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Le pitture antiche d'Ercolano e contorni (Band 1) — Neapel, 1757 [Cicognara, 2645-2]

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https://doi.org/10.11588/diglit.3711#0215
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nalità , che loro fi ut-
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che non fapp'mm, fi
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Proverb. cap. XXX. i|
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e in atto di mangiare alcune frutta, che fono sull'ara (i<$).

Nell'angolo vicino al ferpente fi legge : GENIVS (17) HVIVS

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■xùei vofitfyvTzi , zzi eìiriv àvQpvTroig tfp&poi ; Tutti i
Dragoni , e particolarmente quella fpccie , che ha
il colore di giallo più carico, li ftimano fagri ad
Efculapio ; e lbno famigliari con gli uomini. Plinio
XXIX. 4. parlando della fteftd razza di fermenti,
dice : Anguis Aefculapius Epidauro Romani adve&us
ed, vulgoque pafeitur & in domibus : ac nifi inccn-
diis femina exurerentur, non efièt fecunditati eorum
refiftere . Adoravafi in Epidauro , come e notilfimo ,
Efculapio fotto la forma d'un ferpente , il quale perciò fi
diffe ferpente Efculapio , e fu tra/portato in Roma, e ve-
nerato fotto tal forta di ferpenti l'anno di Roma 463.
0 462. ( non 478. come per abbaglio fcrive l' Ardui-
no al cit. 1. di 'Plinio ) : La caufa , e la maniera
della venuta di tal ferpente in Roma , è deferitta
poeticamente da Ovidio Metani. XV. v. 630. e fes:.
e narrata da Livio lib. X. cap. ult. e da Valerio
Mafjimo I. 8. §. x. Or nacque il dubbio , fé il fer-
pente qui dipinto foffe della razza degli Efculapii.
Ma Ci avverti , che Lampridio nella vita di Elaga-
balo , fcrive , che coflui Aegyptios dracunculos Ro-
mae habuit, quos illi agathodaemonas vocant. E Ser-
vio sul III. delle Georgiche a quelle parole di Vir-
gilio , caclumque extcrrita fugit , nota : ideft tecbis
gaudet , ut limt dyzQoì $~ziy.oveg , quos latine Ge-
nios vocant . Quefii tali ferpenti 0 piccoli Dragoni
Egizj par , che foffero diverfi dalle Serpi Epidau-
rie, 0 Efculapie : e in fatti prejjo Eufebio nel cit.
1. fi legge : Qowxeg Ss tjCUTÒ ( parla del ferpente )
àycéh Sz(y.ovz no&Sffl • èpolug S'è y.zl kiyvTvrioi Kvrffi
ì~Kovo\>.zùi7i : I Fenici chiamano quello animale Agatode-
mone ( Genio buono ) , e gli Egizii parimente lo nomina-
no Cnef. Vi fu chi notò ancora , che ne all' Epidau-
rio, rie all' Egizio potè fé quejlo della pittura riferir-
li j giacche l' uno , e l' altro, come fi e veduto , fon
del genere de' famigliari, e de' domeftici : e 'l noftro
e figurato certamente in campagna , e forfè falla ci-
glia , 0 falle falde del Monte , e in luogo remoto :
effendo per altro proprietà de' Draghi tyjv spy;y.tzv Tfà
tóò'j àffvmv StzTflpitv , conte notò Eliano VI. 63. H.
A. Qualunque fia il pefo di quefie diflinzioni , fi ve-
drà apprefjò , come fi applicajfero a tre diverfe con-
getture , che fi formarono su quefta pittura .

(16) Sono le fer pi ghiottijfime del mele , e di
ogni altro dolce : tali appunto fon le frutta t che
qui fall' ara fi veggono ; fembrando fichi 5 e dattili :
ed a' ferpenti fagri quefii j 0 fimili cibi fi appre/la-
vano .

