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RAFFAELLO A PERUGIA E A FIRENZE
Nel secondo soggetto di questa predella, la Presen-
tazione al Tempio, Raffaello non mostra alcuna in-
venzione propria. L’interno dell’ edilìzio pare una
riproduzione quasi identica dell’ architettura della Pre-
sentazione e dello Sposalizio dipinti dal Perugino nella
predella della chiesa di S. Maria Nuova a Fano. 4) Il
Perugino vi raffigurò semplicemente il medesimo tem-
pio eh’ è nel suo Sposalizio di Caen ; la Presentazione
ha luogo nel portico anteriore di quell’edifizio, al quale
egli aggiunse due colonne, dando così ai portici uno
sporto doppio di quello nel quadro del Museo di Caen.
Dall’abaco e dalle volute dei capitelli ionici si vede
che questo ordine era meno famigliare a Raffaello che
i capitelli compositi del cortile di Urbino.
(Fig. 1)
la camera detta d’Ariosto,
Un frammento di
cortile (fig. 1) schiz-
zato sopra uno studio
per la tavola di S. Nic-
cola da Tolentino,5) già
nella chiesa degli Ago-
stiniani a Città di Ca-
stello, mostra il tipo
dei palazzi ducali di
Urbino e di Gubbio.
Anzi le finestre sono
conformi a quelle di
Gubbio, colla sola ag-
giunta del frontone a
segmento di cerchio.
Al Palazzo di Urbino,
nella sala che precede
sono tre porte d’un di-
segno simile.
Finalmente, il tempio nello Sposalizio del Perugino
ha le stesse finestre (fig. 44).
Anche la tavola dello Sposalizio fu dipinta da Raf-
faello nel primo soggiorno ch’egli fece fuori di Peru-
gia all’ uscire della scuola del Perugino, a Città di
Castello. Tutti sanno quale stretta parentela esista tra
la composizione dello scolare e quella del maestro cu-
stodita nel Museo di Caen (fig. 44), e tutti quelli che
hanno scritto sopra Raffaello architetto ripetono il giudi-
zio del Vasari sopra il « tempio tirato in prospettiva con
tanto amore, che è cosa mirabile a vedere le difficoltà
che egli in tale esercizio andava cercando.6)» Raffaello
rappresenta il tempio di Gerusalemme come un edifi-
cio a 16 lati con cupola quasi emisferica (fig. 2)
accompagnata d’una lanterna della quale la sola parte
inferiore è visibile. Il portico che circonda la metà
inferiore del monumento è composto ad archi girati
direttamente sopra i capitelli delle colonne joniche,
che reggono una trabeazione. Da ogni angolo di que-
sta parte un contrafforte per sostenere gli angoli
del tamburo sotto la base dei pilastri a due faccie che
formano gli angoli del tamburo e mettono in mezzo
una finestra rettangolare con stipiti ed un cornicione.
La porta, sul medesimo andare, ha inoltre un fronte-
spizio. Il tempio di massima regolarità s’innalza so-
pra un imbasamento pure di 16 lati, composto da
9 gradini.
Ora passiamo a vedere come il maestro di Raffaello
abbia disegnato il tempio, che nella sua tavola occupa
10 stesso posto (fig. 44). La pianta è ottangolare ; da
ognuna delle quattro faccie principali si stacca un por-
tico quadrato sorretto davanti da due pilastri jonici, e
con tetti in forma di cupole a base quadrata. L’ edilìzio
del Perugino si presenta con una fermezza di aspetto
forse maggiore, ma per l’armonia delle proporzioni,
e per certa leggiadria sua propria, Raffaello supera
l’opera del maestro altrettanto quanto i suoi angeli
nell’incoronazione della Vergine superano le figure
analoghe del Perugino. Insomma, la somiglianza tra
i due templi è tale che l’ispirazione ricevuta dal Pe-
rugino è evidente, ma dall’altro lato i caratteri pro-
priamente raffaelleschi vi spiccano a segno, che il
pensiero di attribuirne per avventura il disegno ad
altro allievo del Perugino non potrebbe essere soste-
nuto in verun modo.
Sarebbe qui il luogo di parlare del disegno per uno
degli affreschi della Libreria nel Duomo di Siena, ap-
partenente al Duca di Devonshire e pubblicato dal
professore A. Schmarsow nel suo studio consacrato alla
delicata questione della partecipazione o non parteci-
pazione di Raffaello ai disegni per una delle più vaghe
imprese d’Arte di quell’epoca. Ma volendo nella prima
parte di questo libro esaminare per quanto sarà pos-
sibile i fatti incontrastabili, se ne ragionerà con più
profitto nel capitolo del riassunto.
Non saprei dire in questo momento se esistano altri
documenti intorno allo studio architettonico di Raf-
faello del tempo della sua maniera peruginesca, ma
quelli esaminati qui bastano a provare quanto verrà
detto di poi, mentre c’ incombe ora accompagnare Raf-
faello in altra dimora, alla bella ed immortale Firenze.
4) Sono debitore di questa osservazione al mio egregio amico
professore Ermanno G-rimm.
5) Museo Wicar a Lille.
’) Vita di Raffaello.
’) Ho lucidato il contorno di questa figura da una fotografia presa
dall’originale.
