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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Vitelli, Girolamo: Spicilegio florentino, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0023

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- 13 -

resto anche esempii della schietta nota tachigra-
fica per 01, che finora non è stata segnalata da
nessun codice di scrittura comune : tav. VI, nr. 1
ènfaxQTioi (f. 174), nr. 2 ovtoi (f. 22). E dico schietta
nota tachigrafica, perchè non si confonda con un'al-
tra rappresentazione dell' oi, che è una semplice
legatura e si riduce, salvo leggiere modificazioni
di curvatura, ad un i racchiuso in un o; serva
d'esempio tav. V, 6 e 7 noirjTrjg e oìxstmv dal
Laur. 11, 7 (s. XIV) ff. 271T e 273. Cfr. tav. IV, 2
ti'ioi dal Riccard. 45.

Abbiamo avuto occasione di parlare più sopra
dell'uso della nota rjg. Quanti finora si sono oc-
cupati di questa nota non mostrano di conoscere
se non quella che consiste in una lineetta ondu-
lata dall'alto in basso (s) e le sue modificazioni
nei codici più recenti. Lehmann p. 64 osserva
espressamente che la nota yg nella scrittura elei
codici è diversa da quella della tachigrafia silla-
bica, nè Gardthausen cita altra forma oltre la
solita, giacché la seconda forma di rqg che egli
riproduce a p. 260, non sarà altro, mi figuro, se
non quella passata anche nella stampa, cioè un %
a cui è attaccato un circonflesso. Eppure i'rjg della
tachigrafia sillabica non è ignoto alla scrittura
comune, e io posso citare una testimonianza auto-
revolissima, il codice Laurenziano di S. Marco 687,
scritto (non in Italia, si badi bene, ma nel-
1' Eubea) nell'anno 943 di Cristo : tav. VIII, 1-6
ó Ioodvvrjg, O-ctXàffo'rjg, r/ laór^g, xffi i^ovaCag, xal
xà j&js, vfjg naQctpoh'g dai ri'. 11, 41, 43T, 22v, 37.
E gli esempii si potrebbero agevolmente molti-
plicare. Per ìtg il copista adopera del resto anche
l'altro solito compendio : e non raramente lo ado-
pera anche per ig (ib nr. 7 O-fQia^òg dal f. 37).
A proposito del quale uso noterò che l'esempio
più antico visto coi miei occhi in codici è AP TEP
(== ccQicrifQÒv) nella parte antica del magnifico co-
dica Laur. 28, 26 (f. 126v), dove del resto il com-
pendio è spessissimo adoperato per rtg. Il codice
non è datato, ma, come è noto, si può con piena
sicurezza ritenere sia stato scritto durante il regno
di Leone VI (886-911). L'esempio citato ci darebbe
occasione a dir qualcosa dell'uso dello soprapposto
col valore di ov (per solito ha il valore di og), ma
di parentesi in parentesi andremmo molto più per
le lunghe di quello che ci siamo proposti.

Passiamo invece ad un'altra notazione tachi-
grafica rarissima, voglio dire quella della prepo-
sizione ini. r Diese Note, dice il Lehmann p. 86,

habe ich in Handschriften nirgends gesehen als
in den nachweislich unter dem Einfluss der Syl-
bentachygraphie geschriebenen und vermuthlich
von demselben Schreiber, dem Mònch Paulus in
G-rottaferrata, herruhrenden Londoner Nonnosco-
dex a. 972 und der Isidorhandschrift des Kloster
G-rottaferrata a. 985. ' Di particolare importanza
sono quindi gli esempii che dal nostro Lauren-
ziano 5, 22 (non più antico, si noti bene, del s. XII)
riproduco: tav. VI, nr. 4 s/rl tì)v f. 77 e 76v, nr. 5
ÌTii%£iQOTovCav 1. siti %siq . f. 76v, nr. 6 e 8 cti-
fftstXag ed èmtrtdsvóvv(iìv f. 148, nr. 12 zxbvQ)jvéov
f. 19, e non infrequenti esempii analoghi.

Affatto nuovo è per me il segno riprodotto
tav. VI, 3 dallo stesso codice (5, 22), in cui è oltre-
modo frequente : è la particella r}\ Credo di aver
trovato anche altrove Yq rappresentato poco più
che da un semplice angolo ( a ) con piccole appen-
dici (A), ed è questa in ogni caso una forma che
non avrebbe bisogno di spiegazione: quello che non
riesco a spiegarmi è il punto da cui è contras-
segnata costantemente nel nostro codice. E giacché
siamo a confessioni, confesserò anche di non sa-
pere perchè tanto frequentemente (ma non costan-
temente neppure nello stesso rigo di uno stesso
codice) alcune particelle oltre l'accento grave ab-
biano un'altra lineetta identica all'accento stesso.
Non c' è quasi codice che non ne offra esempii.
Oltre /.lèv e Se (anche se scritti tachigraficamente)
occorrono av (xav, bràv, ineiduv etc.) insi, vai e firj\
Non so che ne sieno state date altre spiegazioni
oltre quella del Bast p. 824 (e 933) e dello Schafer
ib. not. ; esse potranno essere soddisfacenti per
fu'v, dé e (irj, ma non certo per av e per ènei. Io
per quanto da qualche tempo vi abbia posto at-
tenzione, non sono riescito a scoprire un criterio
mediocremente costante neppure in un solo co-
dice. Riporterò ad ogni modo i due luoghi in cui
ho preso appunto di aver trovato [i^f : Laur. 32,
13 s. XIV (f. 236v == Lucian. Piscat. c. 18 extr.)
y-ctQQsìve' ovèèv ov fir/ yévrjTcu aóixov xtX. Laur. 11,
7 s. XIV (f. 273) rt'g Gs xavsaitjOSv dq%ov (cioè
aQ%ovra,Y. sopra p. 11 not. 2) xal óixacstrjv ètp' i]f.iàg'
(scr. rjjiàg;) /xrj" àvsXsìv fis dò &tXeig (d-t'Xss) or
tqottov dveTXeg %0-ig xòv aìyvniov (sic) ;

Un'altra piccolezza che forse non merita neppure
spiegazione, ») ma che ad ogni modo va notata, è

*) Invece merita spiegazione nn tk scritto come dal
solito Laur. 72, 5 è riprodotto tav. Ili, 43-45 nelle parole
sie ève'Qyetai', si; t>}v, sii xtttatpatixcis. Dì altri codici dove
 
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