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Sceka
Dz Glor^t^- Tommq/b
Ne dixeris : peccavi , & quid mibi accidie
triste ? Aitilümus etiim eh patiens îedditor.
^cchs 5.
^Peccai ; ma qual del mio peccar ven-
detta
Prele di Dio Tira fumante ultrice?
Peccai, ciò che più aggrada epiù diìetta
Seguendo ognor, senza curar s'eilice.
Peccai; ma non dalle mie colpe infetta
Reslò mia gioia, e son, qual fui, felice.
Folle chi 1 mal temendo, il male alletta.
Sì dice l'empio, ed orgoglioso il dice.
Ma sì dicendo, di pietà men degno
Lui rende il temerario alto ardimento .
Che palla, oimè, d ogni protervia il
legno.
Ecco lui scolso intanto, ecco lui spento
Dal non temuto imprima eterno sdegno,
Tanto seroce più, quanto più lento.
P. G?o.
worÙMMs. Da ciò lì trae conforto alia
morte
scoglio mai con tante fbre il Polpo
Non s'abbraccia, cons uomla vita allerta.
Ci siacca alf n dalla tenace terra
Natura; e qual Matrigna io non l'in-
colpo.
Anzi
 
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