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OREFICERIA. 83
e che sia piana, sopra la quale si ha da di-
segnare ristorielta, che dee apparir nel sug-
gello, e poi con cera bianca, alquanto dura,
ha da farsi con quel rilievo appunto, che
si desidera, che il suggello stampi. Finita
che sia 1' opera benissimo, cioè il lavoro di
cera, piglisi del gesso cotto , Volterano o
altro gesso, pur che sia fine; e presa la det-
t' opera di cera, con un pennello di vaio, in-
tinto in olio di uliva, netto, ungasi la cera
a bastanza, e non troppo, perchè darebbe
noia al gesso, il quale non potrebbe entra-
re per quelle minute sottigliezze; indi preso
il lavoro della cera unita, cioè il detto sug-
gello , abbiasi un poca di terra fresca e te-
nera, e con essa si faccia un dintorno, alto
due dita, alla detta storietta di cera; e ciò
fatto , vi si versi sopra il gesso liquido, toc-
cando detto gesso con un pennello di vaio,
alquanto grande, cosi destramente con esso
fingendolo in detta cera; e quando si sarà
ben calcato, lascisi fare la sua presa; e come
sia fatta, si debbe spiccare il gesso dalla
cera, la quale non si guasta di niente, non
vi essendo fatti sottosquadri nessuno ( per-
chè cosi permette l'arte ) dovendo servire
quest' opera a tal effetto di suggellare. Ciò
fatto si dee pigliare il detto gesso, e con un
coltellino nettarlo da certe bave, che fa il
gesso all'intorno. Dopo le dette diligenze si
viene al gettare: e perchè vi sono due modi,
uno dell' altro più facile, da gettare d'argen-
to, per esser ambidue buoni, di ciascuno
diremo il modo, acciò si possa 1' artefice di
quello, che più gli aggrada, servire ; ben
 
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