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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Milani, Luigi Adriano: I frontoni di un tempio tuscanico scoperti in Luni
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0101

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Centauro locate nel timpano del frontone capito-
lino al tempo di Tarquinio il Superbo, ed ivi du-
rate Ano all'epoca sillana, quando per la prima

j) Il noto passo di Cicerone, De Div. I, 10, 16 relativo
al dio Summanus credo stia in istretta relazione con un
altro del medesimo libro, comunemente sfuggito (1,43,98),
in cui si accenna ad un Contauro del tempio capitolino col-
pito dal cielo (ictus e coelo) non altrimenti del dio Summa-
nus. Nò sul fastigio capitolino del monumento di Marc'Au-
relio [Mon. Ist. V, 36) riferibile al terzo ed ultimo ristauro
del tempio, nò sul fastigio offertoci da un disegno cobur-
gense (Schulzo, Ardi. Zeit. 1872 taf. 57) ricavato da un an-
tico bassorilievo (terracotta?) esibente, secondo credo, il
frontone capitolino nel suo stato più antico, vale a dire
qztal era avanti la sua prima distruzione (83 av. Cr.), ap-
pare un tale Centauro : ma non è inverisimile che dietro
la quadriga del Sole (= Summanus) del disegno cobur-
gense, nel lato sinistro manchevole, potesse trovarsi ap-
punto la statua di un Centauro.

Il culto del Centauro, per ragioni che avrò occasione
di riferire in uno studio di prossima pubblicazione sullo
divinità dogli Etruschi, è antichissimo in Etruria, e non
deve punto stupire di trovarlo fra le divinità dell'olimpo
capitolino dei Tarquinì, il quale per quanto si sia cercato
di conservare religiosamente intatto ha positivamente su-
bito delle variazioni ogni qual volta si dovette procedere al
suo ristauro sotto Siila, sotto Vespasiano, e sotto Domi-
ziano. E a questo proposito non posso tacere anzi un'os-
servazione relativa alla triade capitolina locata dai Tar-
quinì sul frontone del tempio, la quale, in corrispondenza
con la vetustissima religione degli Etruschi, esibiva la
statua del cosidetto Giove imberbe seduto fra sua ma-
dre e la sua sposa e non già fra Minerva e Giunone. Però
è che nel disegno coburgonse, come ha dovuto notare an-
che il Wieseler (D. d. alt. Kunst, II, 2, n. 13), la divinità
velata seduta alla sinistra di Giove, alcunché in disparto
con lo scettro in mano (Scipione), non è per formo una
Minerva, bensì una dea che il Wieseler non a torto chiamò
Vesta, Ops, Salus, o la Fortuna. La statua di Minerva,
divinità primaria nel concetto religioso romano aveva fin
dal tempo di Numa (Varrò, L. I., V, 158) i primi onori
nell'interno del tempio dove si trovava alla destra di Giove
(Liv. VII, 3, cfr. Eckhel, D. N. V. I, p. 328, Marini, Ada
fr. Arv. p. 104, Jahn, Ardi. Beitrdge, p. 80 sq.); mentre
di fuori nel fastigio del tempio architettato sotto l'in-
flusso delle ideo religioso dei Tarquinì, le era stato dato
un posto relativamente secondario sui cornicioni, in posi-
zione parallela a Marte, come vedesi nei denari di Petilio
Capitolino del 40 circa av. C, e quindi riferibili al se-
condo ristauro (cfr. Kohne, Bei-liner Bldtter. fiir Miinz.
Siegel und Wappenkunde 1870, V, p. 257 sqq. taf. LXII ).

I denari della gens Petilia, anziché offrirci però il lato
sud del tempio, come fu ritenuto dal Kòhne, il quale ne-
gava come anche oggi Jordan (o. c.) che il tempio capi-
tolino ristaurato avesse avuto due frontoni, e ciò contro
la migliore opinione di Becker (Handb. d. r. Alterth. I,
p.-387), ci offrono il lato nord. Infatti nei molti denari
della gens Petilia passati nelle mie mani non ho mai tro-
vato indicate in nessun modo le porte del tempio che pul-
si veggono sui denari di M. Volteio esibentici la facciata
del tempio capitolino nel suo stato primitivo (Cohen M. G.
pi. XL1I, 1) : sempre fra gli intercolunni pendono gli oscilla
ornamentali; e nel fastigio, invece dei noti aggruppamenti

