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Bodrero, Emilio; Ducati, Pericle; Istituto Nazionale per le Relazioni Culturali con l'Estero <Rom> [Hrsg.]
Italia e Grecia: saggi su le due civiltà e i loro rapporti attraverso i secoli — Firenze, 1939

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https://doi.org/10.11588/diglit.42576#0373

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VENEZIA NELLA POESIA NEO-GRECA

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anche il corpo del primo cittadino dello stato cristiano, dell’immor-
tale Atanasio {àddvazoQ 3 Ad arda tot;') non tardò a mostrarsi rivale di
Costantinopoli, se ne appropriò le arti, la denudò dei suoi capola-
vori, volle avere come quella città un patriarca, la difese nel peri-
colo estremo, combattè dopo la caduta i suoi conquistatori.... Del
resto Venezia ha, come Costantinopoli, palazzi moreschi, la basilica
di S. Marco, la Santa Sofia dell’occidente, e, se il Canal grande
è la più bella via del mondo, il Bosforo è senza contrasto il più
splendido corso del mondo ».
Nel porre termine, per non oltrepassare i limiti assegna-
tici, anzi che rinvangare i motivi di rivalità e incomprensioni del
passato, ci compiacciamo di ripetere le parole del Santarosa : « Io
considerai sempre il popolo greco come mio fratello, perchè in
ogni tempo la fortuna dell’Italia fu comune colla fortuna della
Grecia ».
Di questo nobile sentimento si rese interprete Giovanni Cara-
sutsas nell’Ode Alla Venezia del 1848 ('H BÓ-q^ltoq. Atene, 1860).
Il poeta immagina che dalle acque dell’Adriatico si levi una
voce supplichevole che grida a tutto il mondo : « Eccomi, son
quella ! » Ma il mondo non vuole riconoscerla ed ascoltare le sue
invocazioni. E suppone che le si risponda da tutti gli stolti della
terra : « Già celebrata, eccelsa regina del Mediterraneo, che cer-
chi tra i viventi, o Venezia? che vuoi? La storia ben ha chiuso
il tuo avello : ben ti piangerà la poesia, lugubre cantatrice dei
grandi popoli e città. Grande fosti certamente nel tempo del
tuo destino, quando ogni flutto del Mediterraneo versava a San
Marco le triremi piene d’ uomini e d’ armi, e avevi tutti i venti
docili e seguaci e i lidi del Mediterraneo e i tuoi scali gri-
davano lontano il tuo nome.... Ombra beata, che cerchi? thè
vuoi disserrare i misteri del destino? Eri, ed ecco passasti. Ve-
nezia, dolce voce e sogno del passato, lascia che sulle tue morte
membra splenda la pace del sonno degli Elisi.... Ma l’Ellade a
gran voce risponde : « Eccomi ! e tu pur risorgi. È Sparta vi-
vente, è Atene che ti abbraccia. E tu, ancora schiava, presto cac-
ciando i dolori e gli affanni siederai con i primissimi popoli si-
mile e uguale come prima. E l’Ellade ora alza la voce e ti dice:
« Salve e sii felice, sia che riprenda la vedova porpora degli an-
tichi dogi, sia che voi tutti figli d’Italia unendo i cuori stringiate
tutta l’italica stirpe in una patria comune. Libera con altri o da
sola, salve, o salve e sii prospera e felice ».
Al Carasutsas fa eco il Cumanudis col sonetto scritto nel 1848
(1. c.) « Tripudii, o Elleno, gridando : 'Giudizio divino !' Ma, quan-

22. - Italia e Grecia.
 
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