CELLINI. 307
mio caro Felice ed io ce ne andammo alla
volta di Firenze; e perchè io non avevo
scritto nulla, giunsi a Firenze in casa la
mia sorella dove io fui pianto e riso in
un colpo da essa sorella (1). Per quel dì
mi vennero a vedere molti mia amici , e
fra gli altri Pier Laudi , eh' era il maggio-
re e '1 più caro eli' io avessi mai al mon-
do : l'altro giorno venne un certo Niccolò
da Monte Aguto, il quale era mio gran-
dissimo amico ; e perchè egli aveva sentito
dire al Duca: Benvenuto faceva molto me-
glio a morirsi, perchè egli è venuto qui
a dare in una cavezza, e non gliene per-
donerò mai ; venendo Niccolò da me, di-
speratamente mi disse : oimè Benvenuto
mio caro, che sei tu venuto a far qui ?
non sapevi tu quel che avevi fatto al Du-
ca ? che gli ho udito giurare , dicendo, che
tu sei venuto a dare in una cavezza. Ad
ogni modo, allora io risposi, Maestro Nic-
colò, ricordate a Sua Eccellenza, che altret-
che un arnese per portar robe, posto su due stanghe, con
due ruote e tirato da un cavallo . L'Alberto però vuole
che cesta sia pure una spezie di carrozza mezzo scoperta:
il che è confermato qui, e nella lettera del Varchi ci-
tata nella nota seguente.
(1) Il Cellini giunse a Firenze alli 9. di Novembre
del i535., come si rileva da una lettera del Varchi al
Bembo in data del giorno io., in cui dice: M. Benve-
nuto nostro , che così veramente si può chiamare , venne jer
sera da Roma in ceste, non al tutto netto di febbre, ma
di sorte, che non ci è più un dubbio al mondo nè perieoi®
alcuno della vita. Quanto fosse grata al Bembo questa
nuova può vedersi nella risposta che fece al Varchi in
data dei 28. detto.
mio caro Felice ed io ce ne andammo alla
volta di Firenze; e perchè io non avevo
scritto nulla, giunsi a Firenze in casa la
mia sorella dove io fui pianto e riso in
un colpo da essa sorella (1). Per quel dì
mi vennero a vedere molti mia amici , e
fra gli altri Pier Laudi , eh' era il maggio-
re e '1 più caro eli' io avessi mai al mon-
do : l'altro giorno venne un certo Niccolò
da Monte Aguto, il quale era mio gran-
dissimo amico ; e perchè egli aveva sentito
dire al Duca: Benvenuto faceva molto me-
glio a morirsi, perchè egli è venuto qui
a dare in una cavezza, e non gliene per-
donerò mai ; venendo Niccolò da me, di-
speratamente mi disse : oimè Benvenuto
mio caro, che sei tu venuto a far qui ?
non sapevi tu quel che avevi fatto al Du-
ca ? che gli ho udito giurare , dicendo, che
tu sei venuto a dare in una cavezza. Ad
ogni modo, allora io risposi, Maestro Nic-
colò, ricordate a Sua Eccellenza, che altret-
che un arnese per portar robe, posto su due stanghe, con
due ruote e tirato da un cavallo . L'Alberto però vuole
che cesta sia pure una spezie di carrozza mezzo scoperta:
il che è confermato qui, e nella lettera del Varchi ci-
tata nella nota seguente.
(1) Il Cellini giunse a Firenze alli 9. di Novembre
del i535., come si rileva da una lettera del Varchi al
Bembo in data del giorno io., in cui dice: M. Benve-
nuto nostro , che così veramente si può chiamare , venne jer
sera da Roma in ceste, non al tutto netto di febbre, ma
di sorte, che non ci è più un dubbio al mondo nè perieoi®
alcuno della vita. Quanto fosse grata al Bembo questa
nuova può vedersi nella risposta che fece al Varchi in
data dei 28. detto.