(17) Ci fi fpiega in quefta ifcrizione j che 7 fer-
pente ravvolto alla colonna , che qui fi vede i fia il
Genio di quel luogo del monte <, ove fituata era la
pittura. Non è nuovo 5 che i ferpenti eran creduti
i Genii de' luoghi, ove annidavano . Enea in Virgilio
( Aen. V. v. 97. ) vedendo ufeir dalla tomba d' An-
chife un ferpente entra nel dubbio , fé quello era il
Genio del luogo, 0 il miniftro de' paterni Mani

Incertus Geniumne loci, famulumne parentis
Effe putet.
Facilijfima dunque farebbe l' intelligenza di quefta

parte della pittura . Ma vi fu chi riflette , che 7 fer--
pe attortigliato a una colonna ( come non di rad»
s' incontra _) è creduto per lo più fimboleggiare il LDi»
Efculapio, 0 anche il vero ferpe Efculapio rapprefen-
tare : volendofi ( maggiormente qualora il Serpe sul-
l' ara fi vede mangiar qualche co fa al co/petto di al-
tra figura ) che cosi un fagrificio alla fallite quafi
fempre fi efprima. Onde combinando egli il ferpe rap-
prefentante il Genio del luogo col ferpe , che ad Efcu-
lapio appartienfi , crede trovar del miftero nella pit-
tura ; e formò de' penfiai , che non furono da tutti
interamente approvati. T)iJJe egli dunque , che la
prima idea della divinità nelle menti degli uomini
ojfufcati dall' ignoranza e dal peccato fu quella di-
dare un' anima alle co fé create -, e non folamente negli
afri , e ne' corpi grandi del Mondo , ma in ogni piccia-
la ancora , e particolar parte della terra , fupporre
un' anima , ed un principio di moto e di con fer nazio-
ne , quafi in quel modo fiejjo , eh' è l' anima al
corpo umano. Perciò credettero ejfer i Genii le in-
telligenze abitatrici e moventi delle parti del Mon-
do . E in fomma intendeano per Genio la natura ftef-
fa operante colle Jue forze in ciafeuna cofa : e a que-
fta davano poi corpo e figura . Or ejfendofi in ogni
tempo faputo , quanto vaglia nella guarigione de' mor-
bi la natura, vale a dire quella naturai forza ajut ante
se fiejfa , infita nel corpo di ogni uomo ; riconobbefi
in quefta il Gemo, e la tutela noftra . E qaejta non
fi credette poter fi meglio figurar , e rapprefntare se
non nel Serpente , che foprattutto dimoftra una for-
za vivente ne' fuoi membri, i quali anche disgiunti
e troncati feguono per molto tempo a sbatter/i , e a
vibrarft. Il necejfario concorfo dunque della forza na-
turale dell' infermo all' arte Efculapia , fece , che al
'Dio di quefta fi acconciajfe il ferpente . Cosi pari-
mente conofeendo gli uomini di qual importanza foffe
per la fanità, e per la vita il clima , e le acque,
e la qualità del terreno , che fi abitava , e donde
traeafi l' alimento -, fomma venerazione ebbero ancora
pel Genio del luogo , vale a dire per quella naturai
temperie d' aria, e proprietà del terreno , e delle ac-
que di ciafeun luogo. Vitruvio I. 4. ci fcuopre il ve-
ro principio dell' arufpicina , e de' fagrificìi , fcri-
vendo, che gli uomini nel gìugnere a un luogo prima-
di fijfarvi /' abitazione , efaminavano lo fiato delle
vifeere degli animali per riconofeere in quelle gli ef-
fetti de' cibi , e delle acque del luogo : vale a dir
gli effetti del clima, e dell ' indole del luogo su i cor-
pi viventi . Quejlo è dunque il Genio del luogo,
eh' elfi veneravano , e 7 cui volere die e ano con gli
aufpicii di efaminare , e di renderft propizio co' fa-
grificii . Quefta interna virtù della terra , e qui fio
Genio del luogo , non fot e ano elfi poi meglio efpri-
merlo j che nel ferpente . Abita la ferpe nelle vifeere
della terra , non fé ne parte , e coftantements vi re-
fi a : cosi che può dirfi propriamente l' animale patrio,
/' autoctone : e in corifeguenza propriijfimo a figura-
re il Nume del luogo, /' ingenito , /' indigena, /'/
genio in fomma . Aggiunfe a qucfto, che Efculapio ,
ed Jgiea J'ua figlia altro non era , che l' aria , ia

bontà

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