Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
llalSs

;astaEs

accoatalast0ri;,

!lla COmP%é

lamne«oaDèi
essi sì fa

'podi

olino

Libro V.

ADAMO ED EVA

Capitolo I.

I

1 mwito. Eva»:
ttandole il bratti|

nore, ne prende di
):ffia la donni è
'a pensiere nel;
1 marito, invece ;
nistra davanti ej
scene non ebbe i
a caduta dell'imi:
iva ; non introfe
;ge nel sacro tesi
•e la sua voce. Qf
n si sarebbe, crtlì
nte dalle nuvole, i

bella scena tt-
Richiamo in »«

(Tav. ?9Ó, 5),o«l
asti dinota che Db.

la mano ed*1
Eva guardano ia:
t la raano*t:'
; ha mangiato il p

aver egli '

ter <JwffI
ef co«^'

isti

te il Fofe
Dio a '"""
ebbe una c°<

«Jet»11
le 1>>

in tunica e pallio, con capelli spesso lunghi, il
quale porta nella destra (dal qual suo lato è co-
stantemente Adamo) un fascio di spighe di grano,
e nella sinistra, cioè dal lato di Eva, un agnello
(Tav. jó'j, 2, J). Gl'interpreti antichi seguiti dai
moderni fino al dì d'oggi, tengono che quel gio-
vane sia Cristo il quale entri in iscena per asse-
gnare a ciascuno dei progenitori la propria occupa-
zione, resa necessaria dalla estrema loro indigenza;
all'uomo il lavoro della terra, alla donna quello
della lana: della qual lana dicono che è simbolo
l'agnello. Sono messi questi due obietti, scrive il
Bottari (tom. I, pag. 45), per dinotare che l'ufficio
dell'uno era di lavorare la terra per raccogliere il
grano, e dell' altra il filare la lana. Essi ammettono
adunque che l'arte antica abbia figurato il Reden-
tore con le spighe e colf agnello, a solo intento di
rappresentare la misericordia e provvidenza divina
che loro insegna il modo di procacciarsi e pane e
vestito. Ma come si proverà che l'agnello è sim-
bolo della lana da filare? E non sarebbe stato na-
turale in tal caso che quel personaggio divino
recasse una zappa in una mano e la lana intorno
alla rocca neh' altra ? Inoltre di questo lavoro di
lana non è cenno nel sacro testo, dove pur si legge
che Iddio vestì di pelle e non di lana i due pre-
varicatori. Per tali motivi credetti una volta (Ha-
giogl. pag. Ó2, 2) che l'agnello potesse esprimere
la pastorizia, e il grano l'agricoltura, prendendone
argomento dalle offerte dell'agricoltore Caino e
del pastore Abele. Vedo però che questa conget-
tura non ispiega abbastanza l'intervento del per-
sonaggio con le spighe di grano e colf agnello, e
fa d'uopo cercare invece se vi si debba riconoscere
piuttosto un senso figurato.

Certamente chi compose questa scena sostituendo
Cristo all'infausto albero della scienza del bene e
del male, e ai suoi pomi le spighe di grano e
l'agnello, mirò ad altro che a significare la pro-
vida cura presa da Dio del vitto e del vestito delle
sue creature. E come avrebbe egli potuto dimen-
ticare la redenzione promessa per mezzo di quel
seme e di quella donna che schiaccerebbero il capo

del serpente? Come non avrebbe pensato, nella
scelta del pane e dell'agnello, ai due simboli so-
lennissimi e celebratissimi di Cristo, pane vivo di-
sceso dal cielo, agnello ucciso dalla origine del
mondo ? Egli vi pensò di fatti, anzi son certo che
sia stato questo il suo principale intento; e me ne
assicura in prima il considerare che se Cristo porta
le spighe e l'agnello per Adamo ed Eva, in qualche
altro monumento ove manca il personaggio che li
porta, sarebbonsi queste spighe e questo agnello
dovuti vedere nelle mani di Adamo e di Eva. Di
poi me ne assicura questo bassorilievo medesimo,
dove si ha inoltre un altro personaggio che entra
in azione; il quale stando alla destra di Adamo
e postagli la mano sulla spalla, sembra riscuoterlo
per notificargli alcuna cosa che sommamente ri-
leva. Questo personaggio nel sarcofago di Sara-
gozza (Tav. 28r, 5), ove le persone sono determi-
nate dal proprio nome, ADAN ^ EVVA, è chiamato
ISAC, Isacco. Ora non fa bisogno di provare, ciò
che è notissimo, che la persona d'Isacco prelude
al sacrifizio dell'Uomo Dio, e però non ebbe torto
l'antico interprete di chiamare con proprio nome
Isacco quel personaggio che, se non è il Verbo,
sarà un Profeta, il quale ne avverte del profetico
senso. Egli vi sta per dire che colui il quale porta
in mano il fascio di grano, è quel seme di grano
celeste non generato da altro seme, è ovpdviog
KOiuiog è àairopoq (Greg. Neocaes. in Theoph. pag. } 1,
ed. Voss.), che ristorerà la natura umana, e colui
che porta l'agnello sarà egli medesimo l'agnello im-
molato. Questo concetto della carne e del sangue
di Cristo immolato, a cui allude il grano e l'agnello,
io trovo espresso da Sedulio, quando rivolto a Dio
esclama: « O tu che l'uomo, il quale per la dol-
cezza del vietato pomo perì, restauri con miglior
cibo, e con la bevanda del sacro tuo sangue espelli
dalle vene di lui il veleno infusovi dal serpente »
(Carni, pascli. I, 1, 54-56):

Omnìpotens aeterne Deus spes unica mundi...
Qui pereuntem hominem veliti dulcedine pomi
Instauras meliore cibo, potuque sacrati
Sanguinis infusum depellis ab angue venenum.

— ìi)
 
Annotationen