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Ducuing, François [Editor]
L' Esposizione Universale del 1867 illustrata: pubblicazione internazionale autorizzata dalla commissione imperiale dell'esposizione — Mailand [u.a.], 1867

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https://doi.org/10.11588/diglit.3381#0188
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186

L' ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL 1867 ILLUSTRATA.



Questa statua è degna d' attenzione , e
quelli che una volta o l'altra hanno ve-
duto il principe illustre che essa rappre-
senta, ve lo trovano al naturale ; è preci-
samente la fisonomia virile e robusta del
re Leopoldo. La lucidità del pensiero, la
rettitudine del giudizio, uno spirito pra-
tico, corroborato da una volontà deliberata
e precisa, ecco ciò che l'osservatore sco-
prirebbe senza pena sul suo volto rozzo e
severo, e ciò che col suo talento ha saputo
esprimere l'artista, il signor Giuseppe
Greefs. Leopoldo I, che fu fondatore di
uno Stato nel più alto senso della parola,
è uno degli uomini che più e meglio sono
stati del loro tempo, vale a dire che più
e meglio ne hanno compreso le aspira-
zioni e le tendenze, e, secondo Schiller,
essere un uomo dei suoi tempi, vale quanto
« essere ad un tempo stesso un uomo del-
l' avvenire. »

Tutti i generi di soggetti sono fami-
gliari agli artisti belgi, e gli occhi, comin-
ciando dal pavimento, incontrano disse-
minati a destra ed a sinistra, in alto ed
abbasso , tele storiche, pitture religiose ,
paesaggi, marine, e non so quanti quadri
da cavalletto che, almeno a quanto credo,
sono pei nostri vicini del Belgio oggetto
di una predilezione particolare. La loro
ispirazione vi si compiace visibilmente, e
vi si spiega la loro vena. Un gran numero
di questi quadri non è la prima volta che
fa il viaggio della Francia, e più d' uno ci
ricorda d' averlo già salutato alle esposi-
zioni annuali, ma che importa ! si rive-
dono con piacere. Sono care conoscenze.

11 pubblico, che accorre in folla, si divide
in partiti, ed i gusti, come le opinioni, dif-
feriscono alquanto.

Due grandi composizioni del signor de
Biefve attirano e trattengono a lungo la
folla. Qui è la contessa d' Egmont in gi-
nocchio colle mani giunte e suppliche-
voli e gli occhi in lagrime. Sono venuti
ad arrestare suo marito. Il di lei dolore
è profondo ; ma le resta ancora la spe-
ranza, e può pregare. Là invece tutto è
finito , 1! esecuzione ha avuto luogo , e la
nobile vedova, triste ed abbattuta, si è ri-
tirata nel convento della Cambre. Una so-
brietà estrema è lontana dal nuocere al-
1! eloquenza veritiera di que' due quadri.

Un pittore belga, che interpreta la storia
e le tradizioni del suo paese nel modo ora
più inusitato ed in istile affatto antico, è
il barone Enrico Leys, che si direbbe uscito
dallo studio di Alberto Durerò, tanto seppe,
con uno sforzo di genio e quasi d'inven-
zione retrospettiva , assimilarsi 1' arte ed
i processi del più lontano Rinascimento.
Il signor Leys, quando le sue tele avranno
presa quella venerabile tinta che il tempo
dà a tutte le nostre opere, potrà passare
per un precursore non soltanto di Rafaello,
ma anche del Perugino.

Come un altro conte di San Germano,
s' egli volesse affermare di avere imparato
il suo mestiere ai tempi di Lutero, ci
avrebbe veramente di che sostenere che
non ha mentito. Il borgomastro Lancelotto

Van Ursel, la cerimonia per Y Installazione
del Tosone a" oro , la casa di Lutero, che
predica e dogmatizza a Vittemberga nel
mezzo di amici e discepoli, i quali discu-
tono con lui, o fanno annotazioni, mentre
la moglie del riformatore in piedi nel vano
della finestra gotica, che è rischiarata come
da Rembrandt, lavora in calze, e la Usci-
ta dalla Chiesa ed il Lettore sono im-
prontati dell'originalità d'un'altr'epoca. La
casa ed i mobili, la strada e le sue can-
tonate, i personaggi, i loro atteggiamenti,
le vesti, le armi, tutto è meravigliosamente
appropriato, e sente la prima metà del
secolo decimosesto.

Tuttavia non vi potrebbe essere in tutto
ciò che un successo di eruditi e di cono-
scitori , e se simili tentativi nel passato,
se questo arcaismo rapisce una frazione
del pubblico che è sempre ghiotto del biz-
zarro, dello strano, del nuovo, da qualun-
que parte venga, prima o dopo di noi, io
credo che sia bene non fermarvisi troppo.
Non desidero le ristaurazioni fino a tanto
che si possono edificare nuove città e
nuove case.

