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PERICLE DUCATI
Imperatore, tra la precedenza dell’anello e del pa-
storale e la precedenza dello scettro e del gonfalone
nelle investiture dei vescovi-principi. È come un
tuffo improvviso in uno dei periodi più torbidi del
torbido medio-evo, e, rievocando, o nello schele-
trico interno di Santa Maria o nella nudità roma-
nica delle navate grandiose del Duomo, il fiero
Pontefice, il pensiero nostro si arresta su due sa-
lienti episodi di quei tempi lontani.
È l’episodio del rigidissimo inverno del 1077:
Enrico IV di Franconia, in abito di penitente e
scalzo, in ginocchio sulla neve, dinanzi alle fosche
mura di Canossa implora di essere assolto da ogni
colpa, e Gregorio VII, cui assiste la dolce pietà della
contessa Matilde, col suo gran cuore toglie la sco-
munica al sire germanico e lo ammette alla sua
presenza.
È l’episodio della morte del grande Pontefice il
25 maggio 1085: a Salerno, in mezzo a quei Nor-
manni da lui invocati a difesa e che avevano oltrag-
giato la maestà di Roma col saccheggio, Gre-
gorio VII chiude gli occhi alla luce dopo aver
pronunciato le celebri parole : « Amai la giustizia,
odiai la iniquità e perciò muoio in esilio ». Tempi
tristi per il Papato, pur con la grandezza sublime
dell’eroico Pontefice nato a Sovana.
Nato a Sovana, in una piccola casa, che ha
l’interno ristretto e povero, ma che oggi è adibita
a ciò che in ogni più meschino villaggio, accanto
PERICLE DUCATI
Imperatore, tra la precedenza dell’anello e del pa-
storale e la precedenza dello scettro e del gonfalone
nelle investiture dei vescovi-principi. È come un
tuffo improvviso in uno dei periodi più torbidi del
torbido medio-evo, e, rievocando, o nello schele-
trico interno di Santa Maria o nella nudità roma-
nica delle navate grandiose del Duomo, il fiero
Pontefice, il pensiero nostro si arresta su due sa-
lienti episodi di quei tempi lontani.
È l’episodio del rigidissimo inverno del 1077:
Enrico IV di Franconia, in abito di penitente e
scalzo, in ginocchio sulla neve, dinanzi alle fosche
mura di Canossa implora di essere assolto da ogni
colpa, e Gregorio VII, cui assiste la dolce pietà della
contessa Matilde, col suo gran cuore toglie la sco-
munica al sire germanico e lo ammette alla sua
presenza.
È l’episodio della morte del grande Pontefice il
25 maggio 1085: a Salerno, in mezzo a quei Nor-
manni da lui invocati a difesa e che avevano oltrag-
giato la maestà di Roma col saccheggio, Gre-
gorio VII chiude gli occhi alla luce dopo aver
pronunciato le celebri parole : « Amai la giustizia,
odiai la iniquità e perciò muoio in esilio ». Tempi
tristi per il Papato, pur con la grandezza sublime
dell’eroico Pontefice nato a Sovana.
Nato a Sovana, in una piccola casa, che ha
l’interno ristretto e povero, ma che oggi è adibita
a ciò che in ogni più meschino villaggio, accanto