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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Comparetti, Domenico: Frammenti dell'etica di Epicuro tratti da un papiro ercolanese
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0094

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- 83 -

veder la morte e il dolore che l'accompagna, non
nella sua ragion fisica e naturale, ma come opera
di un essere superiore, sono privi di rassegnazione
e si crucciano ecc.

. Col. XI.

1. 3-6. Quel che rimaneva del principio di queste
quattro righe è oggi perduto per caduta di quel
brano di papiro. Lo rileviamo però da A.

1. 7-8. Certamente [v7tó]Xrppiv, non [nqó]h-jìpiv
dacché i xvqia sono propriamente èól-ai e quindi
vnoXrjxpsig, secondo le ben note definizioni della
canonica Epicurea. La nqóXrjVing è inclusa nella
fivTjfirj secondo le stesse definizioni ; cfr. D. L. 33
TTQÓhjipig .... /j,vrtfir] tov noXXàxig e'gcod-sv (pavévxog.

1. 19-20. Con naquixstqovvrwv si chiude certa-
mente la frase, come pur si rileva dallo spazio
vuoto che segue prima di noXXà : manca però il
soggetto di questo participio, senza dubbio per
una omissione dell'antico copista. Ho dunque re-
stituito tovtcov che è ciò che il senso richiede ed
è pur confermato da quanto si legge nella col. XIII,
10 Sgg. olg al 7TaQalusTQì]ff£ig yivovxai twv alqszcov

Xttì (fSVXTWV.

La critica dell'opinion volgare di cui si disse
nelle due colonne antecedenti si chiude qui a 1. 5.
A quanto sembra, il filosofo conchiudeva che co-
loro oltre alle traversie che subiscono in conse-
guenza della loro opinione, riescono anche ad es-
sere cattivi.

Poi comincia un altro paragrafo nel quale si
danno spiegazioni di alcune cose dette, probabil-
mente in questa stessa opera, sui principi! fon-
damentali e s'insiste su questi. I xéxTaqa di cui
qui è parola non possono essere altri, a mio cre-
dere, se non quelli il cui assieme è altrove da
Epicuro chiamato Tszqaydqfiaxog, che sono i pri-
mi e fondamentali di tutti i xvqia (cfr. la nota a
col. IV) ed hanno per iscopo la àtaqa'§ia, condizione
d'animo affatto necessaria per raggiungere i fini
voluti dalla natura cioè la i]óovrj e la tov dXyovvTog
vns'ScdqeGig. Ora, l'obbietto proprio delle alo. x.
(pvy. sono i %éh] zfjg (pvCscog cioè il piacere ecc.
e non mai le àxaqaì-iai resultanti dai xvqia. Il
filosofo adunque osserva che quando egli ha af-
fermato l'importanza dei xvqia e della [ivrj^ per
le alo. x. (pvy. non ha voluto dire, come alcuni
grossamente hanno inteso, che in alcun caso le

alq. x. cpvy. si riferissero alle aTaqa^Cai su quelli

basate, ma sì bene che quelli servissero a cor-
reggere le alq. x. (pvy. proporzionandole agli scopi
della natura. Infatti, secondo il principio epicureo
affermato in questo stesso volume, non ogni pia-
cere è da cercarsi, non ogni dolore da fuggirsi,
ma si deve anzi fuggire quel piacere da cui possa
poi derivar dolore, accettar quel dolore da cui
possa poi derivar piacere; quindi la necessità di
una commisurazione nelle alo x. (pvy. e di un cor-
rettivo che le proporzioni ai fini della natura;
come Epicuro dice nella lettera a Meneceo (130):
xjj (isvvoi Gv/LifiSTOt^Gsi xal tìv/.HpsqóvTwv xal cio'vix-
(póqwv ftXéipsi xavxa nàvta xqiveiv xafrrjxei. A questo
proporzionamento egli afferma poter molto con-
tribuire i xvoia, oltre alla [ivrffir] che include tutte
le idee acquisite per fatto di esperienza.

Col. XII.

Manca affatto l'originale della parte a destra
della colonna per tutta l'altezza, solo rimanendo
qualche lettera di alcune linee più lunghe. Questo
brano di papiro era nello svolgimento rimasto so-
vrapposto ad una colonna anteriore; per legger
quella fu necessario distruggerlo dopo averne fatto
un disegno che ora figura al suo posto nel fac-
simile e che pare abbastanza esatto. Nella foto-
tipia si vede lo spazio che quel brano occupava.

h 10. AYCnOPICTCON certo ma strano qui ove
si aspetterebbe l'idea " di cui mal si può fare a
meno „ o " indispensabile. „ Né si rimedierebbe
correggendo óvaaTToqfaTwv o óvaarcooritav. Se però
quel vocabolo non può adattarsi alla privazione
della libertà, della patria, dei diritti civili, può
almeno avere una spiegazione per le multe e con-
fische.

Se bene intendo il nesso fra quel che qui si
legge e quel che precede, le vnoXrjipsig dei xvqia
applicate alle commisurazioni delle alq. x. (pvy. coi
fini della natura hanno il vantaggio di condurre
l'uomo nqòg tÒ óixai'cog xal (pQovìfiag £fjv (D. L. 140)
o, come qui vien detto, slg óq&oxa^i'av, il che se-
condo quella dottrina è tutt'uno col tò rjdécog £rjv
e quindi in perfetta armonia con quelli ch'ei
chiama i fini della natura. E questo è forse il
concetto che l'autore dice desumersi da quanto
ha detto in principio di questo libro. Gli uomini
invece che non seguono o ben non si penetrano
 
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