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PERICLE DUCATI

È sulla collinetta come un formicolìo umano; a
gruppi più o meno folti salgono o si indugiano
uomini e donne, talora scompaiono dentro fendi-
ture che solcano le pareti. Poggio singolare con tali
cavità nascoste: esso è dovuto alla mano dell’uomo;
è un tumulo immenso, che misura alla base cin-
quanta metri di diametro, mentre s’inalza per circa
quaranta metri; come basamento è una poderosa
cerchia a grandi, a rozzi blocchi calcarei. L’insigne
monumento di carattere sepolcrale e che ci attesta
la potenza della giovine Etruria del secolo VII a. C.
è oggetto in quel grigio mattino dell’inizio di mag-
gio d’intensa curiosità, di viva ammirazione da
parte di tutta, no, di quasi tutta questa gente
salita da Firenze ed avviata in un pellegrinaggio
archeologico attraverso alcuni cospicui centri etru-
schi. Si aggiunge, attratta dallo spettacolo insolito,
tutta la popolazione del luogo, che o sta ferma ai
piedi del colle o fa da guida.
Da guida, ma dove? Dentro il poggio pene-
trano, preceduti da profonde corsìe, lunghi, stretti
ipogei pieni di mistero, a corridoio con piccole celle
laterali e finali. Sono quattro di numero e sono
disposti a croce nell’interno del tumulo grandioso.
La solennità di questo monumento sacro alla morte
in vista all’aprica campagna toscana e che la pietà
religiosa di tempi a noi vicini volle dedicare al
ricordo dell’orrendo supplizio patito dal Redentore,
è aumentata anche dal modo rude, che ci richiama
 
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