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Dante; Wiese, Berthold [Hrsg.]
La Divina Commedia — [München], 1921

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https://doi.org/10.11588/diglit.36538#0121
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Come procede innanzi dall'ardore
per Io papiro suso un color bruno
che non è nero ancora^ e il bianco more.
Gli altri due riguardavano; e ciascuno
gridava : « Omè^ Agnel^, come ti muti !
vedi che già non se ne due nè uno. »
Già eran li due capi un divenuti^
quando n apparver due figure miste
in una faccia^ ov'eran due perduti.
Fersi le braccia due di quattro liste;
le cosce con le gambe^ il ventre e il casso
divenner membra che non fur mai viste.
Ogni primaio aspetto ivi era casso:
due e nessun l'imagine perversa
parea; e tal sen già con lento passo.
Come il ramarro sotto la gran fersa
de'dì canicular, cangiando siepe^
folgore par, se la via attraversa;
Così parea^, venendo verso l'epe
degli altri due^, un serpentello acceso^,
livido e nero come gran di pepe.
E quella parte^, donde prima è preso
nostro alimento^ all'un di lor trafisse;
poi cadde giuso innanzi lui disteso.
Lo trafitto il mircr, ma nulla disse;
anzi coi piè fermati sbadigliava^,
pur come sonno o febbre l'assalisse.
Egli il serpente^, e quei lui riguardava;
l'un per la piaga^, e l'altro per la bocca
fumavan forte^, e il fummo si scontrava.
Taccia Lucano ornar, là dove tocca
del misero Sabello e di Nassidio;
ed attenda ad udir quel ch'or si scocca.
 
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