mani (che sembrano gettate sul vero) ; nella corrispondenza
perfetta, non dirò delle parti col tutto, ma in quella, spesso trascurata, del carattere,
della età delle parti, con il carattere e 1’ età della figura scolpita. La singolarità
Donatellesca continua a manifestarsi nella fronte pensosa, nello sguardo, profonda-