volta caddero colpite dal fulmine e si rinnovarono
in materia più nobile. 0
Che durante i primi due secoli e mezzo di Roma

olimpici del lato sud, v'ò più o meno chiaramente espressa
la dea Roma augurium capiens degli Ogulni. Alle estre-
mità poi del frontone si vedono talora forse le aquile di
legno nominate da Tacito (Hist. Ili, 71), ma più spesso
le protomi dello quadrighe del lato sud per metà nascosto
nella lontana visuale: sul culmino si scorge o la fatalo
quadriga fittilo veientana vista per di dietro, o quella forse
di bronzo degli Ogulni vista di faccia; e sui cornicioni final-
mente appaiono le statue del lato sud, viste anch'esso
per di dietro in lontananza, e quindi indicate dall'artista
monetario, o con dello semplici aste, o con delle spor-
genze prese dal Kohne per dei Zierrathen, oppure espresso
talvolta più chiaramente nelle due figure principali di
quel medesimo lato sud del tempio, Marte, e Minerva. An-
che nel secondo ristauro (70 d. C.) pare che Vespasiano
non abbia voluto discostarsi dal modello tradizionale, ve-
dendosi tuttavia sui cornicioni del tempio da lui ristau-
rato (cfr. le medaglie in Cohen I, pi. XV n. 409, Kohne 1. c.
Donaldson, Ardi. Num. 6, n. 3) due statue con aste in mano,
Marte, Minerva, le quali corrispondono a quelle dei denari
della gens Petilia, e solo alle estremità dei cornicioni
appaiono due aquile, invece delle quadrighe laterali po-
ste a ornamento del lato nord. *) Fu soltanto nel terzo
ed ultimo ristauro, cominciato da Tito (80 d. C.) o com-
pletato da Domiziano, che, ad eccezione delle tre quadri-
ghe rimesse da capo al loro posto sugli acroterì del lato
sud, si abolirono alla perfino tutte le statuo dei cornicioni
(cfr. il bass. dei Conservatori e le medaglie, Cohen I, p. 387,
n. 1, Kòhne 1. c.) invertendo la disposiziono generale de-
gli aggruppamenti nel timpano, o variando con nuove am-
plificazioni non poche figure (cfr. Saglio, Dict. d'Ant. art.
Capitolium). In allora per non togliere dal frontone capi-
tolino la statua di Minerva, la divinità protettrice di Roma,
invocata custodem Urbis da Cicerone, adorata fino all'ul-
tima superstizione all'epoca imperiale, e in particolare
da Domiziano che si teneva suo figlio (Svet. Bom. 15,
cfr. Preller-Jordan Mgtli. Rum. I, p. 297): per dare anzi
un posto più che mai ragguardevole alla divinità dive-
nuta per i romani quel ch'era l'Athena Nike per i greci
di Atene, e in pari tempo non cambiare troppo i tradi-
zionali aggruppamenti del frontone, assai opportunamente
si pensò di allogarla al posto della Fortuna Primigenia,
la pretesa madre di Servio Tullio (Hor. Sat. II, 6, 49;
Petron. 43), la divinità favorita di Anco Marzio (Plut. d.
fort. 5). La Fortuna-Nortia, la gran dea di Volsinii e di
Preneste che si onorava sul Campidoglio vicina a Giove
(iscr. prenest. in Grut. 25, 5), venne pertanto sacrificata
per una divinità, la quale, in fondo, secondo i libri au-
gurali degli etruschi, aveva con la stessa Fortuna-Nortia
un intimo rapporto (cfr. Gerhard, Etr. Gottheiten, nello
Akad. Abh. I, 328), ma ciò si fece anche per opera di
un despota come Domiziano, il quale lo dovette fare con
tanto maggior gradimento, egli che riconobbe la For-
tuna di Preneste ormai avversa alle sorti dell'impero (Svet.
Doni, 15,31). Di tal guisa e non altrimenti possiamo renderci
ragione, in effetto, che sui monumenti riferibili appunto
al frontone capitolino ristaurato da Domiziano, la divinità

*) Veggasi l'emblema del frontespizio di questo Museo copiato esat-
tamente "da un sesterzio capitolino di Vespasiano esistente nel Medagliere
di Firenze.
 
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