RAFFAELLO A PERUGIA E A FIRENZE
Nel secondo soggetto di questa predella, la Presen-
tazione al Tempio, Raffaello non mostra alcuna in-
venzione propria. L’interno dell’ edilìzio pare una
riproduzione quasi identica dell’ architettura della Pre-
sentazione e dello Sposalizio dipinti dal Perugino nella
predella della chiesa di S. Maria Nuova a Fano. 4) Il
Perugino vi raffigurò semplicemente il medesimo tem-
pio eh’ è nel suo Sposalizio di Caen ; la Presentazione
ha luogo nel portico anteriore di quell’edifizio, al quale
egli aggiunse due colonne, dando così ai portici uno
sporto doppio di quello nel quadro del Museo di Caen.
Dall’abaco e dalle volute dei capitelli ionici si vede
che questo ordine era meno famigliare a Raffaello che
i capitelli compositi del cortile di Urbino.
(Fig. 1)
la camera detta d’Ariosto,
Un frammento di
cortile (fig. 1) schiz-
zato sopra uno studio
per la tavola di S. Nic-
cola da Tolentino,5) già
nella chiesa degli Ago-
stiniani a Città di Ca-
stello, mostra il tipo
dei palazzi ducali di
Urbino e di Gubbio.
Anzi le finestre sono
conformi a quelle di
Gubbio, colla sola ag-
giunta del frontone a
segmento di cerchio.
Al Palazzo di Urbino,
nella sala che precede
sono tre porte d’un di-
segno simile.
Finalmente, il tempio nello Sposalizio del Perugino
ha le stesse finestre (fig. 44).
Anche la tavola dello Sposalizio fu dipinta da Raf-
faello nel primo soggiorno ch’egli fece fuori di Peru-
gia all’ uscire della scuola del Perugino, a Città di
Castello. Tutti sanno quale stretta parentela esista tra
la composizione dello scolare e quella del maestro cu-
stodita nel Museo di Caen (fig. 44), e tutti quelli che
hanno scritto sopra Raffaello architetto ripetono il giudi-
zio del Vasari sopra il « tempio tirato in prospettiva con
tanto amore, che è cosa mirabile a vedere le difficoltà
che egli in tale esercizio andava cercando.6)» Raffaello
rappresenta il tempio di Gerusalemme come un edifi-
cio a 16 lati con cupola quasi emisferica (fig. 2)
accompagnata d’una lanterna della quale la sola parte
inferiore è visibile. Il portico che circonda la metà
inferiore del monumento è composto ad archi girati
direttamente sopra i capitelli delle colonne joniche,
che reggono una trabeazione. Da ogni angolo di que-
sta parte un contrafforte per sostenere gli angoli
del tamburo sotto la base dei pilastri a due faccie che
formano gli angoli del tamburo e mettono in mezzo
una finestra rettangolare con stipiti ed un cornicione.
La porta, sul medesimo andare, ha inoltre un fronte-
spizio. Il tempio di massima regolarità s’innalza so-
pra un imbasamento pure di 16 lati, composto da
9 gradini.
Ora passiamo a vedere come il maestro di Raffaello
abbia disegnato il tempio, che nella sua tavola occupa
10 stesso posto (fig. 44). La pianta è ottangolare ; da
ognuna delle quattro faccie principali si stacca un por-
tico quadrato sorretto davanti da due pilastri jonici, e
con tetti in forma di cupole a base quadrata. L’ edilìzio
del Perugino si presenta con una fermezza di aspetto
forse maggiore, ma per l’armonia delle proporzioni,
e per certa leggiadria sua propria, Raffaello supera
l’opera del maestro altrettanto quanto i suoi angeli
nell’incoronazione della Vergine superano le figure
analoghe del Perugino. Insomma, la somiglianza tra
i due templi è tale che l’ispirazione ricevuta dal Pe-
rugino è evidente, ma dall’altro lato i caratteri pro-
priamente raffaelleschi vi spiccano a segno, che il
pensiero di attribuirne per avventura il disegno ad
altro allievo del Perugino non potrebbe essere soste-
nuto in verun modo.
Sarebbe qui il luogo di parlare del disegno per uno
degli affreschi della Libreria nel Duomo di Siena, ap-
partenente al Duca di Devonshire e pubblicato dal
professore A. Schmarsow nel suo studio consacrato alla
delicata questione della partecipazione o non parteci-
pazione di Raffaello ai disegni per una delle più vaghe
imprese d’Arte di quell’epoca. Ma volendo nella prima
parte di questo libro esaminare per quanto sarà pos-
sibile i fatti incontrastabili, se ne ragionerà con più
profitto nel capitolo del riassunto.
Non saprei dire in questo momento se esistano altri
documenti intorno allo studio architettonico di Raf-
faello del tempo della sua maniera peruginesca, ma
quelli esaminati qui bastano a provare quanto verrà
detto di poi, mentre c’ incombe ora accompagnare Raf-
faello in altra dimora, alla bella ed immortale Firenze.
4) Sono debitore di questa osservazione al mio egregio amico
professore Ermanno G-rimm.
5) Museo Wicar a Lille.
’) Vita di Raffaello.
’) Ho lucidato il contorno di questa figura da una fotografia presa
dall’originale.