RAPPORTI TRA I/ARTE BIZANTINA E I?ARTE ITALIANA PRIMA DI GIOTTO 281
Penisola è «occidentale», mentre tutto il mezzogiorno, Roma,
Ravenna e le coste adriatiche sono bizantine; nel terzo il bizan-
tinismo s’è ritirato in zone limitate (Esarcato e Roma) mentre
il resto d’Italia è barbarico; nel quarto Venezia e la Sicilia, al-
cune zone lungo l’Adriatico, nel mezzogiorno e intorno a Roma
sono bizantine: il rimanente è barbarico, ma con larghi e pro-
fondi influssi bizantini; nel quinto solo Venezia e la Sicilia per-
mangono bizantine, mentre tutto il resto d’Italia appartiene
decisamente all’occidente; nel sesto solo Venezia continua ad
essere parzialmente bizantina, sebbene anche tutta la pittura ita-
liana, fino a Duccio, Cimabue e Giotto compresi, bizantineggi.
Nessun influsso, neppur minimo, ha fino a questo tempo — pra-
ticamente fino alla caduta di Costantinopoli — l’arte italiana sulla
bizantina: la partita si chiude con un assoluto attivo di Bisanzio
e con un passivo, del pari assoluto, dell’Italia.
A colorire tale disegno generale si portano esempi, si avan-
zano teorie ed ipotesi minori. È anzitutto necessario, perché il
primo punto sia valido, far nascere l’arte bizantina bell’e formata
e agguerrita, come Minerva dal cervello di Giove, nello stesso pre-
ciso momento in cui Costantino trasporta a Bisanzio la capitale.
Poi — siccome si tratta di un trapianto da Roma, e perciò si po-
trebbe pensare logicamente che i costantinopolitani continuassero
tenacemente a chiamarsi ed a considerarsi romani con qualche
ragione anche artistica — è necessario fare di Costantinopoli
un’anti-Roma, una città artisticamente orientale: e lo si ottiene
nel modo più semplice e radicale facendo della stessa Roma co-
stantiniana (ed anche precostantiniana) una città orientale per
tre quarti: così si evita ogni discussione sulle origini. È poi ob-
bligo di coerenza, esaminando i monumenti italici protocristiani
più «maturi », quali S. Lorenzo a Milano, i battisteri, le basiliche
di Roma e di Ravenna, ecc., e facendo un uso molto elastico ed
originale della cronologia e degli stessi elementi struttivi, tro-
varne i precedenti, non tanto a Bisanzio, quanto, per es., un tre-
milacinquecent’anni avanti Cristo, a Ur in Mesopotamia (record
imbattibile di « precedenza » orientale) : e quindi concludere pa-
cificamente che si tratta di architetture bizantine. Così tutti i
mosaici paleocristiani di Roma, a cominciare da quelli tanto schiet-
tamente compendiarii di Santa Maria Maggiore: quelli di Mila-
no, di Napoli, di Capua, ecc., e sopra tutto quelli di Ravenna e di
Parenzo, sono tutti bizantini; bizantini son quelli pregiustinianèi
di Salonicco, anche se il primo di essi, nell’abside di Hossios Da-
vid, sembri una pittura romana traslata in mosaico, ed anche se,
della Costantinopoli del tempo, non esista alcun termine di con-
Penisola è «occidentale», mentre tutto il mezzogiorno, Roma,
Ravenna e le coste adriatiche sono bizantine; nel terzo il bizan-
tinismo s’è ritirato in zone limitate (Esarcato e Roma) mentre
il resto d’Italia è barbarico; nel quarto Venezia e la Sicilia, al-
cune zone lungo l’Adriatico, nel mezzogiorno e intorno a Roma
sono bizantine: il rimanente è barbarico, ma con larghi e pro-
fondi influssi bizantini; nel quinto solo Venezia e la Sicilia per-
mangono bizantine, mentre tutto il resto d’Italia appartiene
decisamente all’occidente; nel sesto solo Venezia continua ad
essere parzialmente bizantina, sebbene anche tutta la pittura ita-
liana, fino a Duccio, Cimabue e Giotto compresi, bizantineggi.
Nessun influsso, neppur minimo, ha fino a questo tempo — pra-
ticamente fino alla caduta di Costantinopoli — l’arte italiana sulla
bizantina: la partita si chiude con un assoluto attivo di Bisanzio
e con un passivo, del pari assoluto, dell’Italia.
A colorire tale disegno generale si portano esempi, si avan-
zano teorie ed ipotesi minori. È anzitutto necessario, perché il
primo punto sia valido, far nascere l’arte bizantina bell’e formata
e agguerrita, come Minerva dal cervello di Giove, nello stesso pre-
ciso momento in cui Costantino trasporta a Bisanzio la capitale.
Poi — siccome si tratta di un trapianto da Roma, e perciò si po-
trebbe pensare logicamente che i costantinopolitani continuassero
tenacemente a chiamarsi ed a considerarsi romani con qualche
ragione anche artistica — è necessario fare di Costantinopoli
un’anti-Roma, una città artisticamente orientale: e lo si ottiene
nel modo più semplice e radicale facendo della stessa Roma co-
stantiniana (ed anche precostantiniana) una città orientale per
tre quarti: così si evita ogni discussione sulle origini. È poi ob-
bligo di coerenza, esaminando i monumenti italici protocristiani
più «maturi », quali S. Lorenzo a Milano, i battisteri, le basiliche
di Roma e di Ravenna, ecc., e facendo un uso molto elastico ed
originale della cronologia e degli stessi elementi struttivi, tro-
varne i precedenti, non tanto a Bisanzio, quanto, per es., un tre-
milacinquecent’anni avanti Cristo, a Ur in Mesopotamia (record
imbattibile di « precedenza » orientale) : e quindi concludere pa-
cificamente che si tratta di architetture bizantine. Così tutti i
mosaici paleocristiani di Roma, a cominciare da quelli tanto schiet-
tamente compendiarii di Santa Maria Maggiore: quelli di Mila-
no, di Napoli, di Capua, ecc., e sopra tutto quelli di Ravenna e di
Parenzo, sono tutti bizantini; bizantini son quelli pregiustinianèi
di Salonicco, anche se il primo di essi, nell’abside di Hossios Da-
vid, sembri una pittura romana traslata in mosaico, ed anche se,
della Costantinopoli del tempo, non esista alcun termine di con-