Cammino all'avventura in questa galleria
di dipinti di merito reale, e segnalo, come
passa sotto i miei occhi, la Conversazione
proibita del sig. de Noter, nella quale due

giovani innamorati

si intrattengono tene-

ramente al basso di una scala con espres-
sioni veramente invidiabili; il Secondo anno
del sig. Carlo Baugniet, che ci mostra in
un appartamento grazioso una giovine e
bella madre, aifatto sola, ahimè! presso
la culla del suo neonato. Un libro di pre-
ghiere, come una specie di consolazione
insufficiente, è nella sua mano, ma i suoi
sguardi rattristati cercano ed attendono....
Il raggio del sole cadente è sulla sua fronte.
Sarebbe il raggio dell'amore che tramonta?
No, senza dubbio; e tuttavia questa crudele
idea ci attraversa la mente. — Dopo tutto,
direbbe uno scettico, per un amore che
cala sull'orizzonte, venti altri, signora,
sono pronti a sorgere e brillare nel vostro
cielo.

Il sig. Baugniet è uno degli abili pittori
di genere, di cui parlava poco fa.

Il sig. Adolfo Dillens è un osservatore
della vita della campagna e dei piccoli in-
trighi della fattoria e del casolare. Con
meno foga di slancio di quel maestro esu-
berante che si chiamava Jordaens, ma
anche con sentimento più poetico, egli ci
dipinge le Nozze Zuid-Beveland nella Ze-
landa. Nulla vi manca; la sposa è altret-
tanto graziosa quanto timida, e lo sposo
è assai innamorato. La madre piange, le
giovinette sorridono, i giovanotti motteg-
giano , il curato non perde un colpo di
forchetta, ed il burlone della parrocchia,
colla sua carta in mano , canta strofe d'oc-
casione, che improvvisò il giorno prima.
Il sig. Dillens è ben l'erede dei fiamminghi,
ma è un fiammingo raffinato e del secolo
decimonono.

Vi ha là abbastanza realismo, e, ciò che
è raro, non \e n'è troppo. Dirò altrettanto
del Calzolaio barbiere, che ha in mano un

piede di una bella, cosa che, secondo i no-
stri padri, era fra le migliori fortune, e
dimentica che è là per prenderle la mi-
sura. Amo meno una scena di pattinatori
attigua che arieggia alquanto una carica.

Non dimenticate il Ricordo d'Africa, del
sig. Edmondo Tschaggeny. È un pezzetto
di deserto ingegnosamente tagliato dal
vivo. Guardate I Cavalli ed i palafrenieri
del sig. Van Kuyck, che non perderebbe
nulla ad essere messo a fianco di Rosa
Bonheur; arrestatevi innanzi alla Vedova di
Van Artevelde, tale e quale ce la presenta
con talento il sig. Ferdinando Pauwels, e
finalmente, senza cercare qua e là altri
elogi meritati, andiamo insieme, se vi piace,
a quella preziosa pagina di storia che il
sig. Hamman, il quale l'ha scritta, designa
col nome di: Educazione di Carlo Quinto.

Ecco che ci si presenta alla vista un
grandioso appartamento, decorato da tap-
pezzerie antiche e rischiarato da una larga
finestra con vetri dipinti a stemmi. Gio-
vanna la pazza è assisa sopra un'alta pol-
trona, quasi un trono. 11 suo volto grave
è senza espressione. Presso a lei, sopra un
sedile un po' più basso, sta il fanciullo che
sarà un giorno il monarca più potente
dell' Europa. Uno alla sua destra, gli altri
avanti a lui, si raggruppano i consiglieri
di Giovanna, vecchi fatti maturi dall'espe-
rienza e dagli affari, ed i quali, durante
la lezione di Erasmo, che è situato in
faccia al giovane principe, osservano at-
tentamente e molto più di quello che non
ascoltino. Carlo, sotto i suoi capelli rossi,
ha un viso delicato, curioso e quasi sve-
gliato. Il suo labbro inferiore è sporgente,
come sarà quello di tutta la sua discen-
denza. A quella bocca, che Velasquez
ha così bene riprodotta, si riconoscono
tutti gli eredi successivi della casa d'Au-
stria in Spagna: essa in fatto si è ripro-
dotta di padre in figlio con una regolarità
estrema e come un segno caratteristico.

Quanto ad Erasmo, a quel che mi pare, è
colpito con verità, e l'artista si è applicato,
non senza esservi riuscito, a far posare
innanzi a noi il vero tipo dell'erudito alla
fine del quindicesimo secolo ed a quella
data per sempre memorabile della Riforma.
È un personaggio dottrinario e solenne,
che commenta, glosa e critica, ma che i
sotto l'influenza dei nuovi ardimenti non
ha nulla del pedantismo secco dei profes-
sori scolastici del medio evo. E poi si
sente in Erasmo una di quelle abili intel-
ligenze che, temperando quanto vi ha di
troppo avanzato e soverchio nelle opinioni
o nelle idee rivali, si rendono accette agli
uni ed agli altri, e sanno mantenersi, al
giusto mezzo, nella situazione migliore.

Non si è mai saputo con precisione se
Erasmo inclinò al protestantismo o se si
mantenne fedele agli insegnamenti della
Chiesa romana. Le due chiese hanno cia-
scuna tante ragioni e tante prove che egli
fu qui per Lutero, là per il papa.

Carlo Quinto, è d'uopo crederlo, fu af-
fatto cattolico; ma a studiarlo bene, noi
riconosceremmo parecchie volte nella sua



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