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VOCI DI ETRURIA

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doveroso annettere nei confronti degli altri popoli
dell’antichità.
Ma vi è qualche cosa ancora. Non è più la gran-
dezza di Roma, che sempre, sin dallo sfacelo del-
l’impero, aveva affascinato le menti ed acceso i
cuori dei più grandi Italiani; non è più lo studio
di Roma, la cui importanza trascende i confini della
Patria nostra per la missione sublime che essa ebbe
e che tuttora ha nel progresso e nel perfezionamento
della umanità; ma è lo studio di un popolo, che
visse dentro questi confini della Patria e che nella
sua storia di più secoli, racchiusa tra le misteriose
origini e la singolare scomparsa nella romanizza-
zione d’Italia, ebbe fulgore di civiltà, dimostrando
un primato culturale sulle altre stirpi del nostro
Paese, esercitando il benefico influsso su Roma
stessa, su Roma, che di civiltà e di arte etrusca fu
allietata sino ai tempi in cui, animosa, si slanciò
alla conquista del Mediterraneo.
Onde, non tanto uno smodato zelo paesano si
deve riconoscere nei dotti della spregiata Etrusche-
ria, ma è quasi lecito intravvedere in essi, sia pure
incomposta e non ancora pienamente conscia di sè,
una tendenza patriottica nel culto devoto ed ammi-
rato del passato italico. Invero, risalendo a ritroso
nei secoli ed affiggendo lo sguardo scrutatore ed
estatico nelle lontane scaturigini della nostra storia,
al di là di Roma unificatrice, diedero questi primi
etruscologi il primo impulso alla ricerca delle nostre
 
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