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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Comparetti, Domenico: Frammenti dell'etica di Epicuro tratti da un papiro ercolanese
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0082

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zioni dell'originale. Certamente questa è ben lungi
dal rappresentare tutto quanto si vede nell'origi-
nale ed è riprodotto nel disegno. La superfìcie ine-
guale del papiro e le ombre che ne risultano fanno
che una buona parte della scrittura qui non si
vegga affatto o si vegga men distintamente, tanto
più che nell'originale stesso per ben distinguerla in
ciascun luogo convien trovare l'appropriato angolo
di luce. Ma pure una buona parte di scrittura si
scorge, singolarmente coll'uso della lente, e là dove
si scorge non v'ha disegno a mano che possa equi-
valere. Ma la massima e più sicura utilità di questa
riproduzione consiste neh'offrire la superfìcie del
papiro con tutte le sue ineguaglianze, lacune, scre-
polature ecc. con tal fedele esattezza quale non
può essere mai raggiunta da mano d'uomo. Il che
quanto sia importante, singolarmente nella ricerca
dei supplementi, è inutile che io stia qui a dire.

Quanto lavoro abbiano richiesto queste poche
pagine non voglio qui rammentare ; solo chi abbia
esperienza dei papiri ercolanesi potrebbe apprez-
zarlo, ma forse anche chi dia un'occhiata alla ripro-
duzione fototipica del papiro potrà immaginarlo.
Ho posto la massima diligenza nel determinare il
testo colla maggior possibile sicurezza, ricercando
gli errori dell'antico amanuense, ritrovando i so-
vrapposti e le altre cause di allucinazione, e
supplendo con critica cautela, evitando ogni fan-
tastica audacia. Nelle note mi sono limitato allo
stretto necessario, così nella parte critica per la
lezione e i supplementi, come nella parte erme-
neutica. La massima difficoltà di quest'ultima sta
nel ritrovare il nesso ideale fra un frammento e
l'altro malgrado la grossa lacuna intercedente che
si può calcolare a circa due terzi di colonna di
scrittura. Dal tutto assieme delle mie osservazioni
credo risulti in modo abbastanza chiaro e anche
positivo lo schema generale di questa parte del

libro. In talune parti ho dovuto però limitarmi a
congetture e rimangono oscurità che sarei ben lieto
di vedere da altri meglio rischiarate.

Ed ora leggasi il testo che do qui appresso, co-
minciando dalla III delle colonne salvate ; poiché
per lo stato in cui sono, troppo poco, per non dir
nulla, si può ricavare dalle due prime ed anche
la lezione di quel poco che ne rimane è resa
incerta dal sospetto di sovrapposti o sottoposti.
Questo però va osservato, che anche nella seconda
eli esse si ritrova la formula solita che, secondo
noi, dà il titolo al libro tà[g] ai(>é[<feis x]aì ywydg
(lin. 10 eseg.), e più sotto (lin. 12) leggesi pur chiaro,
xaqàg, soggetto che ritroviamo nelle colonne se-
guenti fino alla VI. Era questo uno dei soggetti nei
quali Epicuro differiva dai Cirenaici nella sua defini-
zione della ijdovrj, e sappiamo da D. L. che di esso
trattava nel Uegì alqéùscav xaì cpvyoòv; anzi D. L.
riferisce (X, 28) alcune parole di quel libro a tal pro-
posito, come segue: ó óè 'Em'xovQog iv rcp IIsqì aiQb-
Gscov olirà) Xéysi' " CH /.lèv yàg cevagamia xaì ànovia
xccTatìTrifLccThxccCsìtìiv rjdovcci, rj óè %aqà xaì sv(pQO<fvvtj
xatà xivrjGiv svsQystv ') fiXercovvai. „ Ai Cirenaici si
allude certamente nella prima parte della III co-
lonna ove dice iivèg óè xoiavxa xtX. Forse da que-
sto libro ò pur desunto quanto riferisce Clemente
Alessandrino (Strom., II, 21): 6 óè Enixovqog nàaav
%aqùv tfjg ipv%fjQ olerai ini noanonadovai] vfj Gaqxì
yevéadai. Questo abbiamo voluto rammentare per
introdurre il lettore alla lettura dei frammenti che
seguono, e chiudiamo ponendogli innanzi le seguenti
parole di D. L. (X, 23), utili per l'intelligenza gene-
rale di essi: ndtìrj óè Xiyovffiv (ol Emxovqsioi) eivai
óvo, rjóovì)v xaì dXytjóóva, idtdfieva nsqì nàv £(»ov'
xaì rrjv (lèv olxstov, rfjV óè àXlótQiov' ói wv xqCvs-
gOcu idg aiQbGsig xctì (pvydg.

>) Cosi leggerei, non èvuqyeiic come vorrebbe Bitter.
 
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