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Ducati, Pericle
L' Italia antica: dalle prime civiltà alla morte di Cesare (44 a. C.) — Milano, 1936

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https://doi.org/10.11588/diglit.42162#0300
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PATTI DI ROMA CON VARI POPOLI

diani di Roma», come ci dice
Floro (1,5,11-12), erano spe-
cialmente gli Equi ed i Vol-
sci. Si può dire, come è stato
constatato, che ogni prima-
vera Romani ed avversari si
muovevano di sorpresa gli
uni contro gli altri, compien-
do, piuttosto che una vera
guerra, una guerriglia intesa
a far bottino; teatro della
lotta erano le vicinanze, ta-
lora immediate, di Roma.
Era desiderio da parte dei
nemici di Roma impadro-
nirsene, non distruggerla, per
sfruttare la sua invidiabile
posizione come testa di ponte — forte pei colli, specialmente per il Capitolino, verso
la opulenta Etruria — sul corso del Tevere, che serviva come di agevole tramite tra
il mare ed il monte. Solo di rado la lotta si svolgeva un po’ più lontano dall’Urbe,
nella valle media dell’Amene, sull’Algido o nella regione di Labici a nord-est di
Tuscolo; ciò avveniva quando i Romani non aspettavano l’assalto nemico, ma lo
prevenivano. Come fu giustamente osservato, non si devono vedere questi avveni-
menti bèllici con la lastra d’ingrandimento che ci è offerta dal racconto tradizionale;
furono avvenimenti in cui si affinò e si perfezionò, come in una aspra palestra, il carat-
tere guerresco di Roma; ma in realtà furono azioni guerresche paragonabili in certo
qual modo a spedizioni devastatrici di tribù selvagge, tra di loro in lotta. Non vi è
grandezza di avvenimenti, all’infuori di pochi, sebbene, come si desume dal racconto
tradizionale, vi sia stata spesso grandezza di singole azioni.
Sorprende che sotto l’urto continuo di tante genti circostanti, Roma non solo abbia
potuto resistere, ma abbia potuto vincere; ma oltre al valore, insito nella stirpe di Roma,
oltre alla coesione di tutta la cittadinanza romana a cui, al di sopra degli antago-
nismi tra patriziato e plebe, premeva di mantenersi indipendente e salda nella sua
privilegiata sede sul Tevere, dobbiamo tener conto del fatto che non una lega univa i
nemici di Roma e che, mentre gli Etruschi di Veio cercavano di impadronirsi di Roma,
per far risorgere l’etrusco dominio sulla sponda sinistra del Tevere, agli altri nemici
premeva invece conquistare Roma per valersene contro gli Etruschi dell’altra sponda.
E si aggiunga che Roma seppe approfittare non solo di questa divergenza d’intenti, ma
anche del fatto che i nemici suoi erano in realtà i nemici di tutte le città latine e che
questi nemici erano alla loro volta insidiati o ai fianchi 0 alle spalle: Veio da un’altra
città etrusca — tanto scarso era il sentimento nazionale presso gli Etruschi — cioè da
Cerveteri, Equi e Volsci dagli Ernici.
Patti di Roma con vari popoli
Si ha pertanto il primo atto diplomatico di grande importanza, la pace di Spurio Cas-
sio, in cui Roma non volle sfruttare del tutto la vittoria del lago Regillo e per cui i La-
tini diventarono alleati dei Romani. In tal modo Roma si addossò il carico della difesa


189. Mura di tipo ciclopico di Palestrina (Praeneste). (Fot. Moscioni)
 
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